"Quale è il Tribunale competente a decidere del mio ricorso ?

Il procedimento previsto dalla legge 164/82 è un procedimento di volontaria giurisdizione?

E’necessaria l’assistenza di un difensore?"

di Federica Pezzoli

L’art. 2, 1° comma, della legge 164/82 offre una importante indicazione: "La domanda di rettificazione di attribuzione di sesso di cui all’articolo 1 è proposta con ricorso al tribunale del luogo dove ha residenza l’attore".

Definizione di "residenza" per il nostro ordinamento: art. 43, 2° comma, codice civile "La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale".

Sulla "prova della residenza", la non efficacia costitutiva ma solo presuntiva dell’iscrizione all’anagrafe dei residenti in un Comune della Repubblica ["... ogniqualvolta venga in rilievo la residenza, si deve aver riguardo della residenza effettiva, ovvero il luogo dove la persona soggiorna abitualmente. Tuttavia, vale a proposito una presunzione: il luogo di residenza si presume coincidere con quello risultante dai registri anagrafici sino a prova contraria" (I)], rimandiamo alla lettura dell’ampio commento sull’art. 43 c.c., [(I) in "Commentario Breve al Codice Civile" di F. Galgano (art. 43 c.c., pag. 196 e seg.ti); nonchè "La Giurisprudenza sul Codice Civile Coordinata Con La Dottrina" diretta da C. Ruperto, a cura di A. De Nitto e M. R. Morelli, ed. Giuffrè, Libro I, Tomo I, art. 43 c.c. pag. 576 (in particolare cap. 11, intitolato: Prova della residenza. Risultanze anagrafiche: rilevanza probatoria; condizioni e limiti. pag.586 e seg.ti)]

Perciò, sino a prova contraria, si presume che la residenza di un/a cittadino/a italiano/a sia quella risultante dal relativo certificato rilasciato dal Comune di appartenenza, certificato che consente di individuare il tribunale competente per territorio ex art. 2, 1° comma, legge 164. Per esempio, se dalle risultanze anagrafiche risulta come residenza il Comune di Roma competente a decidere del ricorso sarà il Tribunale Ordinario di Roma "settore civile".

Questione non chiara è quella dei/delle cittadini/e italiani/e, transessuali, residenti all’estero, iscritti all’A.I.R.E.(Anagrafi Italiani Residenti all’Estero).

Come abbiamo visto l’art. 43 del c. c. indica come riferimento della residenza il "luogo in cui la persona ha la dimora abituale" ovvero il luogo di dimora abituale in un comune; mentre per i/le cittadini/e italiani/e residenti all’estero come riferimento della residenza abbiamo"la dimora abituale in una circoscrizione consolare". (art. 9, 2° comma, della Legge 27 ottobre 1988 n. 470- http://www.esteri.it/doc/l470aire.pdf ) [*]. Quest’ultima indicazione insieme a quella di cui all’art. 2 della legge 164/82 "... al tribunale del luogo dove ha residenza l’attore" farebbe pensare che al/alla cittadino/a italiano/a, transessuale, residente all’estero sia preclusa (perchè carente del presupposto della residenza in un Comune della Repubblica) la possibilità di ricorrere ex legge 164/82 ad un Tribunale Italiano (!)

Sul punto forse potrebbe soccorrere l’art. 18 c.p.c. (foro generale delle persone fisiche)

"Salvo che la legge disponga altrimenti, è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio, e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora.

Se il convenuto non ha residenza, né domicilio, né dimora nello Stato o se la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore".

Le diverse interpretazioni sia della dottrina che della giurisprudenza non sciolgono il dubbio, anche perchè ci troviamo nell’ambito di un procedimento di volontaria giurisdizione, "sui generis", e il termine "convenuto mal si attaglia" (II) al procedimento cd. camerale salvo aderire a quell'orientamento che ritiene (II) " ... possibile leggere il principio generale applicabile ai procedimenti non contenziosi come analogo a quello sancito dalla norma in commento previa la necessaria sostituzione della espressione convenuto con quella di parte"; [(II) in Cod. di Proc. Civ. Commentato (R. Vaccarella e G. Verde – ed Utet), Libro I, commento all’art. 18 c.p.c. (pag. 196 e seguenti), dove nel capitolo "casistiche" troviamo scritto: " ... Più specificamente la valenza dell'art. 18 in tale materia è stata espressamente ribadita" ... "d) azioni tendenti a far valere modificazioni dei caratteri sessuali della persona e a ottenere la variazione degli atti dello stato civile (tale domanda trova il suo contraddittore necessario nel p.m. del luogo in cui si è verificato il mutamento di sesso, in quanto titolare della tutela degli interessi pubblici coinvolti nella questione, e quindi è in relazione al collegamento territoriale del citato ufficio che va individuata la competenza)"].

Purtroppo l’assenza di precedenti (cercati ma non – ancora – trovati) lascia aperta (almeno a chi scrive) la soluzione al caso specifico sul quale non mancheremo di tornare appena in possesso di utili elementi chiarificatori.

Altra questione che merita di essere richiamata è quella relativa al/alla cittadino/a italiano/a, transessuale, coniugato/a.

Problema della competenza territoriale. Legge 164/82 - Art. 4 - Legge 898/70 e successive modificazioni.

Art. 4 della legge 164/82:

"La sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso non ha effetto retroattivo.

Essa provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso. Si applicano le disposizioni del codice civile e della legge 1° dicembre 1970 n. 898, e successive modificazioni".

 

Significativa è la sentenza del Tribunale di Fermo del 28 febbraio 1996:

"Nell’ambito del giudizio per rettifica di attribuzione di sesso può essere introdotta domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Venuto a mutare il sesso di uno dei coniugi a seguito di intervento chirurgico autorizzato, il tentativo di conciliazione davanti al presidente del Tribunale nella fase del procedimento per divorzio deve considerarsi impraticabile stante l’impossibilità del ripristino della comunione materiale e spirituale tra i coniugi".

Nelle motivazioni sul punto "competenza territoriale", troviamo scritto:

" ... Non è di ostacolo alla pronuncia di un’unica sentenza l’eventuale diversa competenza territoriale del giudice della rettificazione dell’attribuzione di sesso (giudice del coniuge transessuale) e di quella del divorzio (giudice del diverso luogo di residenza dell’altro coniuge). Invero, la necessità stessa di due contestuali pronunce nell’ambito della stessa sentenza impone l’attrazione della causa di divorzio alla causa di rettificazione dell’attribuzione di sesso, che appare logicamente pregiudiziale.

Al riguardo, comunque, non sussiste alcun problema nella specie. Infatti, Tribunale di Fermo è competente per quanto concerne la rettificazione di attribuzione di sesso, essendo in questo circondario il luogo di residenza (...), ma lo è anche con riferimento alla causa di divorzio perchè nello stesso circondario risiede anche (...) ...".

[Sentenza del Tribunale di Fermo del 28 febbraio 1996, in Foro Italiano, 1997, I, pag. 1656; Giurisprudenza Italiana, 1998, pag. 2083, (con Nota di I. Corti, "Mutamento del sesso e divorzio del transessuale: problemi di ieri e di oggi", dove viene citata la sentenza del Tribunale di Roma, 3 dicembre 1982 (III). Nella nota leggiamo: "... Il collegio giudicante non ravvisò dunque il bisogno di un giudizio autonomo ai fini di determinare sia i rapporti personali e patrimoniali tra i coniugi sia quelli relativi alla prole potendo ciò essere svolto dal giudice della rettificazione". (III) Tribunale di Roma, 3 dicembre 1982, in Giust. Civ. 1983, I, 996, con nota critica di M. Finocchiaro, "Divorzio e Transessualismo")]

* * *

Se il procedimento di cui alla legge 164/82 è da considerarsi un procedimento di volontaria giurisdizione o contenzioso non vi è una interpretazione univoca; quella prevalente lo colloca tra i procedimenti in camera di consiglio (cd. camerali), di volontaria giurisdizione (1), a cognizione sommaria, con alcune specificità; anche perché termini come "giudice istruttore" e "trattazione" (art. 2, 2° comma) sono estranei al codice di rito.

L’art. 2 della L.164/82 prevede la partecipazione obbligatoria del Pubblico Ministero ai sensi dell’articolo 70 c.p.c. Il Presidente del Tribunale designa il giudice istruttore e fissa con decreto la data per la trattazione del ricorso e il termine per la notificazione al coniuge e ai figli.

Alcuni autori (2) distinguono il procedimento in due fasi, la prima di cui all’art. 2 "in contraddittorio"; la successiva, prevista dall’art. 3, 2° comma, in camera di consiglio, finalizzata all’accertamento del trattamento autorizzato.

In generale i procedimenti in camera di consiglio sono disciplinati dagl’articoli 737 e seguenti c.p.c. "I provvedimenti, che debbono essere pronunciati in camera di consiglio, si chiedono con ricorso al giudice competente hanno forma di decreto motivato, salvo che la legge disponga altrimenti". I procedimenti camerali, perciò, si concludono con un decreto motivato fatte alcune eccezioni "salvo che la legge disponga altrimenti" per i quali è prevista l’adozione della forma di sentenza. La connotazione di questi giudizi è quella di essere trattati fuori dalla pubblica udienza.

Forse il "dubbio" sull’obbligatorietà dell’assistenza di un difensore ai sensi dell’art. 82 c.p.c. nasce dalla circostanza che ci troviamo nell’ambito dei procedimenti camerali, ma come abbiamo detto il procedimento di cui alla legge 164 è sui generis e la necessità di un difensore si risolve in senso affermativo.

In fine, la giurisprudenza e parte della dottrina affermano che l’obbligatorietà dell’assistenza del difensore nei procedimenti camerali sia facoltativa nei casi di procedimenti camerali dove non esiste una contrapposizione di interessi, obbligatoria quando esiste. (3,4)

Cordialmente.

Federica Pezzoli avvocato – Ufficio Legale Crisalide

 

(*) [segnaliamo "L’AIRE Oggi" di Giorgio Bartoli, ed. SEL (2003)]

(1) [a- Novissimo Digesto Italiano, Appendice, Transessualismo - Profili Giuridici, di M. Dogliotti, pag.790 ;

b- "Il mutamento di sesso: problemi vecchi e nuovi. Un primo esame della normativa, di M. Dogliotti, in Giur. civ. 1982, II, 467]

(2) [Digesto – "Transessualismo", S. Patti, pag 424]

(3) [Cod. Proc. Civ. Comm., R. Vaccarella e G. Verde, ed Utet, libro IV, pag.585]

(4) [Cass. 30/12/89 n.5831 su Foro It., 1990, nota di A. Pazzi]

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