EMANUELA DI CESARE, UCCISA TRE VOLTE
updated 26/04/2007

Emanuela Di CesareEmanuela Di Cesare


RASSEGNA STAMPA:

IL COMMENTO DI MIRELLA IZZO

Il Corriere della Sera, 23 aprile 2007

La polizia: «Conosceva il suo aggressore»
Trans ucciso in casa, aveva la testa fracassata
La vittima, 37 anni, ritrovata nell'appartamento in cui viveva, a Pescara. Nessuna traccia dell'arma
 
PESCARA - Un transessuale di 37 anni è stato ucciso la scorsa notte a Pescara, nella sua abitazione, presumibilmente con dei colpi alla testa. La vittima è Emanuela Di Cesare, Marco prima del cambio di nome. Non è stata trovata l'arma. La Polizia ritiene che conoscesse il suo aggressore e che si sia trattato di un omicidio d'impeto. In casa è stata trovata un'agenda con appuntamenti e tariffe di prestazioni sessuali. Il corpo di Emanuela, nudo, era riverso su un divano. La testa era fracassata e sul viso è stato trovato un cuscino. Prima di morire la vittima aveva preparato un caffè per due persone ed aveva avuto un rapporto sessuale. È stato trovato il gas aperto.

INDAGINI - Dall'abitazione mancano due o tre telefoni cellulari, un computer portatile del quale si è trovata solo la custodia e, probabilmente, dei soldi. L'appartamento è situato al primo piano di uno stabile di cinque. Il corpo è stato trovato nel corso di un intervento dei vigili del fuoco, chiamati dai vicini che avevano avvertito un forte odore di gas. Le indagini sono coordinate dal pubblico ministero Aldo Aceto che nelle prossime ore o al massimo lunedì deciderà per l'autopsia.
23 aprile 2007

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Il Centro, 23 aprile 2007

Giallo in via Monti Ernici. La scoperta avvenuta grazie a una fuga di gas. L’omicida ruba computer e telefonini: nascondono il movente

Uccisa in casa con un colpo alla testa
Transessuale di 38 anni assassinata dopo il rapporto con il suo carnefice

PESCARA. Uccisa con un colpo alla testa dopo un rapporto sessuale, mentre era ancora distesa sul divano. La vittima è una transessuale di 38 anni, Emanuela Di Cesare, Manuela per gli amici, nata ad Agordo (Belluno), residente a Tornimparte. Prima della variazione di sesso si chiamava Marco. Il suo corpo è stato trovato ieri mattina dai vigili del fuoco e dalla polizia, merito di una fuga di gas che ha messo in allarme l’intero palazzo di via Monte Ernici 21, un residence di cinque piani che si trova tra via Pizzoferrato e via del Santuario, sulla prima propaggine dei Colli di Pescara.
 Un omicidio compiuto con violenza, come se il carnefice della transessuale volesse vendicarsi di un torto gravissimo. Come un ricatto, che lo ha costretto a sottrarre alla vittima anche il personal computer e i telefonini cellulari, oltre alla borsa con i soldi e le chiavi di casa. La morte di Manuela Di Cesare risale alla giornata di sabato 21 aprile, come confermano le testimonianze di alcuni vicini di casa e il “rigor mortis” del cadavere.
L’ALLARME GAS. Sono le 9 di ieri quando il vicino di casa di Manuela, che vive al primo piano del condominio di via Monti Ernici che conta una sessantina di appartamenti, sente un forte odore di gas provenire dall’interno 11. Prima prova a bussare, ma Manuela Di Cesare non risponde. Si sente solo la tv accesa. Quindi telefona ai vigili del fuoco, che arrivano poco dopo insieme al tecnico del gas. Come il tecnico avvicina il misuratore del gas alla porta, la lancetta dell’apparecchio tocca subito la scala massima. E scatta l’allarme. «Tutti fuori, tutti fuori!», gridano i pompieri che intanto rintracciano al telefonino Remo Chiappini, l’ex portiere che è in possesso delle chiavi di tutti gli appartamenti.
SI PENSA AL SUICIDIO. «Stavo andando a Lanciano, a visitare la Fiera dell’Agricoltura, quando mi è stato chiesto di tornare subito a Pescara» racconta Chiappini. Il portiere torna a casa, prende le chiavi dell’interno 11 e le consegna ai pompieri. I vigili salgono le scale e aprono la porta con la massima cautela. Sarebbe sufficiente una minima scintilla per far saltare il palazzo. All’interno dell’appartamento di 60 metri quadrati la puzza di gas è enorme. I pompieri entrano in cucina, c’è una manopola del gas aperta e il corpo della donna sul divano, con un cuscino sul viso e macchie di sangue sul corpo. Si pensa a un suicidio e iniziano i rilievi.
IL CADAVERE E IL CAFFE’. Ma alcuni elementi fanno comprendere che la transessuale non si è suicidata. Manuela Di Cesare è quasi allungata sul divano, ha la gonna alzata e un seno scoperto. Il viso è celato da un cuscino e ci sono schizzi di sangue sul pavimento e sulla parete. C’è un altro particolare sospetto: la macchinetta del caffè sulla cucina e due tazzine pronte. Il caffè, però, non è mai stato consumato. Anzi, è probabile che sia stato il caffè a spegnere la fiamma e a far uscire il gas. Si solleva il cuscino: la testa della donna è fracassata. In casa non ci sono più i telefonini, il personal computer e i soldi. Sparita anche l’arma del delitto, che potrebbe essere un soprammobile, comunque un pesante oggetto contundente. E’ omicidio.
TROVATA L’AGENDA. L’assassino ha però lasciato in casa un’agenda dove la vittima appuntava i suoi compensi giornalieri. Da questa agenda si comprende che i clienti di Manuela Di Cesare erano tanti.
UCCISA DA UN CLIENTE. «Ad uccidere la transessuale non è stato un cliente occasionale, ma un amico forse ricattato», dicono gli investigatori. In via Monti Ernici arrivano gli agenti della scientifica e della Mobile, coordinati dal vice questore Giorgio Grimani e dalla dirigente Marina Parisio. Poco dopo mezzogiorno arriva anche il magistrato di turno, il pm Aldo Aceto, e il medico legale Cristian D’Ovidio, che oggi farà l’autopsia. Rientra dalle ferie anche il capo della Mobile Nicola Zupo. La prima ipotesi è che l’assassino di Manuela possa essere un suo amico più che cliente, una persona conosciuta, tanto da essere ricevuta in casa con il caffè. Forse un raptus improvviso, o forse un omicidio premeditato, visto che l’obiettivo era quello di togliere il computer portatile e i cellulari (almeno due). L’ipotesi è che l’autore del feroce delitto abbia voluto eliminare le tracce della “vergogna”, come un rapporto filmato.
TESTIMONI E SOSPETTI. «L’assassino ha lasciato molte tracce», sottolineano gli inquirenti. Gli agenti della scientifica hanno raccolto impronte digitali, ma anche liquidi e tracce labiali. In questura sono stati ascoltati un giovane amico e altre persone che risiedono nel palazzo: nessuno di loro è sospettato di omicidio. Ad aiutare le indagini saranno i tabulati dei telefonini della donna. Grazie alle ultime telefonate e agli sms, sarà possibile ricostruire tutti i contatti avuti dalla transessuale prima di sabato. Anche con il suo assassino.

(23 aprile 2007)


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La Tribuna di Treviso del 23 aprile 2007

TRANSESSUALE UCCISO A PESCARA
Gli inquirenti sulle tracce dei killer

PESCARA. Un transessuale di 37 anni è stato ucciso l’altra notte a Pescara, nella sua abitazione, presumibilmente con dei colpi alla testa. La vittima è Emanuela Di Cesare, Marco prima del cambio di nome. Non è stata trovata l’arma. La Polizia ritiene che conoscesse il suo aggressore e che si sia trattato di un omicidio d’impeto. In casa è stata trovata un’agenda con appuntamenti e tariffe di prestazioni sessuali. Il corpo di Emanuela, nudo, era riverso su un divano. La testa era fracassata e sul viso è stato trovato un cuscino. Prima di morire la vittima aveva preparato un caffè per due persone ed aveva avuto un rapporto sessuale. E’ stato trovato il gas aperto. Dall’abitazione mancano due o tre telefoni cellulari, un computer portatile del quale si è trovata solo la custodia e, probabilmente, dei soldi. Il corpo è stato trovato dai vigili del fuoco, chiamati dai vicini che avevano avvertito un forte odore di gas.

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Perquisite diverse abitazioni. La vittima vista venerdì notte da un buttafuori L’amico in questura per ore Ascoltato un giovane che vive nello stesso palazzo

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Liberazione del 25 aprile 2007

Era una donna (ma ex-trans) e nessun garante ha difeso la sua dignità

Emanuela uccisa dallo stigma, dal killer
Emanuela uccisa dai giornali

Mirella Izzo*
Emanuela è stata uccisa la notte del 21 aprile, nella propria abitazione. Aveva 38 anni e si prostituiva. Chi l'ha uccisa probabilmente non è un cliente perché per lei la casa era un luogo franco da un mestiere che odiava a tal punto da avere in passato offerto un rene pur di inseguire il suo sogno: quello di essere donna, per tutti, secondo le leggi vigenti in Italia sul "cambio di sesso". Emanuela era nata di sesso maschile ed era riuscita da anni ad essere donna, ma non a liberarsi da un lavoro che non amava: la prostituzione.
Emanuela, la conoscevo. Nonostante avesse terminato il suo percorso di transizione, si era iscritta a Crisalide, perché voleva un futuro migliore, non solo per sé. Invece è stata uccisa tre volte. La prima nella sua dignità che l'ha costretta a vivere di prostituzione quando non ne poteva più. E la latitanza dello Stato e de governi è imperdonabile: il dovere di favorire le "pari opportunità" per le minoranze discriminate è tutto loro, come stabilito dalla Corte di Giustizia Europea da quasi dieci anni. Ma nulla si fa. Poi è stata uccisa fisicamente da un uomo che le ha fracassato il volto mentre lei gli preparava un caffé. Ma non è bastato ucciderla due volte. Ce ne voleva una terza, che l'ha umiliata nel corpo e nella dignità anche da morta. E i colpevoli sono i giornali (e in seconda battuta i garanti che nulla ancora hanno detto e fatto). Ci vuole poco per capirlo e nessuna sensibilità, basta la deontologia, il buon senso. Eppure la pur fatiscente legge 164/82 prevede una via stretta, estenuante e spesso umiliante per poter essere riconosciuta a tutti gli effetti donna. In pegno pretende che si consegnino i residui del glande (o l'utero) allo Stato, ma poi, alla fine, "gentilmente concede" di dichiararsi in tutto e per tutto donne di fronte allo Stato Italiano ed a tutti i suoi cittadini.
Emanuela, Manu, ha ottenuto questa "concessione" dal giorno in cui il tribunale ha emesso la sentenza. I dati relativi alla sua transizione, il suo precedente sesso e nome, quel giorno dovevano scomparire da tutti i documenti. A nessuno, se non alle autorità civili e giudiziarie doveva essere dato di sapere: neppure i giornali. Il motivo di questa segretezza è contenuta in una parola, "privacy", cui tutti hanno diritto, ma - questo caso è eclatante - parola ancora interdetta nel vocabolario delle persone transgender o ex tali.
Manu quindi era, è donna, seppur costretta alla mercificazione del corpo. Poteva dichiarare di essere un ex-uomo o non farlo. Spettava a lei decidere se e cosa rendere pubblico rispetto ai propri "dati sensibili" e a nessun altro. Invece: "Trans ucciso in casa" titolava il 23 aprile il Corriere della Sera . Continua, impietosamente, l'articolo: «Un transessuale di 37 anni è stato ucciso la scorsa notte a Pescara, (…). La vittima è Emanuela Di Cesare, Marco prima del cambio di nome». Marco? Cambio di nome? Ma almeno quella scassata legge 164 del 1982 (a cui persino Almirante non si oppose), vale o neppure quella? Sui suoi documenti "Marco" non risultava, ne sono certa, li ho visti. Come ogni socia l'abbiamo assicurata per obblighi di legge e la polizza era di Emanuela, non altri.
Evidentemente per Emanuela il rispetto non è un diritto, forse riservasto ai soli "gentili", come San Paolo chiamava i "non cristiani" in un periodo in cui esserlo era pericoloso come lo è oggi essere o essere state transgender. Per i "gentili" i giornali, usano le iniziali dei nomi, perché altrimenti il garante si arrabbia e fioccano multe. Quando si tratta di noi non dice una sola parola, sebbene più volte interrogato. Emanuela non ha più voce e allora lo dico io, lo urlo: lei non ha cambiato nome, ha cambiato sesso, "identificativo di genere". Il cambio di nome è una semplice conseguenza. Ed in ogni caso si tratta di dati sensibili, inequivocabilmente tali.
Signor Garante della Privacy, signor Garante delle Comunicazioni, interverrete per Emanuela come avete fatto per Mr. Lapo Elkann e per il portavoce del Primo Ministro, il dottor Sìrcana? Perché se non lo farete, restano due ipotesi: o noi transgender non siamo cittadini italiani o voi applicate le leggi con un'intollerabile discriminazione. Contro Emanuela c'è stato un abuso, un'abnorme quanto inutile violazione della privacy. Ma a chi interessava sapere che era nata Marco? Cosa hanno guadagnato gli articoli che la riguardano con questa notizia? Nulla. Solo quell'irresistibile bisogno di dare il massimo risalto alla sua diversità infame. Diversa sempre e comunque, a dispetto di leggi e della sua morte brutale. L'importante è stimolare la morbosità che appartiene a chi il "morbo" lo ha e non alle sue vittime.
* presidente onoraria di Crisalide AzioneTrans onlus
25/04/2007

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Repubblica del 26 aprile 2006

DUE GLI ASSASSINI DI MANUELA DI CESARE
Il movente: la vendetta
giovedì 26 aprile 2007

AGORDO. Sono stati in due ad uccidere Manuela Di Cesare, la transessuale nata ad Agordo e trovata morta in un condominio ai colli di Pescara. E due sono anche gli attuali sospettati dell’omicidio. Uno di questi è rimasto sotto torchio per tre ore, martedì notte, in questura a Pescara. E’ un vigile del fuoco, che però ha dimostrato di avere un alibi per l’ora del delitto di via Monti Ernici: le 17 di sabato 21. Così è potuto tornato a casa. Ma, dopo l’interrogatorio, la polizia ha sequestrato un’ascia, del tipo in dotazione ai vigili del fuoco, e la scientifica si è rifiondata nell’appartamento. Era notte fonda.

L’arma del delitto. L’arma dell’omicidio è sparita. L’ascia, sequestrata dalla polizia, sarà messa a confronto con le sei ferite che l’assassino o gli assassini hanno inferto a Manuela. Sei colpi sferrati con ferocia alla testa della transessuale di Agordo, da anni in Abruzzo, prima a Tornimparte e infine a Pescara. Il colpo mortale è stato quello che ha raggiunto la tempia destra. Ma, dopo l’omicidio, i carnefici non sono fuggiti. Alle 18 di sabato erano ancora lì. Le ultime indagini della scientifica e degli uomini dell’Ert (esperti ricerca tracce, gli stessi che indagarono nel covo di Bernardo Provenzano) dimostrano che gli autori del delitto sono rimasti per oltre un’ora accanto al corpo di Manuela. E che la transessuale non era ancora morta dopo il sesto fendente alla testa. E’ rimasta sul divano. Chi l’ha uccisa le ha messo un cuscino sul volto per non far sentire la voce di lei agonizzante.

Veri professionisti. Gli assassini sono veri professionisti, lo dicono le indagini. Hanno mantenuto sangue freddo e dimostrato di sapersi muovere bene. Ciò - secondo la squadra mobile - esclude il delitto passionale. Non è neppure un omicidio premeditato, ma chi ha ucciso Manuela ha cancellato le impronte digitali e poi ha lavato le macchie di sangue e di altro liquido biologico che non fosse della vittima. Ma il luminol ha forse permesso di individuare prove che i carnefici pensavano di aver fatto sparire: steso ovunque, utilizzando al buio un visore speciale, gli agenti della Scientifica hanno individuato tutti i punti lavati dopo il delitto. E forse qualcosa è saltato fuori. Per un attimo dev’essere anche sorto il sospetto che l’arma del delitto si trovasse ancora dentro casa: un oggetto contundente, anch’esso lavato in quell’ora dopo l’omicidio. Ed è un sospetto che non è ancora svanito. Ma su questo punto delle indagini non sfugge nulla dalla bocca degli investigatori. Torniamo, quindi, alla possibile ricostruzione dell’omicidio fatta dalla Scientifica.

Le mosse degli assassini. I primi colpi contro Manuela non sono stati inferti quando lei era già sul divano dov’è stata trovata. Il corpo della donna, già ferita, sarebbe stato spostato dentro la casa. L’obiettivo di chi ha assassinato Manuela era quello di far sparire oggetti che per lui erano compromettenti e che aprono la strada a una nuova ipotesi di movente: il delitto per vendetta o per ricatto. Al computer portatile e ai due telefonini della vittima, scomparsi dal luogo del delitto, si è aggiunta in queste ultime ore anche una webcam con cui Manuela inseriva le riprese a luci rosse sul suo sito www.tuamano.com che raccoglie una dozzina di film e fotografie. E’ di ieri, peraltro, la scoperta di un secondo sito web, www.manuose.com che però risulta essere cessato, attraverso il quale la transessuale contattava i suoi clienti. L’assassino è tra questi.

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Il Centro del 26 aprile 2007

Dopo il delitto della trans i colpevoli restano in casa per un’ora e cancellano le prove. Ma spunta un fazzoletto con 3 nodi sporco di sangue

Manuela a pranzo con gli assassini

Lorenzo Colantonio
Interrogato il vigile del fuoco sospettato, ha l’alibi. Sequestrata un’ascia
 
PESCARA. Sono due gli assassini di Manuela. Due sono anche i sospettati dell’omicidio a luci rosse.
Uno di questi è rimasto sotto torchio per tre ore, martedì notte, in questura a Pescara. E’ un vigile del fuoco che, però, ha dimostrato di avere un alibi di ferro per l’ora del delitto di via Monti Ernici: le 17 di sabato 21 aprile. Così è potuto tornare a casa.
Ma al termine dell’interrogatorio, la polizia ha sequestrato un’ascia, del tipo in dotazione ai vigili del fuoco e la scientifica si è riaffacciata nell’appartamento del delitto. Era notte fonda.
L’ARMA DEL DELITTO  L’arma dell’omicidio è sparita. L’ascia, sequestrata dalla polizia, è solo un indizio: sarà messa a confronto con le sei ferite che l’assassino o gli assassini hanno inferto a Manuela Di Cesare. Sei colpi sferrati con ferocia alla testa della transessuale di Agordo (Belluno) da anni in Abruzzo, prima a Tornimparte e infine a Pescara.
Il colpo mortale è stato quello che ha raggiunto la vittima alla tempia destra. Ma dopo l’omicidio, i carnefici non sono fuggiti. Alle 18 di sabato erano ancora lì.
Le ultime indagini della scientifica e degli uomini dell’Ert (esperti ricerca tracce, gli stessi che indagarono nel covo di Bernardo Provenzano) dimostrano che gli autori del delitto sono rimasti per oltre un’ora accanto al corpo di Manuela Di Cesare. E che la transessuale non era ancora morta dopo il sesto fendente alla testa.
E’ rimasta sul divano. Chi l’ha uccisa le ha messo un cuscino sul volto ed ha acceso la tv solo per non fare sentire la voce di lei agonizzante.
VERI PROFESSIONISTI Gli assassini hanno agito come dei veri professionisti, così dicono le indagini. Hanno mantenuto sangue freddo e dimostrato di sapersi muovere molto bene. Ciò - secondo la squadra mobile - esclude il delitto con un movente passionale.
Non è neppure un omicidio premeditato, ma chi ha ucciso Manuela ha cancellato le impronte digitali e poi ha lavato le macchie di sangue e di altro liquido biologico che non era della vittima. E’ l’ultima scoperta fatta dalla polizia che ora fa parlare di un possibile esame del Dna.
LE ULTIME SCOPERTE  A luci spente, gli esperti sono tornati martedì notte in casa della transessuale, al primo piano del palazzo ai Colli di Pescara. Utilizzando un liquido speciale che si chiama luminol, hanno individuato le prove che i carnefici di Manuela pensavano di aver fatto sparire dalla scena del massacro.
Prima gli agenti hanno steso ovunque il luminol, rimanendo a luci spente. Poi con un visore speciale, chiamato crimescope, hanno individuato tutti i punti lavati dopo il delitto a luci rosse.
Per un attimo è sorto il sospetto che l’arma del delitto si trovasse ancora dentro casa: un oggetto contundente, anch’esso lavato in quell’ora dopo l’omicidio. Ed è un sospetto che non è ancora svanito. Ma su questo punto delle indagini non sfugge nulla dalla bocca degli investigatori coordinati dal vice questore Nicola Zupo.
Torniamo, quindi, alla possibile ricostruzione dell’omicidio fatta attraverso le indagini della scientifica. La sequenza è agghiacciante.
Manuela Di Cesare è stata trovata, domenica mattina, distesa sul divano di casa. Era semivestita e con il cuscino sul volto che copriva le terribili ferite alla testa. Accanto a lei la tv era ancora accesa dal giorno prima. L’odore intenso di gas ha fatto pensare a un suicidio.
LE MOSSE DEGLI ASSASSINI  L’assassino o gli assassini hanno aperto tutti i fornelli della cucina. Ma la loro intenzione non era quella di mettere in scena il falso suicidio della transessuale. Volevano, invece, cancellare tutte le prove del delitto con un incendio.
Quando il tecnico del gas, domenica mattina, è stato chiamato in via Monti Ernici per quell’odore intenso e fastidioso, ha rilevato con le sue attrezzature la massima saturazione possibile di gas. Ma la polizia, per ora, non può ipotizzare l’ulteriore accusa di strage perché la finestra della stanza dov’era il cadavere è stata trovata semiaperta. Sarà una perizia a stabilire se gli assassini volevano anche causare una strage nel palazzo.
IL CORPO SPOSTATO  I primi colpi contro Manuela Di Cesare non sono stati inferti quando lei era sul divano dov’è stata trovata alle 9 di domenica. Il suo corpo sarebbe stato spostato all’interno dell’abitazione.
L’obiettivo di chi ha assassinato Manuela era quello di far sparire oggetti che, per lui (o per loro) erano molto compromettenti. Oggetti che aprono la strada a una nuova ipotesi di movente: delitto per vendetta oppure per ricatto.
Al computer portatile e ai due telefonini della vittima, scomparsi dal luogo dell’omicidio, si è aggiunto in queste ultime ore anche una webcam con cui Manuela avrebbe inserito le riprese a luci rosse sul suo sito www.tuamanu.com che raccoglie ancora una dozzina di film e fotografie. Sono immagini molto forti. E’ di ieri, peraltro, la scoperta di un secondo sito sul web, www.manuose.com che però risulta essere cessato, attraverso il quale la transessuale contattava i suoi clienti. L’assassino è tra questi.
SI CONOSCEVANO BENE Li ha fatti entrare in casa. Forse ha pure pranzato con i suoi carnefici che, in quell’ora trascorsa in casa dopo il delitto, forse hanno fatto sparire anche questi indizi. Poi la vittima del delitto a luci rosse ha messo la macchinetta del caffé sul fuoco. Ha acceso il gas ed è andata incontro alla morte. Ma gli assassini hanno commesso l’ultimo errore lasciando sul luogo del delitto un indizio che, per ora, è un enigma. E’ un fazzoletto bianco, con tre nodi e due piccole macchie di sangue, servito chissà a cosa.

(26 aprile 2007)

Il Capoluogo - quotidiano elettronico de "L'Aquila" del 27 aprile 2007

RIPOSERA' A TORNIMPARTE LA TRANS UCCISA A PESCARA

L'Aquila, 26 apr. - Troverà pace e riposo nel cimitero di Tornimparte la trans uccisa barbaramente a Pescara Colli, Emanuela Di Cesare, un tempo Marco. La famiglia, residente nel centro aquilano, ha deciso di riportare a casa la salma dell'infelice, dilaniata dai feroci fendenti dell'assassino o degli assassini. Emanuela, che faceva la prostituta a Pescara, aveva conservato dei legami con il paese di origine, nonostante le amarezze inflittele da intolleranze e incomprensioni, sia a Tornimparte, sia a L'Aquila, dove sicuramente conservava conoscenze e collezionava anche clienti. Le indagini proseguono e in molti ritengono che, benchè difficili, possano portare a clamorosi esiti.

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LETTERA APERTA DI MIRELLA IZZO
AD EMANUELA DI CESARE
cara Emanuela, ti hanno uccisa tre volte

Cara Emanuela,
non bastava l'uomo che ti ha fracassato il volto mentre gli preparavi il caffé per essere sufficientemente punita dalla vita a soli a 38 anni. Questa sfortuna, quella di essere vittima di un omicidio, ma di essere almeno rispettata nella memoria, non era cosa per te. E' un diritto per gli altri e le altre. Per i "gentili", come San Paolo chiamava i "non cristiani" in un periodo in cui esserlo era pericoloso come lo è oggi essere o essere state transgender. Come lo è far parte di una minoranza fastidiosa per lo "status quo", del moralismo corrente.
Sei stata uccisa la seconda volta dal tuo assassino che spero verrà presto catturato e consegnato alla giustizia.
Si, la seconda volta, perché la prima sei stata già uccisa nella tua dignità che ti ha costretta a vivere di prostituzione quando non ne potevi più. Quando ti sei iscritta a Crisalide con tanta voglia di "volontariato" ma con un problema gigante che ti impediva di farlo come volevi. Il problema del lavoro. Ci hai chiesto di aiutarti ad uscire dalla prostituzione. Forse se fossi stata a Milano chissà.. Ma vivevi in provincia.. e non ce l'abbiamo fatta ad aiutarti. E, diciamolo, il dovere di favorire le "pari opportunità" per le minoranze discriminate è dello Stato, del governo, come stabilito dalla Corte di Giustizia Europea per noi transgender o ex tali. Ciononostante, col senno del poi, mi viene da pensare se non abbiamo fatto abbastanza, se non avremmo dovuto fare di più, se, da oggi in poi, non dovremo temere, ogni volta che una ragazza come te ci chiederà di uscire dalla prostituzione, che il non riuscirci potrebbe avere come conseguenza un prezzo impossibile da accettare: la morte.
Potrebbe bastare, mi sembra, essere stata uccisa due volte. E invece non basta. Ci voleva una terza volta, ed è accaduto non appena hanno scoperto il tuo corpo esanime. Per la pur fatiscente legge 164/82 che tratta il cosiddetto "cambio di sesso" tu sei diventata donna a tutti gli effetti per lo Stato Italiano dal giorno in cui il tribunale ha emesso la sentenza di cui all'articolo 5 del dispositivo di legge. Successive norme di applicazione, relative al diritto alla privacy, hanno determinato che i dati della tua transizione, il tuo precedente sesso, il tuo precedente nome, debbano scomparire da tutti i documenti con le eccezioni del Casellario Giudiziario e del Certificato Integrale di Nascita, due documenti richiedibili solo dalla persona stessa e dalle autorità giudiziarie e civili. Nessun altro deve sapere: neppure i giornali. Si chiama "privacy". Quella privacy che per noi transgender non è mai entrata in vigore. Mai per chi non sente o non può operarsi ai genitali ed è costretto/a a vivere per sempre con documenti difformi dal proprio aspetto, dal proprio ruolo di genere assunto in società, dalla propria verità interiore. Troppo spesso anche per chi, come te, almeno in teoria, dovrebbe essere protetta dalla legge.

Per lo Stato Italiano, quindi per tutti, nessuno escluso, tu sei una donna. Puoi dichiarare che sei un ex uomo o non farlo. Tu hai scelto di farlo perché - costretta al mercato della prostituzione - il dirlo, è un modo per pubblicizzare il proprio lavoro presso clienti in cerca dello "strano", della "cosa esotica". Si, cosa, una cosa. Lo hai anche scritto: "ex uomo". L'italiano è chiaro... "ex" ovvero "fu", si parla di passato. Perché ora sei donna e tutti i cittadini italiani avevano ed hanno il dovere di trattarti come tale.
Ma io lo so cara, che tu non sei stupita, che ti saresti immaginata tutto questo e ancora di più.. Sapevi come funziona questo mondo infame che morirà di ipocrisia ancor prima che di inquinamento ambientale.. Dovevano ucciderti una terza volta.
"Trans ucciso in casa" titola il quotidiano più letto d'Italia, il Corriere della Sera. "Trans"? Sei donna ora, anche se morta, sei donna... Come può una donna essere stata ucciso? Potrebbe bastare a infangarti quando non hai più diritto di replica? Ma figuriamoci!. Bisogna anche leggerli gli articoli dei giornali. E il "Corriere" cosa scrive?
Un transessuale di 37 anni è stato ucciso la scorsa notte a Pescara, nella sua abitazione, presumibilmente con dei colpi alla testa. La vittima è Emanuela Di Cesare, Marco prima del cambio di nome.
Ancora "un transessuale"? Non bastava nei titoloni? No, non bastava. Il "Corrierone" ci informa anche di un dato sensibile di cui neppure dovrebbe essere a conoscenza. Ci informa che ti chiamavi "Marco prima del cambio di nome". Marco? Cambio di nome? Ma in che paese viviamo? I giornalisti sono svincolati dalle leggi italiane? Crisalide ha l'onore di averti fra i suoi soci. Abbiamo l'obbligo di raccogliere i dati anagrafici di tutti e l'altrettanto importante obbligo della privacy sui dati raccolti: ebbene a noi questo "Marco" non risulta. Non c'è sui tuoi documenti. Fino a che non ce li cambiano (e siamo volenti o nolenti obbligate a metterci sotto i ferri per 6 ore per averli) siamo costrette a ricoverarci nei reparti maschili degli Ospedali e ad essere trattate da uomini in tutti gli ambiti legali. Ma se e quando lo Stato ci concede, in cambio del nostro glande, i documenti, essi non servono a nulla per questi quotidiani del nostro paese, il Vaticano. Lapsus, l'Italia. Per i "gentili" i giornali usano ormai le iniziali, perché il "garante" si incazza per costoro. Per noi non dice mai una sola parola, sebbene più volte interrogato. Emanuela... glielo dico io per te: tu non hai cambiato nome, hai cambiato "sesso", per l'esattezza hai cambiato "identificativo di Genere". Il cambio di nome è una semplice conseguenza.
Per dare un senso alla tua vita e per "perdonarmi" di non avere fatto abbastanza per tirarti fuori dalla prostituzione, ti faccio una promessa: se vi sono state violazioni di legge, qualcuno pagherà. Per te, per le prossime sicure vittime di questa multiforme transfobia imperante. Signor Garante della Privacy, signor Garante delle Comunicazioni, interverrete per Emanuela come avete fatto per mr. Elkann e per il portavoce del Primo Ministro, il dottor Sìrcana? Perché se non lo fate i casi sono due: o noi transgender non siamo cittadini italiani o voi applicate le vostre leggi come Hitler con gli Ebrei, prima delle "leggi razziali". Allora siate coerenti come lui, scrivetelo: in Italia le leggi sulla privacy non si applicano per le persone che siano in percorso di transizione o l'abbiano già compiuta.
Oppure datele "'ste multe". Datele per difendere il nome di una "puttana con l'aggravante di non essere nata donna" .
Forse potrò tornare a guardare quella scritta... quella della "legge uguale per tutti", senza sentire una voglia fisica di vomitare. Datele anche per lei, "neodonna e puttana" per voi, donna nobilissima (come chiunque altra) per noi che ci ha onorate della sua adesione.

Per noi, saresti stata Emanuela anche solo sentendoti tale, senza bisogno di sentenze e tributi organici da offire ai giudici. Per lo Stato Italiano dovresti essere Emanuela comunque, anche se hai dichiarato o scritto di essere "ex uomo". Ex uomo ok, ma non "Marco". Emanuela, ex uomo... E' una verità incontestabile. Marco è un abuso, un'abnorme quanto inutile violazione della privacy. Ma a chi interesserà sapere che ti era stato dato il nome di Marco? Cosa hanno guadagnato gli articoli che ti riguardano con questa notizia? Niente di niente. Solo quell'irresistibile bisogno di dare il massimo risalto alla "tua differenza"... Anzi.. che differenza e differenza; alla tua diversità infame . Diversa sempre e comunque, a dispetto di leggi e della tua morte così brutale. L'importante è nutrire contro di noi il senso del "perverso", dello "strano", stimolare la morbosità che appartiene a chi il "morbo" lo ha e non alle sue vittime e mettere in secondo piano l'unica vera notizia: hanno ammazzato Emanuela, una donna, una socia di Crisalide (magari non sarà una grande notizia, ma certo più del nome a cui hanno avuto accesso arbitrariamente e pubblicato illegalmente), una che per vivere faceva le "marchette" ma cercava di uscirne e chiedeva aiuto e per me ed altre/altri, un'amica di "lista di discussione" con cui si parlava insieme di un futuro migliore per noi tutte e tutti. Al tuo futuro hanno scritto la parola fine e l'hanno trascritta nel peggior modo che potessimo immaginarci.
Ti ricorderemo sempre, Emanuela, come ricorderemmo un "premio Nobel" perché tutto quel che prima o poi scriveranno o sussurreranno di te, non è stata una tua scelta. Alla prostituzione sei stata costretta. Questo di te lo sappiamo. Questo ce lo hai detto a chiare lettere. Chissà, magari se i "gentili" ti avessero concesso le stesse opportunità concesse a loro, forse davvero potresti essere in corsa per un Nobel. Sfido chiunque a provare che non sarebbe stato possibile.
Ma se ti abbiamo persa, sappi che ci lasci in eredità il dovere di tutelarti per la donna che eri, per l'essere umano a cui è stata tranciata di netto la speranza di un futuro migliore per te e anche per noi, noi di Crisalide che avremmo avuto tanto bisogno anche del tuo volontariato non appena ti fossi liberata dalla prigione cui ti hanno costretta.
Ti ho conosciuta e ti ho letta: la tua anima è pura e ovunque sia ora, certamente mi aiuterà a guidare le mie parole, le mie azioni, fino a che avrò fiato.
Oggi, 23 aprile è il mio compleanno. Ho compiuto 48 anni. Posso dirlo con certezza: il peggiore della mia vita. Ma, nella tragedia, tu mi hai lasciato un dono di responsabilità: far tutto il possibile affinché tu non venga gettata nella spazzatura, anche se avrei preferito leggerti in una mail di auguri reciproci per una vita serena.
Tua Mirella
Genova 23 aprile 2007

Mirella Izzo
presidente onoraria Crisalide AzioneTrans onlus