L'Approfondimento
a cura di Mirella Izzo

Mirella Izzo

sabato 19 maggio 2007

E' UN CAMBIO DI ROTTA CREDIBILE DELLA POLITICA VATICANA CONTRO I DIRITTI E LA DIGNITA' DELLE PERSONE OMOSESSUALI (E TRANSESSUALI?) L'ARTICOLO DELL'AVVENIRE DEL 17 MAGGIO 2007, IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE CONTRO L'OMOTRANSFOBIA?

L'articolo è di quelli importanti, perché scritto sulle pagine dell'Avvenire, organo ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana, una delle strutture vaticane impegnate in questo ultimo anno in una campagna diffamatoria contro la dignità delle persone transgender e omosessuali, che ha avuto forse il suo culmine nelle parole del Cardinale Bagnasco e nel suo sproloquio nell'accostare omosessualità a pedofilia in modo netto come mai in precedenza.
E' opportuno leggere con attenzione le parole di questo articolo che, nel giro di poche ore, inverte di 180 gradi il posizionamento della Chiesa rispetto alle battaglie civili per ottenere pari cittadinanza da parte delle persone omosessuali e transgender.
Cosa scrive l'Avvenire? La firma è di Umberto Folena, il titolo "Omofobia. Siamo tutti persone. Conta questo". Un titolo rivoluzionario per le autorità vaticane, nonostante abbia in sé un contenuto così ovvio nella percezione comune della gente.
Il testo (integrale a fondo pagina) contiene molti passaggi significativi, tenuto conto che gli articoli di questo giornale sono soggetti in modo particolare ad un controllo "politico" sui contenuti.
Nell'introduzione dove attacca chi facilmente usa il termine "omofobia" per ogni opinione discorde da quella del movimento, chiama "tic" l'utilizzo quasi automatico dell'accusa, ma, per la prima volta, considera "tic" anche le risposte date fino ad oggi la Chiesa. Attacca, da organo di una gerarchia effettiva, la dirigenza del movimento LGBT, considerando "baroni" (da che pulpito!) i leader del "movimento gay organizzato, ma alla fine aggiunge una frase che dice testualmente:

Anziché replicare con laica razionalità, scagliano l'insulto, come se l'intento non sia discutere, ma additare alle folle il mostro. A quel punto il dialogo è finito prima ancora di cominciare.

Due gli elementi di novità e discontinuità. Per la prima volta l'organo della CEI sembra preoccupato dell'essere additata come "MOSTRO" morale alle folle. Per la prima volta compare un velato timore della penetrazione delle parole del movimento fra i suoi fedeli. In secondo luogo parla di "un dialogo" cui MAI in precedenza aveva fatto riferimento. La CEI vuole dunque un altro clima per iniziare a dialogare con i suoi pari (i baroni) in rappresentanza del movimento LGBT? Se l'italiano non è un'opinione, parrebbe proprio di sì.
Un cambiamento o un lapsus?
Continua l'articolista:


L'omofobia è cosa ben più seria e grave, e tutti dovremmo fare il nostro personale esame di coscienza in proposito. Il modo vero e serio per vincerla è prendere consapevolezza che non esistono gli omosessuali accanto agli eterosessuali, ma persone accanto ad altre persone. Persone che possono essere etero o omo, ma prima di tutto sono persone. Da cristiani, poi, quando preghiamo con le parole insegnateci da Gesù: «Padre nostro», non escludiamo nessuno ma includiamo tutti. «Nostro», ossia di noi etero e omo allo stesso modo.

La CEI (o comunque il suo giornale, forse in avanscoperta) sembra quindi proporsi come proponente, ma anche compartecipe di un esame di coscienza collettivo e di tutti, sulla gestione della questione "omofobia". Proposizione che segue ad una presa di distanza significato più denso della parola, considerata come cosa ben più grave rispetto a ciò di cui si accusa la chiesa cattolica, ma che suona anche come un primo timore che le stesse accuse possano prima o poi essere collegate all’incredibile escalation delle violenze omotransfobiche di questo ultimo anno. Altrimenti perché proporre anche a se stessa, in quanto Chiesa, un esame di coscienza dopo mesi di ostentata sicumera? Ma una delle vere novità è la risposta che propone e si ripropone l'organo della CEI, per cambiare clima politico. Non si parli più di omosessuali e di eterosessuali, ma di persone, afferma. Non solo: persone uguali agli occhi di Dio. Il "Padre nostro", diventa “nostro di tutti” in regime di perfetta uguaglianza: il passaggio qui è inequivocabile: ""Nostro", ossia di noi etero e omo allo stesso modo".
Se è vero che la chiesa cattolica ha da sempre ribadito che anche gli omosessuali sono figli di Dio il quale accoglie tutti, mai si era spinta a parlare di parità davanti ai suoi occhi fra etero e omosessuali, anzi aveva sempre sostenuto il contrario. Le conseguenze potrebbero essere molteplici e grandi: se siamo pari davanti agli occhi di Dio, non possiamo non esserlo neppure davanti alle leggi umane. Per questo motivo, più avanti sentirà comunque il bisogno di mettere "un paletto" insuperabile, comunque decisamente più arretrato rispetto a quanto fatto fino a “ieri”.
Successivamente ammette per la prima volta che il tema degli omosessuali "appare ancora non risolto" nella comunità cristiana. Tenta anche di individuare i motivi per cui questo argomento sia ancora così "tabù" fra molti cattolici.
In primis accenna ad una "durezza di cuore" dei cattolici rispetto al tema, anche se poi aggiunge che è spesso solo apparente e figlia dell'imbarazzo. Chiede di non disprezzare o colpevolizzare quei cattolici che "fanno fatica" ad accettare l'omosessualità, invertendo i toni di attacco cui eravamo abituati in una sorta di difesa d’ufficio. Per la prima volta chiede in qualche modo di non prendersela con i "cattolici che sbagliano" perché non capiscono. Certo rimane un mistero denso e inesplicabile: chi se non proprio la CEI, il Papa, la Congregazione, sono stati i "cattolici che fanno fatica"? E' consapevolezza diffusa che una enorme percentuale di cattolici praticanti sia a favore dell'uguaglianza di diritti davanti a Dio e agli Uomini di omosessuali ed anche transessuali, che sono magari fra i loro migliori vicini di casa.
Ma appare evidente come questo articolo sia solo apparentemente rivolto ai comportamenti gravemente omofobici occorsi in occasione del "Family Day" (come quel gruppo di famiglie che, sedutesi in un locale gestito da due lesbiche per uno spuntino, ha deciso di alzarsi e andarsene, appena si è accorto che il locale era frequentato anche da gay e lesbiche) di cui forse la Chiesa, per la prima volta, ha avuto la paura di un suo coinvolgimento diretto di responsabilità rispetto a tali inqualificabili comportamenti. Forse è questo che inizia a preoccupare la CEI. E forse per lo stesso motivo si arrabbia con quelli che chiama "baroni" del movimento che sono stati i principali responsabili nell'informare a mezzo stampa tutti gravi atti omotransfobici di questi mesi, l'ultimo dei quali - derivato diretto del Family Day - non ha consentito alla Chiesa di “smarcarsi" silenziosamente come d’abitudine in passato.
Dopo una velata critica ai “pride” che da orgogliosi, vengono interpretati come una forma di esibizionismo che spaventa molti cattolici,  ammette per la prima volta che possa essere stata anche la Chiesa a non avere capito bene: ad avere dato troppa importanza al "catechismo" e troppo poca al vivere l'insegnamento di Cristo "nella carne". Accenna ad una Chiesa madre e maestra. Madre come capace di amore senza limiti e - e qui arriva l'unico "paletto" dell'articolo - maestra nel compito di annunciare (ma con dolcezza e anche questo è un fatto nuovo rispetto alle minacce di scomuniche a destra e a manca del papa) quella che per la stessa chiesa è "verità".
Ma la vera "bomba" è nella frase successiva che va lasciata per intero:

Oggi sarebbe bello poterci prendere degli impegni. La Chiesa a tenere le sue porte sempre spalancate perché tutti, etero o omo, siamo battezzati, allo stesso modo figli di Dio; tutti a prendere atto che la diversità esiste, il matrimonio è una cosa sola, e la famiglia è tale se a formarla sono un uomo e una donna; e i legami omo-affettivi sono non "più" o "meno", ma di altra natura: semplicemente diversi.

Mai in passato la Chiesa aveva giocato così tanto sulla difensiva. Non in Italia almeno. Mai aveva messo come unica esclusiva eterosessuale il matrimonio e tantomeno aveva detto a chiare lettere che i rapporti omoaffettivi NON SONO "più" o "meno", ma semplicemente diversi.
Molto lontano il quotidiano sia dal "non possumus" di qualche mese fa rispetto alla barzelletta che non fa ridere dei DICO e all'"amore debole" richiamato spesso dal Papa che pare qui essere "sconfessato". L'amore omoaffettivo è solo diverso da quello eteroaffettivo. Non accede al matrimonio ma lascia ben più porte aperte dei DICO. Persino i pacs francesi o le Unioni Civili britanniche, sono porte lasciate aperte dall'articolo.
Tutela del matrimonio perché è anche "sacramento" nella Chiesa, ma se davantia Dio siamo uguali, e etero ed omo sono solo differenti, ma non "meglio" o "peggio", la conseguenza di una legge che determini diritti e doveri e riconosca, pur diversamente, un ruolo anche sociale dell'amore omoaffettivo, sembrano restare totalmente aperti.
L'articolo si conclude con il tono che in qualche modo è sparso per tutto il testo: la richiesta della fine di una contrapposizione ideologica, di una istigazione contro le posizioni fin qui espresse dalla Chiesa.. Questo il passaggio per aprire le porte dell'apertura alle Unioni Civili omosessuali. Questo sembra apparire oggi l'unico ostacolo a che la Chiesa possa fare quanto il giornalista auspica: "sarebbe bello prendere impegni". Impegni diversi ovviamente.
E' in atto una nuova presa di coscienza da parte della Chiesa? Lo Spirito Santo è finalmente calato nei cuori di cardinali e vescovi? E' solo uno dei tanti articoli che ogni tanto cercano di stemperare le tensioni con il classico "vorrei ma non posso" a queste condizioni? E' un atto di contrizione? Di apertura al dialogo? O forse è soltanto arrivato qualche sondaggio nuovo e segreto che mostra la caduta verticale della stima che i fedeli mostrano nei confronti di queste posizioni assunte fino a ieri? O forse la contrapposizione fortissima ad una legge debolissima come i DICO sta portando sempre più cattolici a dire "che possano sposarsi"? Se così fosse sarebbe di certo facile comprendere l'improvvisa apertura. Del resto anche in Spagna il Clero - di fronte alla determinazione di Zapatero di concedere il matrimonio anche agli omosessuali - si era spinto fino a considerare come accettabile una legge come i Pacs francesi pur di salvaguardare un patto che, per chi è cattolico è comunque anche un sacramento di unione solo fra coppie eterosessuali e prolifiche.
Ma la risposta a queste domande sarà sicuramente diversa ed individuale, corrispondente allo stato d'animo, alla presenza di fede o meno, di chi legge. Soprattutto sarà il tempo a dimostrare se, per calcolo o per convinzione, si stia aprendo una nuova fase nelle posizioni della Chiesa sulle questioni etiche, ed in particolare sull'omoaffettività o se quell'articolo, verrà presto dimenticato, sovrastato da nuovi attacchi e riempirà la strada lastricata di buone intenzioni, come un "pezzo" di formalità di fronte alla Giornata Mondiale contro l'Omotransfobia, passata la quale, terminano anche le buone intenzioni.
Mirella Izzo

19 maggio 2007


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