"Uomini intrappolati in corpi di uomini:"Un'introduzione al concetto di AUTOGINEFILIA
By Anne Lawrence, M.D. traduzione dall'inglese: dott.ssa Loredana Grubessich - Mirella Izzo adattamento alla lingua italiana: Mirella Izzo "Sono arrivata a credere una volta di più che ciò che è più importante per me deve essere detto, fatto verbo e condiviso, anche a rischio che venga contraddetto o frainteso." I transessuali maschio-femmina sono comunemente caratterizzati come "donne intrappolate in corpi di uomini." E indubbiamente ci sono alcuni transessuali per i quali questa è una descrizione accurata. Ma ci sono anche alcuni di noi transessuali maschio-femmina ai quali questa descrizione popolare non si può applicare così ovviamente. Molti di noi hanno transizionato intorno ai 30-40 anno o anche dopo, dopo aver vissuto esteriormente vite di successo da uomini. Spesso non eravamo bambini particolarmente femminili ed alcuni di noi non sono particolarmente femminili neppure dopo la transizione. Molti di noi sono stati, o occasionalmente sono ancora, sposati con donne, spesso siamo stati padri di figli. Un consistente numero di noi si identifica come lesbica o bisessuale dopo la riassegnazione.Molte di noi ha avuto un passato di eccitazione sessuale associato al travestimento. Tuttavia non c'è dubbio che possiamo soffrire di una intensa disforia di genere, e non meno delle nostre sorelle transessuali esteriormente più femminili. E ricerchiamo anche la riassegnazione sessuale chirurgica con la stessa intensità. Esiste un modo più accurato per connotare quelli di noi che sanno di essere anatomicamente maschi, che nonerano esteriormente femminili e talvolta hanno dovuto lavorare duramente per apparire femminili e che tuttavia volevano intensamente essere donne?Qualche volta in tono semi-scherzoso ho detto che siamo "uomini intrappolati dentro corpi di uomini." Non uso questa espressione in modo denigratorio. Molti dei miei amici più cari hanno un retroterra culturale come quello descritto; e in moltissimi aspetti è anche il mio. (Riconosco anche che alcune persone inquadrabili nella descrizione summenzionata rifiuterebbero con enfasi di essere mai state "davvero" uomini, e non discuto con la loro auto-definizione.) Se davvero ci vuole un tremendo coraggio per chiunque si sottoponga alla transizione di genere, questo sembra tanto più vero per quelli di noi il cui modo di apparire può non essere "naturalmente" femminile, e per i quali anni di privilegio maschile hanno spesso determinato gravi perdite. Non è difficile capire perchè maschi biologici che sono stati estremamente femminili sin dall'infanzia, e che sono sessualmente attratti dagli uomini, cerchino la riassegnazione chirurgica del sesso. E' più difficile capire perchè maschi che sono attratti dalle donne, che hanno avuto discreto successo come uomini, e che non appaiano marcatamente femminili vogliano fare lo stesso. Quale forza è abbastanza potente da farci abbandonare interamente il nostro posto nel mondo; da farci rischiare l'estraniamento dalle nostre famiglie, perdere il nostro lavoro, ed essere respinti dai nostri amici? Conosco solo una forza così potente. Vedendo quella forza in azione -- e la sua abilità di rendere anime altrimenti prudenti gettare le cautele al vento - non c'è necessità di guardare oltre l'attuale Presidente americano. La forza in questione è stata designata dalla natura per essere terribilmente potente, poichè è necessaria ad assicurare la sopravvivenza della nostra specie. Questa forza è, ovviamente, il desiderio sessuale. Naturalmente urta contro la saggezza convenzionale asserire che la transessualità abbia qualcosa a che fare con il desiderio sessuale. Tutti sanno che se l'orientamento sessuale o le preferenze affettive possono riguardare il sesso, il transessualismo riguarda il genere. Noi transessuali transizioniamo perchè siamo trans-genere, perchè vogliamo disperatamente vivere nel ruolo di genere opposto. Infatti non è nemmeno più politicamente corretto parlare di "riassegnazione sessuale chirurgica"; il termine politicamente corretto è "riassegnazione chirurgica di genere" o anche "conferma chirurgica di genere." Questo per enfatizzare - in accordo con la teoria - che la ricerca per il ruolo di genere richiesto è primario, e che la riassegnazione chirurgica del sesso non è un fine in se stesso, ma è banalmente una conferma della nostra transizione di genere. Sfortunatamente, c'è un piccolo gruppo problematico di persone che è incline a dubitare della saggezza comune. Alcune di esse sono clinici che lavorano con clienti transessuali, e che trovano che la saggezza convenzionale non riesca a spiegare molti di quanto osservano. Ed alcune di questo gruppo problematico di persone sono transessuali - transessuali insolitamente franchi, che non si vergognano di dire che il desiderio sessuale è stata una motivazione significativa nella loro transizione. Per capire a cosa queste persone stanno mirando è necessario familiarizzare con una parola di 7 sillabe derivata dal Greco: "autoginefilia." Il termine autoginefilia è stato coniato nel 1989 da Ray Blanchard, uno psicologo clinico dell'Istituto di psichiatria Clarke di Toronto (Canada). Ha definito l'autoginefilia come "la propensione ad essere sessualmente eccitati dal pensiero o l'immagine di se stessi come donna." In una notevole serie di scritti pubblicati tra il 1985 ed il 1993, (1) Blanchard ha esplorato il ruolo dell'autoginefilia nella vita erotica di centinaia di pazienti disforici di genere maschile. Blanchard ha ipotizzato che ci sono sostanzialmente due diversi tipi di disforici di genre maschile: quelli che sono esclusivamente o quasi esclusivamente eccitati dagli uomini, che sono cioè androfili; e tutti gli altri, che, come risulta, sono principalmente eccitati dall'idea di essere donne, che sono cioè autoginefili. Blanchard ha studiato più di 200 soggetti maschili che si sono presentati per la valutazione al Clarke Institute, dicendo che si sentivano (o volevano essere) donne. Scoprì che i maschi disforici di genere che erano principalmente attratti dagli uomini - quelli che ha chiamato androfili o omosessuali disforici di genere - si presentavano per la valutazione ad un'età relativamente precoce. (Da notare che il termine "omosessuale" si riferisce qui all'attrazione per qualcuno che è dello stesso sesso biologico. Questo è l'uso convenzionale nella letteratura psichiatrica. Inoltre per convenzione, quest'uso non si inverte seguendo l'operazione chirurgica di riassegnazione sessuale: un transessuale maschio passato a femmina dopo l'operazione che sia attratto dagli uomini viene ancora chiamato "omosessuale"). I maschi omosessuali disforici di genere di solito riferiscono di essere stati molto femminili da bambini. Solo il 15% circa di loro riferiscono una storia di eccitazione sessuale collegata al travestimento. E generalmente non erano sessualmente eccitati dalle fantasie di essere semplicemente femmine. Quello che primariamente li eccitava erano gli uomini - specialmente corpi di uomini. L'altro gruppo di maschi disforici di genere era più diverso, e includeva: quelli attratti primariamente dalle donne (eterosessuali o ginefili); quelli attratti sia dalle donne che dagli uomini (bisessuali); e quelli che provavano molto poca attrazione per entrambi i sessi (anallofili, "non attratti dalle altre persone"). Nel complesso queste persone venivano definite come affette da una disforia di genere di tipo non-omossessuale. Blanchard scoprì che i maschi di questo gruppo si presentava per una valutazione iniziale ad un'età piuttosto elevata. Riferivano meno femminilità infantile, e infatti sembravano spesso essere stati comunemente mascolini da bambini. Circa il 75% di loro accedevano all'eccitazione sessuale attraverso il travestimento. E, più significativamente per la teoria di Balnchard, erano praticamente sempre intensamente eccitati da fantasie autoginefile - semplicemente dall'idea di essere donne. Studi successivi che comprendevano la pletismografia del pene dimostrarono ulteriormente che molti di quelli che avevano negato l'eccitazione con il travestimento si eccitavano realmente mentre ascoltavano descrizioni di scenari di travestimento. (2) L'autoginefilia può essere vista come un tipo di parafilia, sebbene Blanchard sia stato qualche volta riluttante ad affermarlo in maniera inequivocabile, per ragioni che discuterò avanti. Le parafilie vengono definite in DSM-IV come: "fantasie ricorrenti, sessualmente eccitanti, stimoli o comportamenti sessuali che generalmente comportano 1) oggetti non-umani, 2) la sofferenza o l'umiliazione di se stessi o del partner, o 3) bambini o altre persone non-consenzienti." (3) L'ipotesi non dichiarata qui è che la sessualità
"normale", non-parafiliaci comporta necessariamente eccitazione primariamente
verso altre persone. Perciò l'eccitazione che è
primariamente diretta verso un aspetto fantasticato o reale di se stessi,
o del proprio comportamento, nel quale altre persone siano presenti ma
sono essenzialmente superflue, è in principio equivalente all'eccitazione
che comporta un "oggetto non-umano."
Quello che rende complicata la questione è che l'autoginefilia non necessariamente preclude l'attrazione verso altre persone. Questo perchè si può dire che alcuni transessuali sono ginefili, e simultaneamente inserirli nelle categorie di eterosessuali, bisessuali, o anallofili. (Se l'autoginefilia precludesse completamente l'attrazione verso altre persone, tutte le persone autoginefile sarebbero anallofile.) Ma l'eccitazione autoginefila sembra spesso competere con l'eccitazione verso altre persone. Per esempio, persone autoginefile che sono eterosessuali o bisessuali riferiscono spesso che quando iniziano un rapporto con un nuovo partner sessuale, le loro fantasie autoginefile tendono a recedere, e si focalizzano di più sul partner. Ma mentre la relazione continua, tendono più frequentemente a ritornare alle loro fantasie autoginefile per l'eccitazione. (Forse per i maschi biologici, la novità è un fattore importante nel determinare quale delle possibili fonti di eccitazione riceve attenzione.) Un'altra comune osservazione fatta da persone autoginefile è che, mentre amano fare sesso di coppia, c'è qualche volta un modo nel quale il loro compagno è quasi superfluo, o agisce semplicemente come un tipo di propellente in un copione di fantasia autoginefila. Blanchard ha osservato che questo è proprio caratteristico di molte fantasie autoginefile che coinvolgono compagni maschili: spesso la figura maschile è senza faccia o è comunque astratta, e sembra essere presente primariamente per validare la femminilità della persona che ha la fantasia, piuttosto che un compagno desiderabile per diritto. In parte perchè l'autoginefilia sembra competere con l'attrazione verso altre persone, ma senza precluderla, Blanchard ha qualche volta preferito definire l'autoginefilia come "orientamento", piuttosto che una parafilia. (4) Blanchard ha distinto 4 differenti tipi di autoginefilia nei suoi soggetti, per quanto molti individui dimostravano di rientrare in più di una tipologia. Il primo tipo è l'autoginefilia da travestitismo, in cui l'eccitazione avviene per l'atto o la fantasia di indossare vestiti femminili. Il secondo tipo è l'autoginefilia comportamentale, nella quale l'eccitazione è l'atto o la fantasia di fare qualcosa considerato come femminile, per esempio fare la maglia con altre donne, oppure andare dal parrucchiere. Il terzo tipo è l'autoginefilia fisiologica, in cui l'eccitazione è diretta verso fantasie come essere incinta, avere le mestruzioni, o allattare al seno. L'ultimo tipo è l'autoginefilia anatomica, nella quale l'eccitazione è verso la fantasia di possedere un corpo femminile, o aspetti di esso come il seno o la vulva. Blanchard ha pensato che era prevedibile che maschi biologici che hanno sperimentato l'eccitamento sessuale all'idea di avere un corpo femminile avrebbero in effetti cercato di acquisire o abitare quel corpo. E la sua ricerca ha confermato in seguito che i suoi soggetti con il tipo anatomico di autoginefilia erano quelli più interessati alla trasformazione fisica, ossia alla riassegnazione chirurgica del sesso. Ha riassunto la sua teoria in questo modo: "L'autoginefilia assume una varietà di forme. Alcuni uomini sono per la maggior parte eccitati sessualmente dall'idea di indossare abiti femminili, e sono interessati primariamente ad indossare abiti femminili. Alcuni uomini sono per lo più eccitati sessualmente dall'idea di avere un corpo femminile, e sono molto interessati ad acquisire un corpo femminile. Visto sotto questo aspetto, il desiderio di sottoporsi all'intervento chirurgico per la riassegnazione del sesso dell'ultimo gruppo appare logico come quello dell'eterosessuale di sposarsi, o di stabilire relazioni permanenti con compagni maschili, e forse il desiderio di altri parafiliaci di legarsi ai loro oggetti parafiliaci in modi che altri non avevano pensato." (5) Considero questa una delle analisi più brillanti
ed illuminate nell'intera letteratura clinica dedicata alla transessualità.
Vale la pena di enfatizzare che la teoria di Blanchard si riferisce al desiderio sessuale in un senso molto ampio; significa molto di più che semplice eccitazione genitale. Vale la pena di enfatizzare che la teoria di Blanchard si riferisce al desiderio sessuale in un senso molto ampio; significa molto di più che semplice eccitazione genitale. Infatti, Blanchard era conscio che la sua teoria sulla transessualità non-omossessuale considerata come una manifestazione di desiderio sessuale non avrebbe spiegato perchè l'impulso transessuale persista anche quando l'erezione genitale è ridotta o assente. Per esempio, molti di noi con una storia di eccitazione sessuale per il travestimento o per altre fantasie autoginefile riferiamo che mentre il nostro eccitamento sessuale diminuisce nel tempo, il nostro desiderio di essere sottoposti all'intervento chirurgico di riassegnazione del sesso continua e si intensifica persino. Nello stesso modo, quando noi transessuali autoginefili assumiamo estrogeni, la nostra libido spesso diminuisce o viene anche eliminata, ma di solito non il nostro desiderio di riassegnazione sessuale. Blanchard ha ipotizzato che dopo un periodo di tempo, gli stimoli che sono stati vissuti come sessualmente eccitanti arrivino ad essere considerati come gratificanti e desiderabili di per sè, anche quando non evocano più un'erezione genitale intensa. Per usare nuovamente l'analogia con il matrimonio eterosessuale, Blanchard ha evidenziato che gli uomini spesso continuano a sperimentare legami emozionali intensi verso gli oggetti del loro desiderio sessuale (ossia le loro mogli) anche dopo che la loro intensa attrazione sessuale iniziale è dimuinuita o completamente scomparsa. In più, non dobbiamo negare che la riassegnazione sessuale ha altri aspetti gratificanti per accettare l'idea che, per molti di noi, il desiderio sessuale è l'origine e il nocciolo del nostro impulso transessuale. Le qualità che abbiamo bisogno di coltivare per vivere con successo nel ruolo femminile possono essere molto gratificanti di per se stesse. Imparare a incorporare tratti femminili come la gentilezza, l'empatia, la capacità di educare, e la grazia migliora la qualità delle nostre vite, e semplicemente ci rende esseri umani migliori. Molti di noi scoprono felicemente un numero di ragioni genuine non-sessuali per volere essere sottoposti alla riassegnazione sessuale. Rimane perciò facile -- e non necessariamente impreciso -- dire a noi stesse ed a qualsiasi altra persona che vogliamo sinceramente la transizione per ragioni che non hanno nulla a che vedere con il desiderio sessuale. Tuttavia molte se non la maggior parte di noi dovremmo probabilmente ammettere, se fossimo oneste, che le motivazioni sessuali erano almeno in origine il cuore del nostro desiderio di transizione -- e che sono probabilmente ancora lì in agguato non molto al di sotto di un sottile strato superificiale. Sarebbe un errore concludere che se la transessualità ginefila sicompone in gran parte di desiderio sessuale, allora è in qualche modo sospetta, o meno legittima della transessualità omosessuale. Per quanto l'attenzione di questo saggio non è diretta alla transessualità omosessuale in sè, desidero dire abbastanza su questo aspetto per dissipare ogni nozione erronea sui transessuali omosessuali definiti come "reali" o circa le loro motivazioni considerate come esclusivamente non-sessuali. Nessuna delle due affermazioni è vera. Per definizione, i transessuali sono quelli che si sottopongono alla riassegnazione sessuale come trattamento per la disforia del genere. La disforia di genere dei transessuali autoginefili è proprio reale come quella delle loro controparti omosessuali. E non conta assolutamente nulla se la disforia si origina per intero o in parte dall'inabilità di raggiungere la soddisfazione sessuale nel proprio corpo o ruolo. I transessuali autoginefili hanno lo stesso diritto di essere transessuali "veri" come le loro sorelle omosessuali. E i transessuali omosessuali non sono essi stessi assolutamente privi di motivazioni sessuali. Colleghi che hanno passato molto tempo intervistanto transessuali omosessuali mi dicono che possono essere pensati meglio come uomini gay molto effemminati che non si sino defemminilizzati nella loro adolescenza. Praticamente tutti hanno attraversato un periodo come "ragazzi gay"; e la loro decisione se passare o meno alla transizione era spesso basata in larga parte sul fatto che si aspettassero di essere sufficientemente passabili nel ruolo femminile per attrarre (in maniera convenzionale) compagni maschili. Quelli le cui conclusioni erano negative, di solito, non effettuano la transizione, per quanto il loro comportamento possa essere femminile. Invece accettano. magari a malincuore, un'identità di maschio gay, e rimangono entro la cultura maschile gay, dove possono realisticamente aspettarsi di trovare compagni interessati. Questo processo di auto-elezione spiega l'osservazione intrigante che i transessuali omosessuali che transizionano tendono ad essere fisicamente più piccoli e leggeri rispetto alle loro sorelle autoginefile: (6) Il fondo della questione è che anche nella transessualità omosessuale è operativo un calcolo sessuale. Il transessualismo è ampiamente questione di sesso - senza riferimento a che tipo di transessualità uno appartiene. Per quanto la ricerca di Blanchard sia stata condotta rigorosamente, è importante capirne i suoi limiti. Prima di tutto, è stata condotta su un campione clinico: un gruppo di maschi sufficientemente stressati o sintomatici scelti per essere valutati. In secondo luogo, per dividere questi soggetti in categorie basate sull'attrazione sessuale, Blanchard ha usato una tecnica di selezione deliberata per assicurare il risultato di 4 gruppi. Mentre può essere valido ed utile per fini statistici, un'occhiata ai dati grafici rivela che questi gruppi non sono realmente distinti. I gruppi bisessuali ed omosessuali sono particolarmente arbitrari nella loro separazione, il che contrasta ogni rigida tipologia, e suggerisce l'ipotesi che almeno qualche transessuale bisessuale possa contenere un tipo intermedio. Terzo, a rischio di affermare l'ovvio, Blanchard ha semplicemente trovato correlazioni statistiche, per quanto molto significative, tra parecchie delle varibili esaminate. Questo non implica che i modelli scoperti siano precisamente veri per ogni particolare caso individuale. Ci saranno sempre delle eccezioni. Per ultimo, nessuno dei soggetti di Blanchard si è realmente sottoposto alla transizione di genere o ha effettuato l'intervento chirurgico di riassegnazione del sesso -- erano semplicemente maschi disforici di genere, che si sentivano come se fossero, o volessero essere, donne. Blanchard non ha mai testato le sue idee in un gruppo di transessuali maschio-femmina dopo l'operazione. Ho tentato di confermare le teorie di Blanchard tra un gruppo di transessuali donne operate alle Conferenze della Nuova Donna del 1996 e del 1998, usando un metodo di ricerca anonimo. Nel 1996, 10 delle 13 donne, ben i 3/4, affermavano che "l'auto.femminizzazione era erotica" per loro. E più della metà affermava che "l'auto-femminizzazione era stata la loro fantasia erotica primaria prima della transizione." (7) Nel 1998, meglio preparata, ho fatto una domanda specificatamente scritta da Blanchard. In risposta a questa, 5 delle 11 donne, quasi la metà, erano d'accordo nell'affermare che prima dell'intervento chirurgico , la loro "fantasia erotica preferita era quella di avere, o di stare acquisendo, alcune caratteristiche del corpo femminile." (8) Un'ulteriore dimostrazione dell'importanza della fantasia autoginefila nei transessuali che effettivamente si sono sottoposti all'intervento chirurgico viene dalla tesi di dottorato non pubblicata di Maryann Schroder, "Nuove Donne." Cinque dei suoi 17 soggetti operati descrivevano di essere state erotizzate da fantasie sessuali autoginefile prima dell'intervento. (9) Perchè l'autoginefilia, che è così frequentemente riportata in questi piccoli gruppi di donne post operate, ha ricevuto così poca attenzione? Penso esistano parecchie ragioni. Tra i transessuali, l'autoginefilia non è un soggetto molto rispettabile per una discussione. Una ragione è che molte transessuali disdegnano cordialmente il Clarke Institute, e tendono a liquidare qualsiasi scoperta derivata da quella fonte. Perciò non si parla molto delle idee di Blanchard , e quando si tirano fuori, tendono ad essere zittite. Inoltre la vergogna è certamente un altro deterrente. E' probabilemente troppo minaccioso per molti transessuali ammettere di avere fantasie autoginefile, e specialmente ammettere che il desiderio sessuale autoginefilo possa essere stato una delle loro motivazioni nel ricercare il trattamento chirurgico di riassegnazione del sesso. Le persone sono compresibilmente riluttanti ad ammettere di avere una parafilia - più popolarmente nota come perversione. La maggior parte delle donne transessuali vogliono essere viste come "vere donne" ed è ampiamente noto che l'eccitazione parafilica è quasi esclusivamente confinata agli uomini. Le transessuali che ammettono di avere eccitazioni autoginefile possono non essere viste come "vere donne" - e possono persino non essere viste come "vere" transessuali! I terapisti e i chirurghi hanno indubbiamente le loro ragioni per ignorare l'autoginefilia. La maggior parte dei terapisti sono abituati a pensare alla transessualità usando formule più tradizionali, basate sul genere. L'idea che ci possano essere delle motivazioni sessuali per la transizione possono sembrar loro "sporche", e non conformi ai loro paradigmi. In accordo a ciò, possono pensare che il desiderio sessuale autoginefilo nelle transessuali sia raro ed aberrante. E dal momento che i loro clienti non amano parlare della loro autoginefilia, chi può rimproverare i terapisti per il loro pensiero? In più, la maggior parte dei terapisti e dei chirurghi troverebbero probabilmente difficle riconoscere che quando danno l'approvazione per l'intervento chirurgico di riassegnazione sessuale, o lo realizzano, stanno semplicemente aiutando una donna transessuale ad interpretare il suo copione di sesso parafilico. Personalmente, tuttavia, non trovo che l'idea che donne transessuali cerchino talvolta l'SRS (intervento chirurgico di riassegnazione del sesso - ndt) per ragioni sessuali sia particolarmente problematica, anche quando la sessualità sia essenzialmente parafilica. La vera domanda non è quale sia la motivazione, ma se l'intervento chirurgico di riassegnazione sessuale migliori la qualità della propria vita. Il livello di soddisfazione complessivo che segue l'SRS è estremamente alto. E la prova così sembra proprio dimostrare che quelle donne transessuali che ci si aspetta essere autoginefile - inizio tardo, attrazione sessuale per le donne, ecc. - tendono a comportarsi dopo l'intervento chirurgico come quelle che si presentavano più giovani e che sono sessualmente attratte dagli uomini. Certamente non ci si deve scioccare nell'apprendere che ci sono persone che vogliono modificare il loro corpo - chirurgicamente o in altri modi - primariamente per potenziare la loro attrattiva sessuale, per se stessi o per altri. Questa è un'industria da miliardi di dollari solo negli Stati Uniti, e la maggior parte di essa non coinvolge i transessuali. Quotidiananmente tagliamo, coloriamo, tatuiamo, foriamo, aumentiamo,riduciamo, liftiamo, pieghiamo, riordiniamo e contorniamo parti del nostro corpo per esprimere la nostra sessualità e per aumentare la nostra soddisfazione sessuale. E nemmeno questo è unico nella moderna cultura Occidentale, come molti antropologi possono dirvi. Non sto suggerendo che dobbiamo essere compiacenti con l'SRS, o vederlo come un'impresa casuale. Sto suggerendo che, a mio avviso, avere motivazione sessuali per ricercare l'SRS non pone alcun tipo di problema etico importante. Le motivazioni sessuali stanno alla base di un vasto gruppo di procedure mediche e chirurgiche che sono quotidianamente realizzate su individui non-transessuali, e che sono più o meno date per scontate. Recentemente alcune donne transessuali eccezionalmente coraggiose hanno richiesto più sincerità sul ruolo delle motivazioni sessuali nei nostri sentieri di vita. Jessica Xavier ha scritto questo nel suo articolo "Verifica della realtà," pubblicato nel 1995: "Per essere pienamente consci delle nostre realtà, occorre prima riconoscere le nostre fantasie. L'erotismo del travestitismo e la transessualità di molte di noi è basata su di una potente fantasia sessuale di diventare qualcunaltro, sia temporaneamente che permenentemente. Perchè dobbiamo vedere il nostro erotismo essenziale come qualcosa di meno di un valido mezzo di auto-piacere ed auto-scoperta? Il sesso ha un'influenza potente ma poco discussa nelle nostre vite transgender ... E' ironico ed è un peccato che i nostri sforzi di educazione al genere abbiano oscurato questo erotismo essenziale." (10) Margaret O'Hartigan smussa un po' i toni nel suo
articolo "Roulette chirurgica", pubblicato nel 1994:
"E' necessario che le transessuali finiscano di fingere che cambiare sesso riguarda il genere e non il sesso. Il "Transgenderismo" usato come eufemismo per cambiare sesso maschera la realtà che le transessuali cercano di cambiare i loro corpi per sperimentare piacere sessuale genitale senza un pene tra le gambe. Il tentativo recente di alcuni di sostituire il termine "intervento chirurgico di riassegnazione del sesso" con "intervento chirurgico di conferma del genere" confonde solo ulteriormente le due diverse questione di sesso e genere." (11) Penso che espressioni oneste come queste siano non
solo salutari, ma estremamente apprezzabili. Una tale franchezza aiuta
le donne transessuali le cui esperienze non rientrano nei modelli tradizionali
a sentirsi meno isolate, meno sole. E' un peccato, secondo me, che donne
transessuali non abbiamo scritto di più sulle loro sensazioni e
fantasie sessuali, e su come queste si collegano alla loro decisione di
cercare la transizione e la chirurgia. Carol Christ ha scritto quanto
segue su donne non-transessuali, ma si applica lo stesso bene alle donne
transessuali:
"Le storie delle donne non sono state raccontate. E senza storie non c'è articolazione di esperienza. Senza storie la donna è perduta quando arriva a prendere importanti decisioni nella sua vita. Senza storie non può capirsi." (12) Le storie delle donne transessuali hanno bisogno di
essere narrate, ed ascoltate. In altre occasioni, ho incoraggiato
lettori che hanno sperimentato fantasie o eccitazioni sessuali autoginefile
a scrivermi,
(scrivere all'autrice Anne Lawrence in lingua inglese- ndt) descrivendomi
le loro sensazioni e discutendo sul ruolo che il loro desiderio sessuale
ha giocato nella loro decisione di transizione e di sottoporsi all'intervento
chirurgico genitale. Spero di rendere questo materiale più noto,
cosicchè coloro i quali siano interessati alla transessualità,
sia clienti che clinici, possano meglio capire la complessa relazione
tra transessualità e desiderio sessuale. (Estratti
da alcune di queste relazioni sono ora disponibili in un'altra area
di questo sito.)(sito di Anne Lawrence - ndt)
Concluderò con una storia vera, su di un'amica che chiamerò Linda (non il suo vero nome). Linda hatransizionato oltre i 40 anni, dopo una carriera professionale piena di successi. Durante il suo periodo di vita da uomo, era stata sposata con una donna. ed era padre di un figlio. Linda assunse il suo ruolo femminile come un'anatra nell'acqua, e stava transizionando senza alcun sforzo. Si sottopose all'SRS con un eccellente chirurgo americano, conosciuto per le sue capacità nel preservare le sensazioni sessuali. Dopo l'intervento cominciò a dare appuntamenti agli uomini con un certo successo. Solo un problema continuava a disturbare Linda: nei due anni successivi all'intervento, non era mai stata in grado di avere un orgasmo. Un giorno la incontrai ad una conferenza, e mi prese da parte con un'aria cospiratoria: "Ne ho finalmente avuto uno!" Se c'è una morale qui, penso sia quella che conoscere ed accettare le nostre verità interioti ci rende libere.
REFERENCES: 1. La seguente è una bibliografia di articoli di Ray Blanchard riguardanti l'autoginefilia: Typology of male-to-female transsexualism2. Blanchard R, Rachansky I, Steiner B. (1986) Phallometric detection of fetishistic arousal in heterosexual male cross-dressers. J Sex Res 22(4), 452-462. 3. American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition. Washington, DC; American Psychiatric Association; 1994. pp. 522-523. 4. Blanchard R. (1993) Partial versus complete autogynephilia and gender dysphoria. J Sex Marital Ther 19(4) p. 306. 5. Blanchard R. (1991) Clinical observations and systemic studies of autogynephilia. J Sex Marital Ther 17(4) pp. 245-246. 6. Blanchard R, Dickey R, Jones CL. (1995) Comparison of height and weight in homosexual versus nonhomosexual male gender dysphorics. Arch Sex Behav 24(5), 543-554. 7. Lawrence A. Life after surgery: questions and answers from the 1996 new woman's conference. Paper presented at the Second International Congress on Sex and Gender Issues, Philadelphia, PA., June 20, 1997. 8. Lawrence A. Unpublished data. 9. Schroder M. New women: sexological outcomes of gender reassignment surgery. Unpublished Ph.D. thesis, Institute for Advanced Study of Human Sexuality, San Francisco, CA, 1995. 10. Xavier J. Reality check. Transsexual News Telegraph, #5, Summer/Autumn 1995, pp. 32-33. 11. O'Hartigan M. Surgical Roulette. TransSisters, #3, Winter 1994, p. 28. 12. Christ C. Diving Deep and Surfacing. Boston, Beacon Press, 1980, p. 1
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