L'AVVELENATA:
LA CANCELLAZIONE A MEZZO STAMPA
DI UN'INTERA MANIFESTAZIONE POPOLARE
la censura sistematica della voce di 2000 e passa cittadini italiani.
Qualche
migliaio di foto scattate da fotografi professionisti, Centinaia e centinaia
di metri di pellicole video di telecamere puntate (o migliaia di megabyte
se le videocamere erano digitali), un numero di interviste registrate
o appuntate nei taccuini dai giornalisti che riempirebbero pagine e
pagine di giornali, sono finiti tutti nel buco nero della censura delle
redazioni di giornali e tv: Adn Kronos e E-Biscom con telecamere e microfoni,
RAI, giornali, radio, tv.
Qualche ora di lavoro retribuita di giornalisti, fotografi, cameramen,
microfonisti gettata via.
E' accaduto ieri, otto marzo, in occasione della manifestazione che
le Associazioni transessuali e gay avevano indetto per rivendicare diritti
e dignità.
E' normale - si dirà - che non tutto quello che si gira o registra
o appunta diventi un "pezzo", un "articolo", un
"servizio". E normale lo è. Non è normale però
quando questa divaricazione assume proporzioni eclatanti.
Non è normale quando si assiste "alla caccia" alle
transessuali da intervistare e fotografare e filmare e poi nulla (o
quasi) si concretizza in un servizio.
Non è normale quando vedi decine di giornalisti che seguono la
manifestazione con interesse professionale corretto e attento e di tutto
questo interesse non resta nulla sulle testate per cui lavorano. Quando
questo accade, vi è subito un'odore, una vera e propria puzza,
che si diffonde rapidamente nell'aria: la puzza della censura.
Una censura che non parte dai giornalisti, spesso capaci, professionali
e partecipi della nostra lotta per i diritti ad una cittadinanza piena
di cui non godiamo, ma che avviene da qualche parte "più
in alto", nelle redazioni di giornali e tv (o più in alto
ancora a livello politico).
E quando accanto a questo offuscamento sistematico, si verifica che
le pochissime cose che "passano" tra le decine e decine di
nostre dichiarazioni sulla nostra dignità e sulle nostre battaglie
civili, sono "che tifiamo per Giuni Russo", così come
è accaduto con l'agenzia ANSA, accanto alla puzza di censura
vi è quella della "manipolazione", della "disinformatio"
precostituita, decisa a tavolino.
Soltanto un cretino o chi fosse in perfetta malafede poteva pensare
che noi fossimo a Sanremo per protestare contro l'esclusione di Cristina
Bugatty l'ultimo giorno del festival.
Anche un bambino capirebbe che sarebbe stata una manifestazione "fuori
tempo massimo".
Ma forse è questo che si pensa di noi: che siamo delle povere
e dei poveri imbecilli che urlano e strepitano per difendere la propria
cantante preferita. Forse a forza di frequentare fan adolescenti dei
vari cantanti, qualcuno ha creduto che la nostra maturità fosse
a quel livello. Più probabilmente però si è voluto
farlo credere. Perché tutte le redazioni avevano ricevuto nei
giorni precedenti comunicati stampa con i motivi veri della nostra protesta
e in nessuna intervista ci siamo dimenticate e dimenticati di ricordarli.
Non una volta abbiamo omesso di dire che eravamo lì per I N F
O R M A R E media e cittadini che nella Unione Europa è vietato
discriminare le persone transessuali, esattamente come è vietato
farlo per le donne e che questa interpretazione della norma della Corte
Europa di Giustizia è costantemente disattesa in Italia. Non
una volta, in decine di interviste che ho personalmente dato, ho dimenticato
di dire che eravamo lì per informare i datori di lavoro che non
avremmo più tollerato supinamente abusi ingiustificati, e le
persone transessuali che da quel momento in poi avremmo messo a disposizione
i nostri uffici legali per tutelare questi diritti totalmente inapplicati
in questo paese bigotto, codino, censorio, velinaro.
Ma no.. eravamo lì solo per cantare "ma pippo pippo non
lo sa..." e per un "reintegro retroattivo della Bugatty al
Festival". Cose da trans, insomma a cui dare il peso che meritano.
Ancor più maleodorante e sgradevole vedere questa censura in
quei giornali vicini a partiti della sinistra che, in tempi di elezioni,
cercano i voti omosessuali (i nostri contano poco...siamo poche migliaia).
Sinceramente non basta mettere la - pur lodevole - "rubrica"
gay lesbo trans quattordicinale su un quotidiano e poi omettere la cronaca
delle nostre battaglie civili più importanti.
Nè ci interessano alcune attenzioni ossessivo-maniacali tipo
quelle delle "Jene", capaci di girare servizi su di noi solo
intervistando, di notte nelle strade, povere ragazze scappate da paesi
dove gli squadroni della morte le ammazzano come mosche, per farle dire
frasi quali "ce l'ho grosso e duro, se vuoi facciamo" o "facezie"
del genere, senza tenere conto che quelle frasi sono dette perché
migliaia di italiani cercano le transessuali nelle strade solo se sono
"attive" e "ben armate". Senza una spiegazione,
un commento. E con la pretesa di rappresentare la realtà transesuale
italiana, quella vera. Un po' come mostrare le immagini di un "clochard"
un po' "sballato" senza spiegare se ha scelto di esserlo o
se lo è diventato per una lunga serie di umiliazioni e violenze
subite.
Una porcheria giornalistica con ambizioni d'avanguardia (ma in realtà,
al massimo da avanguardisti d'altri tempi).
E vorremmo anche che terminasse al più presto il "filone
patetico" in cui si invita qualche transessuale a raccontare i
suoi fatti personali, per commuovere o far divertire il pubblico a seconda
dei casi.
Queste sono attenzioni sgradite, "pelose", il più delle
volte vomitevoli.
La censura nasce non appena una persona transessuale tenti di dimostrare
la propria competenza o quando voglia parlare dei propri diritti negati.
Di fronte a questa censura sistematica, un pugno di cittadine e cittadini
italiani privati del diritto alla legge sulla privacy (perché
costretti a mostrare documenti difformi dal loro genere vissuto), costretti
a perizie psichiatriche (per ottenere il diritto a cambiare i documenti),
considerati malati ma tagliati fuori dal Sistema Sanitario Nazionale
per le terapie ormonali, spinti ad interventi demolitivi sugli organi
genitali (altrimenti niente documenti), quotidianamente licenziati,
non assunti, messi sotto mobbing, cosa devono fare per farsi sentire?
Scrivere a quanto pare non serve, manifestare neppure.
Cercano solo le storie più patetiche e tristi. Ma viene negata
la voce alle associazioni rappresentative delle persone transessuali.
E' come se un datore di lavoro contrattasse con i singoli lavoratori
(di sua scelta), senza ascoltare il sindacato. Pare un assurdo in genere,
ma per noi il capovolgimento dei diritti è una norma costante
e vergognosa.
Se l'Italia fosse un paese anche solo moderatamente civile, vi dovrebbe
essere una sollevazione popolare contro chi permette questa cittadinanza
di serie zeta a persone che hanno già dovuto affrontare momenti
difficili di comprensione di se stesse (essere transessuali non è
un giochetto divertente per i salotti popolar-borghesi!).
Ci si indigna per i cani maltrattati in alcuni canili..... su di noi
il silenzio
Ed è proprio questo il punto. Sui cani maltrattati si girano
servizi su servizi, si scrivono articoli su articoli e giustamente la
gente (me compresa) si indigna.
Anche per noi si indignerebbe se sapesse a quanti diritti costituzionali
noi transessuali siamo costretti a rinunciare, a quanti diritti semplici
semplici, quasi ovvii per chiunque altro, non possiamo avere accesso.
Ed è per questo che la gente non deve sapere. Per questi motivi
la censura. Perché qualsiasi cittadino dotato di anche poca umana
sensibilità, si solleverebbe, si indignerebbe. Non si deve far
sapere.
E se da una parte è evidente l'influenza della "mano longa"
della Chiesa Cattolica, dall'altra questa inciviltà culturale
investe trasversalmente tutte le posizioni politiche, anche se con diverse
sfumature.
Noi non dimentichiamo che la commissione statuto dei DS, all'ultimo
congresso, fece togliere da un emendamento riguardante il tema delle
discriminazioni, proprio il termine "identità di genere"
(ovvero il transessualismo), all'insaputa dei delegati che poi votarono
ed approvarono un emendamento "monco". Non dimentichiamo che
accanto alla barbarie dichiarata, quasi ostentata, di certe posizioni
della "destra" politica, vi è spesso a sinistra una
cortina fumogena appena si parla di transessualità.
Sappiamo valutare le differenze tra partito e partito, coalizione e
coalizione sulle politiche dei diritti civili, ma contemporaneamente
constatiamo un atteggiamento davvero "bipartizan" nel momento
in cui si tratta la transessualità.
Sono dovute morire più di 100 donne in una fabbrica perché
si prendesse coscienza dei diritti delle donne, migliaia di uomini sono
morti nella lotta per ridurre l'orario di lavoro da 12 a 8 ore. C'è
voluta una rivolta violenta a Stonewall perchè il movimento gay
si desse un calendario di rivendicazione dei diritti, perché
la società iniziasse a tutelare i diritti degli omosessuali.
Quello che sta accadendo non può non farmi pensare che media
e politica, per svegliarsi - anche in questo caso - aspettino "il
morto": "la morta", nella circostanza (magari facendo
un po' di casini, come sempre fanno tra coniugazioni maschili e femminili
della vittima).
Dobbiamo arrivare ad immolarci?
Mirella
Izzo
Genova 10 marzo 2003
P.S:
per amore di verità il TG 3 regionale della Ligura si è
sottratto alla censura generalizzata e l'ha fatto per la seconda volta
in pochi mesi (il primo caso fu per le vigilie del "Remember our
dead") con due servizi ben fatti, rispettosi e corretti.
La nostra stima alla redazione ligure del TG rai non può però
modificare il senso generale delle cose scritte.