Circolo Culturale "Crisalide-Arcitrans" - Genova

COMUNICATO
(inviato al quotidiano "La Repubblica")

Non ho letto il libro "Travestitismo: un abito della malinconia" di Manuela Fraire di cui tratta Laura Lilli su La Repubblica del 19/2 nelle pagine "Cultura" e quindi non entrerò nel merito del contenuto dell'opera se non per quegli stralci riportati dalla giornalista, ma non posso fare a meno di non notare con quanta leggerezza e approssimazione sia stato trattato l'argomento travestitismo.
Solamente leggendo le prime 7 righe dell'articolo si legge per ben tre volte la parola "viados" riferita alle persone transessuali. L'ignoranza del linguaggio e della sua etimologia potrebbe essere al limite perdonata agli "uomini della strada" od ai più distratti giornalisti di cronaca nera locali ma non certo da chi scrive sull'argomento travestitismio nelle pagine culturali di uno dei più importanti giornali italiani nazionali. La parola "viados" infatti nel linguaggio popolare brasiliano significa, né più né meno, che traviato ed è usato in tono estremamente dispregiativo per indicare le persone transessuali.
Utilizzare questa parola in un articolo di saggistica è perfettamente equivalente all'usare la parola "frocio" per indicare gli omosessuali o l'espressione "sporco negro" per indicare la gente di colore. Credo che solo qualche pubblicista di infime fanzine di derivazione nazista possa usare simile linguaggio per gay e neri… ma per noi transessuali tutto va bene.. tutto fa SPETTACOLO.
Ci domandiamo se dobbiamo mettere degli annunci pubblicitari a tutta pagina sugli stessi giornali su cui scrivono per convincere i giornalisti ad abbandonare una volta per tutte questa orribile espressione linguistica. L'articolo contiene poi altre imprecisioni la più grave delle quali (perché sostiene tutta l'impalcatura delle tesi della Fraire - almeno secondo quanto riportato dalla Lilli) e rappresentata dall'affermazione che esiste un travestitismo maschile ma non un corrispettivo travestitismo femminile.
Volendo anche ignorare il fenomeno dei Drag King (ovvero donne che si travestono da uomo) che - pur smentendo la Fraire - è una realtà più tipicamente appartenente alla cultura americana e anglosassone ed è comunque una realtà minoritaria, resta il fatto che tale affermazione è un macroscopico falso. Il travestitismo femminile infatti esiste, è diffusissimo, sotto gli occhi di tutti e perfettamente ignorato dai più. Basta uscire per strada, salire su un bus o sul metrò per vedere una piccola ma significativa percentuale di donne vestite da capo a piedi al maschile e senza l'ombra di un trucco.
Noi che conosciamo la realtà transessuale sappiamo quanti transessuali donna-uomo hanno vissuto per anni una condizione di travestitismo di questo tipo nell'assoluta indifferenza generale. Invece che perdersi in considerazioni che non esistono, sarebbe stato sicuramente più interessante indagare sul perché una donna anche totalmente mascolinizzata passa nell'indifferenza generale mentre un uomo, al minimo accenno di femminilizzazione, viene immediatamente identificato e troppo spesso dileggiato.
Ci domandiamo quindi dove viva la Fraire, quanti transessuali donna-uomo abbia conosciuto (o anche quante travestite, drag king) nella sua vita per affermare una tale evidente idiozia (nell'accezione non offensiva di seguire un proprio "idioma" senza curarsi dei fatti, della realtà).
Quello che ci addolora dover ancora una volta constatare è quanto l'argomento riguardante l'identità di genere sessuale, nelle sue svariate forme sia ancora oggi un tema di cui tutti parlano e pochissimi lo facciano con una minima cognizione di causa.
E se un giorno saggisti ed "esperti" si decidessero ad ascoltare noi diretti/e interessati/e?
Cordiali saluti.
Mirella Izzo
Presidente "Crisalide-ArciTrans" Genova
Crisalidearcitrans@supereva.it
Genova 21/3/2000