"Le diversità? ... un vantaggio per le aziende”
di Federica Pezzoli
(Ufficio Legale Crisalide AzioneTrans onlus)
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Le discriminazioni che subisce una persona T* nel mondo del lavoro sono note ... almeno a noi; con enorme difficoltà trova un impiego; spesso si deve “adattare” ad una occupazione di basso profilo che non corrisponde alle sue maturate esperienze professionali, al suo “curriculum studiorum” ... e non aggiungo altro. L’ostracismo sociale piega la persona T*, le sue intime e legittime aspirazioni.
Si adegua; ma, ovviamente, non comprende, non accetta. Si interroga sul perché e sul come.
Nella Carta Costituzionale trova scritto:
- Art. 1 “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
- Art. 4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto.Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Il lavoro. Un diritto/dovere.
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Le “diversità”, (alcune!), sono un valore aggiunto per le aziende.
Uno studio sui metodi e sugli indicatori per misurare l’efficienza in termini di costo delle politiche della diversità nelle imprese intitolato "I costi e i benefici della diversità” (1) effettuato alla fine del 2003 dal "Center for Strategy and Evaluation Services (CSES)" per conto della Commissione europea, con il sostegno del programma d'azione comunitario per combattere le discriminazioni ha riscontrato: “le aziende che attuano politiche della diversità rilevano alcuni importanti vantaggi che accrescono la loro competitività a lungo termine e, in determinati casi, producono anche miglioramenti delle prestazioni nel breve e medio periodo”.
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Il Consiglio dell’Unione Europea nel 2000 ha approvato due importanti direttive:
la 2000/43/CE (2) sulla parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica che vieta la discriminazione razziale sul lavoro e in altri settori della vita quotidiana in cui direttamente o indirettamente può aver luogo un trattamento iniquo;
la 2000/78/CE (3) che realizza il principio della parità di trattamento in materia di occupazione e formazione indipendentemente dalla religione o convinzioni personali, dall’orientamento sessuale, dall’età e dalla disabilità.
Perché nelle direttive di cui sopra non si parla di “identità di genere”?
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La direttiva 2000/78/CE Capo IV – Disposizioni Finali – nell’art. 16 – Conformità - prevede:
“Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare che:
a)tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano abrogate;
b)tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti di lavoro o nei contratti collettivi, nei regolamenti interni delle aziende o nelle regole che disciplinano il lavoro autonomo e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro siano o possono essere dichiarate nulle e prive di effetto oppure siano modificate”;
mentre l’art. 18 – Attuazione – pone un termine. “Gli stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 2 dicembre 2003 ...” prorogabile di altri tre anni, comunque complessivamente di sei anni al massimo, “ ... per attuare le disposizioni relative alle discriminazioni basate sull’età o sull’handicap”.
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Il nostro legislatore, nel suddetto termine, con il decreto legislativo del 9 luglio 2003 n. 216 (4) ha recepito la direttiva 2000/78/CE, dove tratta anche le discriminazioni causate dall'orientamento sessuale.
Ricordiamo che il menzionato decreto n. 216 è circoscritto al solo ambito lavorativo e non risulta indicata l’identità di genere. Sembrerebbero, perciò:
- escluse le persone T*, più precisamente chi non ha ancora completato l’iter di riassegnazione del sesso o non desidera completarlo;
- incluse le persone T* “riassegnate”, in quanto rientrano nel “dualismo” maschio/femmina.
Per completezza richiamiamo la direttiva 76/207/Cee del 1976 (5) e la nota sentenza della Corte di Giustizia del 30 aprile 1996 casua C-13/94 P c. S (6) (caso di un transessuale dipendente pubblico che viene licenziato dopo aver riferito al suo datore di lavoro l’intenzione di cambiare sesso – illegittimità per il diritto comunitario del licenziamento del transessuale per motivi connessi al cambiamento di sesso - vedi punto 3 delle motivazioni e 20 “... la sfera d' applicazione della direttiva non può essere ridotta soltanto alle discriminazioni dovute all'appartenenza all'uno o all'altro sesso. Tenuto conto del suo scopo e della natura dei diritti che mira a proteggere, la direttiva può applicarsi anche alle discriminazioni che hanno origine, come nella fattispecie, nel mutamento di sesso dell'interessata”); citiamo anche la direttiva 2006/54/CE (7) “riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) – (Termine di recepimento 15 agosto 2008).
In particolare sollecitiamo l’attenzione sul punto (3), (nelle premesse) testualmente leggiamo:
“Il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 141, paragrafo 3, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato, considerato quanto segue:” ...
(3)“La Corte di Giustizia ha ritenuto che il campo d’applicazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne non possa essere limitato al divieto delle discriminazioni basate sul fatto che una persona appartenga all’uno o all’altro sesso. Tale principio, considerato il suo scopo e data la natura dei diritti che è inteso a salvaguardare, si applica anche alle discriminazioni derivanti dal cambiamento di sesso”.
(Art. 141, paragrafo 3, Trattato che istituisce la Comunita europea http://eur-lex.europa.eu/it/treaties/dat/12002E/pdf/12002E_IT.pdf
“... Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adotta misure che assicurino l’applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità di trattamento delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore ...”).
Richiamiamo le considerazioni su quet’ultima direttiva a firma della Presidente Onorario di Crisalide azionetrans Mirella Izzo del 16/08-11/12/2006 (8).
Per approfondimenti (9)
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Ma l’evoluzione legislativa continua ...
Con la legge del 28 novembre 2005 n. 246, art. 6 (Riassetto normativo in materia di pari opportunità), “Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di pari opportunità, secondo i princìpi, i criteri direttivi e le procedure di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonchè nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a)individuazione di strumenti di prevenzione e rimozione di ogni forma di discriminazione, in particolare per cause direttamente o indirettamente fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età e l’orientamento sessuale, anche al fine di realizzare uno strumento coordinato per il raggiungimento degli obiettivi di pari opportunità previsti in sede di Unione europea e nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione;
b)adeguamento e semplificazione del linguaggio normativo anche attraverso la rimozione di sovrapposizioni e duplicazioni”. (10)
Sulla scia della L. 246/2006, in data 31 maggio 2006 è stato pubblicato nella gazzetta ufficiale il Dlgs. 198/2006 "Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246". (11)
L’anno 2007 è stato dichiarato dal Consiglio d’Europa e dal Parlamento Europeo
“Anno europeo delle pari opportunità per tutti”
[ http://www.retepariopportunita.it/DefaultDesktop.aspx?doc=1983 - http://ec.europa.eu/employment_social/eyeq/index.cfm?language=IT ]
Tutto ciò fa sperare bene.
A fine gennaio 2007 il Consiglio dei Ministri, all'unanimità, ha dato il via libera al DDL (vedi Relazione Illustrativa nella quale leggiamo: “ ... L’articolo 1 della presente proposta, inoltre, estende l’applicazione dell’articolo 3 della legge n. 654 del 1975, anche agli atti di discriminazione di persone compiuti a causa del loro personale orientamento sessuale o della lora identità di genere, in linea con il ddl recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri ed attualmente in attesa di essere trasmesso alle Camere. Con tale estensione, si dà parziale attuazione ai numerosi pronunciamenti in materia del Parlamento europeo e dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, rimasti finora inattuati, se si eccettua il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, che, nel recepire la direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, tratta anche delle discriminazioni causate dall’orientamento sessuale. Il citato decreto legislativo copre però soltanto il solo ambito lavorativo, importante ma limitato. Il presente ddl intende invece proclamare un principio di valenza generale, sancendo l’equivalenza tra le discriminazioni causate da motivi razziali e quelle causate dall’identità di genere o dall’orientamento sessuale delle persone ... ”). (12)
Si comincia a parlare di identità di genere.
Confidiamo in questo nuovo progetto legislativo, in un ampliamento dell'impianto normativo esistente e la creazione di istituti che sanzionino tutti i comportamenti discriminatori, ad un risveglio della coscienza sociale più attenta all’altro diverso da sé, ad una profonda evoluzione di tipo culturale sul tema della “diversità”.
Il lavoro. Un diritto/dovere, di tutt*.
Cordialmente.
Federica Pezzoli, avvocato
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Cliccando sul link potrai scaricare e vedere un filmato informativo di 8 minuti
“Si alle diversità. No alle discriminazioni”
Una campagna promossa in tutta l’UE
Per il filmato: http://www.stop-discrimination.info/5695.0.html
Info: http://www.stop-discrimination.info/5696.0.html
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I riferimenti citati sono rintracciabili su Internet ai seguenti indirizzi:
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