L'unico Pacs che l'Unione è riuscita a fare è quello indietro. E per giunta lungo e ben disteso, visto che i segretari dei partiti del centrosinistra sono entrati alla riunione conclusiva per la definizione del programma con in tasca le unioni civili e ne sono usciti senza. Lo stesso Romano Prodi, che nei giorni scorsi aveva parlato più volte di unioni civili, è stato alla fine costretto a smentire se stesso per accontentare le pretese del partito di Rutelli. La nuova formula, definita in coro «una buona mediazione» da Ds, Prc, Pdci Verdi, non parla più di coppie, bensì di «riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto». Una definizione, come ha spiegato il diessino Pierluigi Bersani, «che valorizza il concetto caro alla componente cattolica della persona, ma ritenendo necessaria una formulazione nuova di tipo giuridico». Cosa questo significhi in concreto dal punto di vista legale non si sa. Ma cosa voglia dire dal punto di vista politico è molto chiaro: in Italia non possono esistere unioni diverse dal matrimonio riconosciute legalmente.
Quali diritti si possano poi concedere alle singole persone che già non abbiano in quanto individui ce lo spiegherà forse l'Unione, un giorno o l'altro. «È la soluzione che era stata indicata dal cardinale Camillo Ruini - commenta amareggiato il presidente di Arcigay Sergio Lo Giudice - che già nel settembre scorso aveva suggerito di percorrere `la strada del diritto comune, assai ampia e adattabile alle diverse situazioni'».
Stando così le cose suona come una presa in giro che nel testo del programma dell'Unione si specifichi che «al fine di definire natura e qualità di una unione di fatto non è dirimente il genere dei conviventi e il loro orientamento sessuale». E ci mancherebbe, visto che al momento non è ancora vietato convivere «di fatto» con chi si vuole. La delusione delle associazioni glbt è unanime. Per Arcigay e Arcilesbica, se «non c'è riconoscimento giuridico delle unioni civili, non ci potrà essere un appoggio di gay e lesbiche al programma dell'Unione. Gli impegni precedentemente assunti dai leader del centrosinistra e dal candidato premier sono stati stracciati. Il centrosinistra ha deciso che la benevolenza elettorale delle gerarchie vaticane è un bene superiore ai diritti delle persone».
Il comitato organizzatore del pride nazionale glbt di Torino 2006 parla di «uno schieramento che si vergogna dei valori che dice di voler sostenere, tanto laico da individuare nel cardinale Ruini un interlocutore con cui discutere il programma elettorale». E l'associazione Crisalide-azionetrans osserva che «a furia di mediare si è riusciti a fare il miracolo inverso a quello di Gesù: trasformare il vino in acqua». Secondo Gayleft (associazione degli omosessuali di area diessina), «l'accordo raggiunto al tavolo del centrosinistra sulle unioni civili è totalmente inadeguato. Non rispetta i più elementari diritti civili delle coppie di fatto e rappresenta un insulto alla loro dignità sociale». Mentre Giovanni Dall'Orto , direttore del mensile gay Pride , invita gay e lesbiche a «rifiutare la candidatura in qualsiasi partito che non preveda espressamente il riconoscimento dei diritti elementari delle persone omosessuali», perché «visto che la politica non li vuole, è giusto che ne prendano atto e rifiutino di legittimare, con la loro presenza puramente decorativa nelle liste dei candidati, programmi politici che non tengono in nessuna considerazione le loro esigenze».
Tutti chiedono all'Unione di fare un gesto riparatore prima che la rottura diventi definitiva. Ma l'aria che tira in casa del centrosinistra non appare molto favorevole, se si fa eccezione per la Rosa nel pugno. Emblematica al riguardo la reazione stizzita del presidente Ds Massimo D'Alema : «Il programma del centrosinistra non fa perno sui Pacs». D'altro canto, quale forza elettorale hanno gli omosessuali in confronto alla conferenza episcopale?
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