La polizia ha raccolto testimonianze, e non sarebbe stato un incidente: Roberta Oliveira, 28 anni, non stava attraversando la strada e poco prima aveva litigato con qualcuno.
Aveva 28 anni, era del Brasile e si chimava Roberta Oliveira. Altro non si sa di questa transessuale brasiliana, tranne che é stata travolto e ucciso da un'auto la scorsa notte all'angolo tra via Novara e via Silla, un posto dove di solito si prostituiva.
L'auto che ha investito Roberta è scappata senza fermarsi. Potrebbe essere un caso di "investimento di pedone" con "omissione di soccorso", di quelli che aggiornano periodicamente le statistiche nere della viabilità cittadina, se non fosse che la polizia locale, per la dinamica e le testimonianze raccolte, lascia aperta l'ipotesi che possa trattarsi di omicidio.
Tra gli elementi che suffragano questa ipotesi c'è il fatto che Roberta non stava attraversando la strada, ma se ne trovava ai margini, appena fuori dal marciapiede. E che l'auto non ha sbandato travolgendola, che sia stato proprio un movimento diretto verso di lei. Alcune testimonianze, che gli investigatori tengono a sottolineare essere discordanti, raccontano che Roberta aveva prima litigato con qualcuno. Elemento che potrebbe essere poi connesso con il suo investimento.
"Purtroppo non mi stupisce questo fatto, le transessuali, per di più straniere, senza magari il permesso di soggiorno sono considerate persone di serie B, e dunque facili vittime di reati destinati a restare impuniti", commenta Mirella Izzo, presidentessa dell'associaione Crisalide AzioneTrands. Tanto più che i dati raccolti da questa associazione raccontano di 14 omicidi di transessuali in Italia dal 1998 al 2005, tre di questi avvenuti a Milano.
"Le transessuali sono in questo senso perfette, persone a cui è facile riversare una colpa, è come se ci si sentisse autorizzati a ucciderle, perché si pensa che nessuno le reclamerà".
La Izzo parla dei transessuali al femminile rivendicando nel genere grammaticale l'identità delle persone che dal sesso maschile decidono la "transizione" in quello femminile. "Si, se si cominciasse almeno a usare il genere femminile, come già da tempo ad esempio fa la stampa statunitense sarebbe già un primo riconoscimento, a cui potrebbe seguire quello più importante dei posti di lavoro."
"Infatti, molte transessuali", come spiega la Izzo, "sono costretta a prostituirsi visto che in nessun luogo di lavoro sono accettate".
Come è successo a Roberta e come succede a molte sue conazionali che arrivano a Milano, considerata la capitale europea della comunità trans, alla ricerca di un lavoro, spesso nel mondo dello spettacolo, di fatto poi arruolate dai gestori della prostituzione in strada. Basta fare un giro notturno in città per disegnare una speciale tipografia, a seconda del genere e della nazionalità. Una sorta di vetrina mobile del sesso contro cui più volte l'amministrazione locale si è scagliata, maturando in questi ultimi 8 anni un'ordinanza detta anti-prostituzione, rilanciata in questi giorni anche dal Comune di Roma, contro i clienti in auto che si fermano per contrattare le prestazioni sessuali. "Abbiamo comminato dal '98 a oggi 13mila multe, sono contento che Roma abbia raccolto la nostra idea, all'epoca molto criticata", commenta e sottolinea il vicesindaco Riccardo De Corato.
Roberta viveva in una casa in via Cavezzali, una trasversale di via Padova, insieme a altre brasiliane come lei.
Era a Milano da poco e sconosciuta alle autorità italiane. Paradossale che la morte le abbia tolto la vita e insieme le abbia riconosciuto un nome.
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