RASSEGNA
STAMPA PADOVA PRIDE 2002
CORRIERE DELLA
SERA
Apertura di sindaco e vescovo, protesta di Forza Nuova
Ventimila
gay a Padova: matrimonio anche per noi
La
città del Santo divisa, ma nessun incidente
DAL NOSTRO INVIATO
PADOVA - Le due pellegrine francesi giunte a omaggiare il Santo e la
sua lingua miracolosamente intatta custodita nella Basilica, alle 19
di ieri si grattavano il capo, con gesto internazionale. Avevano appena
visto sfilare vicino alla Cappella degli Scrovegni migliaia di individui
curiosamente addobbati e certo non era sfuggita la visione di muscoli
ben torniti ricoperti da microscopici slip di pelle nera e da un paio
di angeliche ali incollate sulla schiena nuda.
Appena il tempo di riprendersi dall'insolita visione che, sbucate tra
le bancarelle dell'immensa piazza di Prato della Valle, le due esauste
pellegrine si sono trovate di fronte a un migliaio di individui di nero
vestiti. Marciavano, i mille, tra una folla silenziosa, si sarebbe detta
attonita. Probabilmente le due transalpine non coglievano il senso letterale
del «Boia chi molla» e del «Ce ne freghiamo della
galera», ritmate da un sinistro «Sieg Heil» di memoria
nazista. Ma qualcosa devono aver intuito, visto che una delle due, a
un certo punto, ha chiesto all'altra: «Ce sont les fascistes?».
«Sono i fascisti?». Se le due donne avessero proseguito,
avrebbero trovato a qualche centinaia di metri il presidio di un gruppetto
di giovani «capelloni» dei centri sociali, circondato da
decine di agenti in tenuta antisommossa.
Questa era Padova ieri, una città divisa tra la giornata conclusiva
del «Gaypride 2002» - cinque giorni per ribadire l'orgoglio
di essere gay, lesbiche e transessuali - e i contrapposti raduni dei
neofascisti di Forza Nuova e dei Centri sociali. Una città che
però ha saputo resistere al rischio di una contrapposizione in
piazza e che alla fine, attraverso il suo sindaco Giustina Destro, ha
riassorbito nelle dichiarazioni dell'ultima ora il disagio dei gay,
fino ad allora trattati come ospiti non propriamente graditi dallamministrazione
comunale.
Alla fine della giornata resta soprattutto lo straordinario successo
del «Padovapride», che ha attirato 20 mila persone, oltre
il doppio di quelle attese, in un lungo corteo aperto dai politici,
in testa il presidente onorario Arcigay, Franco Grillini («L'omosessualità
logora chi non ce l'ha») e il leader dei no-global, Luca Casarini.
In mezzo, molti diessini, ma anche Marco Guaraldi, portavoce dei «Fasci
italiani del lavoro», evidentemente controcorrente rispetto ai
«parenti» politici di Forza Nuova.
Un corteo dalle tante sfumature. Dai ragazzi in jeans e magliette con
la scritta «Vogliamo sposarci», ai parrucconi glamour di
transessuali e transgender, passando per qualche perizoma abbinato con
reggiseni retinati trasparenti, tutine rosa shocking e inevitabili infradito
glittering. Non mancava l'ala sadomaso, nostalgica dei Village People,
dotata di frustini, manette e anfibi (gli stessi indossati dai neofascisti
poco più in là). Tra gli slogan, avvistati il delicato
«Tieni alta la farfalla» e il primaverile «Se son
lesbiche fioriranno». Come in tutte le sfilate - gay o non gay
- che si rispettino, anche questa volta si sono infiltrati gruppi improbabili.
Dagli «Orsi italiani, grossi e pelosi», al movimento di
Rael («Rappresentante della civiltà extraterrestre degli
Elohim»), fino alla sedicente «Unione degli atei e degli
agnostici razionalisti», che innalzava il misterioso cartello:
«Gli integralisti ammazzano per vedere chi ha il miglior amico
immaginario».
Sul palco del comizio, alla fine è tempo di bilanci, con qualche
frecciata lanciata dal portavoce del «Padovapride», Alessandro
Zan al sindaco Giustina Destro: «Dov'è ora il sindaco,
perché non si è presentata?». Evidentemente non
è bastata a Zan l'apertura inattesa della Destro, che in mattinata
aveva consegnato una lettera di saluto agli organizzatori della manifestazione,
nella quale assicurava di voler garantire la libertà di espressione
e il dialogo.
Parole di elogio, invece, da parte di Nichi Vendola (Rifondazione) nei
confronti della Chiesa padovana, «che ha espresso una posizione
di apertura al dialogo».
E in effetti l'arcivescovo Antonio Mattiazzo aveva spiegato nei giorni
scorsi di «rispettare» i gay e di volere «un dialogo
civile, senza scontri e violenze». Ricomposta anche la frattura
annunciata tra «Padovapride» e i no-global, che inizialmente
volevano organizzare una contromanifestazione separata, rischiando di
rubare la scena ai gay, ma che alla fine hanno scelto di sfilare dentro
il corteo principale.
Da soli, invece, hanno marciato i camerati di «Forza Nuova»
e del «Veneto Fronte Skinhead». Un corteo di centinaia di
giovani vestiti di nero e dai capelli rasati, che sventolava simil svastiche
e croci celtiche, e ringhiava al ritmo dei tamburini slogan contro «froci»
e «comunisti». Nel banchetto in piazza, un cartello sintetizzava
lelaborato politico: «Più culle, meno culi».
Nei volantini si leggeva: «Difendi tuo figlio, salvaguarda la
tua famiglia, domani potrebbe essere troppo tardi». Per le strade
i manifesti di «Forza Nuova» mostravano un uomo di colore
che baciava un ragazzo, con la scritta «No ai gay, no alla pornopedofilia».
Sul palco, alla fine sono saliti Roberto Bussinello, leader veronese
di Forza Nuova e difensore di qualche boia nazista, e Roberto Fiore,
leader nazionale di Forza Nuova. Parole pesanti per tutti: dai «bipedi
in marcia» (i no-global) alla «carovana vergognosa di depravati,
marmaglia di pervertiti simili alle bestie»(i gay), alla «perfida
enclave in Vaticano», alle «lobby filogay americane».
Alla fine i mille si sono dispersi, guardati a vista dagli agenti e
dai pochi passanti, a pochi metri dalla basilica di Sant'Antonio, dalla
quale i gay sono stati tenuti ben lontano per non scandalizzare i pellegrini.
Dall'altoparlante, un motivo del gruppo skin «Gli amici del vento»:
«Chi oggi ci disprezza, domani striscerà».
Alessandro Trocino
IL MANIFESTO
09/06
Padova festeggia
il Gay pride
Grande accoglienza del capoluogo veneto alla parade di gay, lesbiche
e trans. Sfilano in 20mila nonostante i boicottaggi del comune
GIANNI ROSSI BARILLI
PADOVA
In mancanza di una vittoria della nazionale di calcio, ieri a Padova
una grande festa c'è stata lo stesso. La manifestazione dell'orgoglio
gay, lesbico e transessuale è infatti riuscita benissimo e ha
portato per le strade almeno ventimila persone nei ranghi del corteo.
Ma ancora più sorprendente di questa cifra, più che ragguardevole
per una città italiana di medie dimensioni, è stata l'accoglienza
riservata all'evento dalla città, soprattutto se si tiene conto
delle polemiche politiche della vigilia. Al posto dell'annunciata tensione
e dei rischi per l'ossessionante sicurezza, lungo le vie attraverso
le quali è passata la parata si è vista tanta voglia di
esprimere aperta simpatia verso le richieste di libertà del movimento
omosessuale, che nonostante la coincidenza linguistica fanno un effetto
ben diverso dalle regole vigenti in quella «casa delle libertà»
dove prima di entrare bisogna lasciare le impronte digitali. Per gran
parte del percorso, il corteo ha sfilato in mezzo a un sacco di gente
che si raccoglieva ai bordi della strada per applaudire. Stando alla
testimonianza di alcuni padovani doc «una cosa del genere non
si era mai vista» ed è segno del fatto che «la città
non si sente rappresentata dalla sua amministrazione». Il comune
di Padova, in effetti, ha fatto del suo meglio per boicottare il Pride,
prima criticando la scelta di organizzarlo a pochi giorni di distanza
dalle celebrazioni annuali per Sant'Antonio (in nome del rispetto verso
la religione cattolica) e poi negando il patrocinio alla manifestazione
e perfino l'agibilità di spazi pubblici per tenere conferenze
e dibattiti. Coerentemente con questa linea di chiusura, la sindaco
Giustina Destro non si è fatta vedere in piazza a fianco di gay,
lesbiche e trans, anche se in mattinata aveva ricevuto una delegazione
degli organizzatori del Pride per auspicare l'apertura di un dialogo
in futuro.
Il dialogo, nel
frattempo, sembrano averlo aperto direttamente i cittadini, che non
si sono lasciati spaventare dagli eventuali pericoli di scontri con
i neofascisti di Forza Nuova e sono scesi in strada anche loro. La realtà,
poi, ha provveduto a spazzare via i timori per l'ordine pubblico. Qualche
centinaio di neofascisti, blindatissimi, hanno fatto il loro corteo
in un'altra parte della città mentre il Pride si svolgeva indisturbato.
L'atmosfera gioiosa e assolutamente pacifica che è una delle
caratteristiche tradizionali di ogni manifestazione dell'orgoglio omosessuale
ha fatto il resto, conquistando all'entusiasmo anche molti semplici
curiosi.
Tutti hanno così
potuto constatare personalmente chi sono veramente gli omosessuali e
i transessuali descritti dai benpensanti di provincia come agenti della
premiata ditta «Satana srl». E si sono magari resi conto
che la media degli spot pubblicitari che passa in tivù in prima
serata contiene perlomeno la stessa quantità di incitamenti alla
lussuria delle mises creative e barocche delle drag queens in ghingheri
per il Pride. Sempre che non si consideri provocatorio, naturalmente,
vedere due uomini o due donne andare in giro appiccicati e teneri come
i fidanzatini di Peynet. Le coppie di questo genere erano davvero tante,
anche se due ragazzi sono riusciti a stracciare ogni concorrenza in
fatto di originalità indossando due magliette «complementari»
che messe vicine componevano la scritta «Vogliamo sposarci».
I colori e le sfumature dell'arcobaleno che non a caso simboleggia il
Pride nel mondo c'erano comunque tutti, per lanciare un formidabile
messaggio visivo di convivenza nella diversità.
Abbigliamenti
stravaganti accanto a tenute dimesse, fahsion victims filiformi vicino
a orsi da campionato di pesi massimi, canzoni degli Abba insieme a Bella
ciao, atei convinti a pochi passi dai gruppi di gay credenti (abbastanza
forti in questo nordest di radici cattoliche), mamme etero di figli
gay e famiglie solidali con bambini. Porte aperte anche agli animali,
cani soprattutto. Un motociclista, volendo esagerare, esibiva addirittura
un cucciolo di pitone, vivo e apparentemente vegeto, intorno al collo.
Questo campionario
di differenze accomunate dalla speranza di poter vivere prima o poi
secondo le proprie inclinazioni al riparo da morali sessuali obbligatorie
ha dato vita a una grande festa popolare senza rinunciare a un grammo
del suo significato politico. Dal momento che il Pride è stato
tanto osteggiato dalle autorità cittadine, lo sforzo organizzativo
delle associazioni gay e lesbiche di tutta Italia, e in particolare
del nordest, è stato imponente, come si è potuto constatare
dall'incredibile quantità di sigle che spiccavano sugli striscioni.
E anche i partiti di sinistra, la Cgil e i giovani alternativi hanno
fatto la loro parte, compensando abbondantemente la mancanza di appoggio
da parte del comune. Alla fine, chissà, sarà stata forse
proprio la sindaco Destro a sentirsi un po' sola.
LIBERAZIONE
10/06/02
Oltre ogni aspettativa
l'adesione alla manifestazione nazionale
Gaypride, trentamila a Padova
Sabrina Deligia
Fallita la contromanifestazione di Forza Nuova
«Orgoglio gay, fiero di essere quel che sei», questo lo
slogan d'apertura del corteo che ieri pomeriggio ha risuonato tra le
vie del centro storico di Padova. Dove oltre ventimila persone, nel
primo pomeriggio, hanno sfilato nella giornata di chiusura del Gaypride.
Un Pride nazionale gay, lesbico, transgender, bisessuale, laico e dichiaratamente
antifascista per rivendicare tutti quei diritti di libertà che
ancor oggi sono negati a una parte cospicua della società. Un
corteo che ha contaminato di emozione tutta la città, per dirla
con il deputato di Rifondazione comunista Nichi Vendola, tanto che a
fine serata i conti delle presenze arriveranno a trentamila.
Il serpentone pacifico, colorato, lunghissimo, festoso, applauditissimo
al passaggio, accompagnato dal suono di clacson, fischietti, musica
e sventolio di bandiere è partito alle 16 da via Scrovegni. In
testa uno striscione con la scritta "Libertà in movimento",
seguito da un gruppo di motociclisti e dalle delegazioni degli organizzatori
e dei gruppi politici che hanno aderito all'iniziativa: i vertici dell'Arcigay
con Alessandro Zan, portavoce del movimento, affiancato dal parlamentare
Ds, Franco Grillini, a seguire il presidente dei deputati Ds alla Camera,
Piero Ruzzante, Nichi Vendola deputato Prc, il presidente dei Radicali,
Daniele Capezzone, accompagnato dall'eurodeputato, Marco Cappato. Tra
le tante e i tanti presenti alla manifestazione, visibili per bandiere
e striscioni, la delegazione della Cgil e i club Arcigay di Reggio Emilia,
Pisa, Brescia, Torino, oltre alle associazioni Sordomuti gay, Agedo-associazione
genitori di omosessuali, Orlando, Associazione per la pace, Crisalide
di Genova e il Movimento italiano transessuali.
All'arrivo in
piazza Insurrezione, il portavoce dell'Arcigay Alessandro Zan ha espresso
soddisfazione per l'accordo raggiunto con i centri sociali del nordest,
che hanno deciso di aderire alla manifestazione, mantenendo solo un
presidio strategico in una zona vicino alla Basilica del Santo. Presidio
programmato in risposta al corteo-comizio, indetto contemporaneamente
al Pride, dell'associazione di estrema destra Forza Nuova dal titolo
"Identità e tradizione, no al gay pride". «Noi
siamo con loro - ha detto Zan in merito all'accordo raggiunto con i
centri sociali - e loro con noi in una battaglia di civiltà contro
la violenza e la campagna di odio che questa gente porta avanti e che
la pone al di fuori della Costituzione». A quanti hanno reagito
con fastidio al Gaypride di Padova, Zan ha risposto: «Oggi dimostriamo
con i numeri che la società sta dalla nostra parte e dalla parte
dei diritti: non certo da quella dell'odio e della discriminazione».
Rispetto alla "distensione" raggiunta in mattinata con il
sindaco forzista di Padova, Giustina Destro, Zan, commentando l'iniziativa
annunciata dal sindaco di un tavolo di lavoro sui problemi degli omosessuali,
ha auspicato «che in un prossimo futuro la volontà manifestata
dal sindaco nel corso dell'incontro possa tradursi in una realtà
concreta». Il corteo si è chiuso con un raduno finale in
centro storico dove si sono incontrati i ragazzi dei centri sociali,
i disobbedienti e i rappresentanti delle numerose associazioni che hanno
dato vita al Padovapride.
Ben diversi i
toni del raduno delle organizzazioni di estrema destra: il corteo -
un centinaio di persone - guidato dal leader di Forza Nuova, Roberto
Fiore, è partito da Prato della Valle, dove è ritornato
dopo un breve percorso circolare transitando anche davanti alla Questura.
«Difendi tuo figlio, salvaguarda la tua famiglia, domani potrebbe
essere tropo tardi: fermiamo l'omosessualità imposta come moda,
ogni forma di perversione e la piaga della pedofilia» questo il
contenuto del documento diffuso da Forza Nuova. Il corteo xenofobo -
autorizzato - ha sfilato all'interno di un cordone ininterrotto di forze
dell'ordine che ha impedito qualsiasi contatto tra le due manifestazioni,
del tutto ignorato dalla città in festa, trascinata fino a tarda
notte dalla forza antifascista dell'orgoglio gay.
IL GAZZETTINO
9
Giugno 2002
MONDO GAY
Barbara, 46 anni, conturbante transessuale, ha fatto "la vita"
per trent'anni, oggi assiste anziani Sfila anche Genny Random fasciata
in una tutina leopardata, è la più acclamata star dei
locali gay
«Anche gli angeli possono essere gay». Lo affermano Marco
e Marco, amici, non amanti, fasciati in costumino aderente con le ali,
nere per uno (più frustino sadomaso) bianche per l'altro. "Rappresentiamo
la lotta tra il bene e il male - dicono - tra angeli buoni e luciferini,
è un messaggio rivolto alla Chiesa". Sfilano tra i flash
dei fotografi i due "angeli gay" e sotto le alucce esibiscono
bicipiti scolpiti e glutei da copertina. Belli, un corpo perfetto da
esibire. Come bella è Barbara, transessuale che viene da Milano
e si è fatta già 31 gay-pride. Miniabito nero che nulla
lascia all'immaginazione, seno provocante, lunga chioma nera, labbra
rosso fuoco, 46 anni che sembrano 25, magìe della chirurgia estetica
e di un lungo percorso liberatorio. «Di giorno ci umiliano - racconta
Barbara - ma di notte ci cercano. Io facevo la vita oggi mi sono ritirata,
assisto anziani in una casa di riposo». Insieme a lei due amiche
trans brasiliane, Riccardo-Angela e Susy Brazil, colorate e appariscenti,
precisano «non abbiamo ancora affrontato l'operazione, siamo donne
con i muscoli».Arrivano da Pisa Federica, 30 anni e Francesca,
28, si baciano appassionatamente. E' un amore iniziato tre anni fa e
questo di Padova è il loro primo "gay-pride", una sorta
di viaggio di nozze. "Vogliamo farci vedere, per dimostrare che
esistiamo e siamo tante - urlano abbracciate - manifestiamo per ottenere
gli stessi diritti degli altri". Prima esperienza di sfilata dell'orgoglio
gay anche per tre giovanissimi di Mestre, Alessio, Gianluca e Daniele,
19 anni, che si sono portati dietro due fans, le amiche-sostenitrici
Martina e Silvia, che non sono lesbiche, ma infondono loro coraggio,
li aiutano ad affermare la loro omosessualità alla luce del sole.
Dalla Colombia, Henry e Herman vestiti da samurai, mastodontici dal
sorriso tenero, accompagnati dal cagnolino mascherato Giordi, sono al
sesto gay-pride. "Vogliamo uscire dal buio - fanno sapere - farci
guardare, dimostrare che non ci sono diversi, siamo tutti uguali".
La roulotte leopardata delle drag-queen è bersagliata dai fotografi,
a bordo di una Volvo station-wagon rosso fuoco, guida la carovana Genny
Random, acclamata primadonna dei locali gay di tutt'Italia. Fasciata
in una tutina leopardo, la sinuosa Genny sorride e si mette in posa
accanto a Loren De Glamour e all'imponente Sheila De Rose, numero di
scarpe 47, chissà la fatica per trovare tacchi a spillo di quella
misura. Sfila anche Marcella Di Folco, mitica leader del Movimento d'Identità
Transessuale. «Chiediamo l'equiparazione dei diritti civili e
umani - spiega la battagliera Marcella - non esistono cittadini di serie
A e di serie B, la società deve capirlo».
Francesca Visentin
IL MATTINO DI PADOVA
9/06
A Padova una
folla impressionante ha partecipato alla sfilata. Gay e lesbiche da
tutta Italia ma anche la sinistra e la Cgil
Orgoglio e diritti: 20 mila in corteo
Un clima gioioso, scongiurati gli incidenti, fischi alla Destro
Zan: «Noi siamo dalla parte della legalità Chi ci minaccia
si pone fuori dal tempo e dalla Costituzione»
di Filippo Tosatto
PADOVA. Ventimila
persone, un corteo impressionante che ha colto di sorpresa gli stessi
organizzatori. Un Pride festoso e variopinto, pacifico e civile: che
rilancia la vocazione «trasversale» del movimento lesbogay.
Capace di calamitare alleanze nell'arcipelago progressista, affogando
in un mare di folla l'aggressività di Forza Nuova e relegando
a comprimari i centri sociali, pure partecipi all'everto. Smacco cocente
per Giustina Destro: sindaco «invisibile» di una città
che ha accolto il Pride con simpatia.
Una lunga giornata per Padova, dove l'orgoglio omosessuale ha messo
in sordina le provocazioni più ostentate per assumere il volto
e il linguaggio dei diritti civili. Palloncini, disco music e balletti
transessuali sul furgoncino imbandierato alla testa del corteo: poi,
la staffetta di motociclisti gay in pelle nera e l'arcobaleno di associazioni
e movimenti provenienti da ogni angolo del Paese. In prima fila i circoli
di omosessuali - Crisalide e Orsi, Orlando e Gioconda - dai nomi fantasiosi
e allusivi. Poi i Comunisti - «Avanti popolo contro il nuovo fascismo»
recita il loro striscione - e Rifondazione, il plotone dei Ds guidato
da Cesare Damiano e i ragazzi della Sinistra giovanile, i socialisti
e i verdi. Bionde transex platinate e leopardate, bandiere gialloverdi
di Legambiente, gruppi e comunità cristiane, delegazioni radicali
e di Amnesty International. Nel bel mezzo, la «schiera dei disobbedienti»
capitanata da Luca Casarini, tenuta d'occhio dai celerini. Visibile
e «pesante» la presenza della Cgil, che sguinzaglia cento
delegati a svolgere il servizio d'ordine.
Da via Scrovegni alla stazione, nel cielo di piombo volteggia un elicottero,
i curiosi gremiscono i marciapiedi. Slogan ritmati - «Lesbo qua,
lesbo là, lesbo tutta la città»; «Giustina,
Giustina, dove sei? Oggi Padova è tutta gay» - echi dell'ultradestra,
proclami bellicosi dei No Global: «Questo è giorno del
Pride» sorride Franco Grillini, parlamentare e presidente onorario
di Arcigay «non è tollerabile il parassitismo politico
di chi cerca di strappare il palcoscenico alla difesa dei nostri diritti».
In corso del Popolo una salva di applausi, dalle finestre dei palazzi
c'è chi lancia fiori: «La risposta della città è
straordinaria» commenta il deputato diessino Piero Ruzzante «oggi
ha vinto la libertà e hanno perso gli assenti. Forza Nuova? Denunceremo
in Parlamento la sua apologia del nazifascismo in spregio alle leggi
in vigore».
Ragazzi mano nella mano, ragazze che si baciano, tante coppie etero,
giovani genitori con i bambini appollaiati sulle spalle. E' un sabato
particolare, dove normalità e trasgressione si mescolano senza
respingersi in un trionfo di piercing e piume di struzzo.
Fino a piazza Insurrezione, tappa conclusiva del Pride. Dove la vistosa
trans Barbara improvvisa una lap dance non proprio patinata, gli amplificatori
scaricano la voce di Madonna («Like a Virgin» o giù
di lì) e miss Pomponia, madrina dell'evento, dà il via
agli interventi dal palco.
Un boato accoglie Alessandro Zan, laureando in ingegneria un po' timido
e dai modi educati, proiettato all'improvviso sotto i riflettori: «Siamo
in tanti, è una festa incredibile, noi siamo dalla parte della
legalità, chi ci minaccia è fuori dal tempo e dalla Costituzione».
Ringrazia i parlamentari presenti - assenti i big, Cofferati ha inviato
un messaggio - e chiede alla platea: «Dov'è il sindaco?
Si faccia vedere, l'avevo invitata sul palco, pensavo che rappresentasse
l'intera comunità».
A seguire, le testimonianze di Mara Siclari - «Sono transessuale,
milito della Cgil ma soprattutto vivo con la mia famiglia» dice
- e di Simonetta Brizzi, dipendente dell'Usl di Verona «discriminata
perché lesbica». Poi, tutti in Fiera: canta Irene Grandi,
c'è il party. Che la festa continui.
IL MATTINO DI
PADOVA
9 GIUGNO
Folla come per
gli alpini
In piazza Petrarca «contatto» con una coppia di sposi
I PADOVANI Partecipazione tra curiosità e sorrisi
di Paolo Vigato
PADOVA. Non proprio
coinvolta, ma massicciamente presente. Padova ha risposto «alla
padovana», com'era naturale, al grande corteo del Gay Pride. Con
partecipazione emotivamente - almeno per quel che si è visto
nei contegni esteriori - piuttosto contenuta, ma «assistendo»
alla parata in massa, senza imbarazzi e anzi con molto interesse, con
malcelata curiosità («ma che differenza c'è fra
travestito e transessuale? cosa vuol dire transgender?»). Alla
variopinta e rumorosa «processione» ha fatto ala una folla
davvero oceanica. Difficile far confronti, ma per riscontrare un afflusso
di gente tanto imponente occorre riandare al maggio del '98, al raduno
degli alpini.
Con «climi» ovviamente assai diversi. Al patriottismo condìto
d'una certa sacralità di quella occasione, effettivamente «nazionale»,
ieri hanno fatto da contraltare atmosfere differenziate e decisamente
laiche, pure licenziose. In parte avvertiti di quanto li aspettava,
in parte colti alla sprovvista durante lo shopping e le «vasche»
del sabato pomeriggio in centro, i padovani e i paesani arrivati dalla
provincia hanno comunque aderito di buon grado alla maxi festa. Una
kermesse che solo sporadicamente li ha convinti a unirsi alla corrente,
mentre in tante migliaia hanno occhieggiato dai marciapiedi, dai portici,
dai bordi delle vie percorse, in tante altre migliaia più prudentemente
dalle finestre. Alle quali non c'erano bandiere o striscioni, ma dalle
quali non sono mancati svariati «dialoghi» a distanza fra
abitanti e manifestanti. Il tutto in una «scena» cittadina
frizzante e leggera, senza tensioni salvo occasionali episodi d'indirizzi
di battute volgari, sempre da lontano e preferibilmente dall'alto di
case irraggiungibili se non da risposte a voce.
Numerosissime invece le espressioni di simpatia, con frequenti applausi
e qualche autentica ovazione (particolare successo ha riscosso il drappello
dei «genitori di omosessuali»). Forte interesse, nella città
di Sant'Antonio, e a pochi giorni dalla sua festa, per i nutriti gruppi
di omosessuali cattolici o cristiani (o magari «credenti»
come nel caso di un'associazione). Un'aura «impegnata» e
complessivamente solidale quanto rilassata ha caratterizzato la partecipazione
dei padovani: la cui disinvoltura è stata fra l'altro testimoniata
dai parecchi che si sono uniti al corteo con il proprio cane. Numerosi
e protetti i disabili.
Il percorso non ha mancato di scoprire le varie «città»
che compongono Padova, con anime lontane pur nel raggio di poche centinaia
di metri. Così, esclusa dal tragitto la Padova storica e monumentale
del centro attorno all'Università e alle piazze, si è
partiti attraversando l'area più interetnica e del confronto
tra culture fra via Scrovegni, la Stazione ferroviaria e corso del Popolo.
Dove però gli stranieri e in particolare i magrebini e gli altri
africani che risiedono fra noi, si sono limitati a guardare e al massimo
a salutare, non venendo coinvolti (con l'eccezione di qualche movimento
di danza abbozzato da nigeriane). Dal corso a piazza Garibaldi e poi
nelle vie Filiberto, Risorgimento e Matteotti, fino a largo Europa,
il Gay Pride ha incontrato la città della «roba»,
dei riti della compravendita, con parecchi negozi peraltro chiusi precauzionalmente
(mentre da quelli aperti hanno volentieri improvvisato mini-parate frotte
di commesse). In piazza Petrarca è avvenuto il felice contatto,
nel segno dello scambio fra «omo» ed «etero»,
con una disinvolta coppia di sposi appena usciti dalle nozze nella chiesa
del Carmine. In piazza Insurrezione, l'eco di manifestazioni e presenze
variamente storiche, dal Duce a Luciano Lama.
IL MATTINO
9 GIUGNO
IN VENTIMILA
AL CORTEO CONCLUSIVO DELLA 5 GIORNI SUI DIRITTI NEGATI
E Padova applaude al Gay Pride
Una festa pacifica e colorata, archiviate le polemiche della vigilia
FELICE PADUANO
Nonostante la presenza dei cortei collaterali organizzati da Forza Nuova,
con in testa il segretario Nazionale Roberto Fiore e dei centri sociali
del Nord-Est, guidati dal leader Luca Casarini, il corteo finale del
PadovaPride 2002, che ieri pomeriggio si è snodato lungo le vie
della città di SantAntonio non ha registrato alcun incidente
e nessuno scontro. La manifestazione è stata una vera festa.
Hanno sfilato, da via degli Scrovegni a piazza Insurrezione, la piazza
storica del Veneto, oltre 20 mila persone. Omosessuali, lesbiche, travestiti,
transessuali e tanti, ma tanti attivisti della Cgil del Veneto e dei
partiti della sinistra. In prima fila anche i parlamentari di Rifondazione
Comunista, Niki Vendola, Piero Ruzzante, dei Ds, il leader nazionale
degli omosessuali, Franco Grillini, leuroparlamentare del gruppo
radicale, Maurizio Turco, Cesare Damiano, lesperto dei problemi
del lavoro della segreteria nazionale dei Ds. In mezzo a loro anche
Aurelio Mancuso, segretario nazionale dellArci-gay.
Mai nella città del Santo si era visto un corteo così
colorato e trasgressivo. Ragazzi che si baciavano, lesbiche a seno nudo,
femminielli in tanga. Un transessuale di Bologna ha sfilato col suo
cane Rotweiller nero, con in testa un grande nastro rosa. Gay anche
il cane? In strada anche Ponponia di Trento, un omone-donnona, nominata
art-director della manifestazione. Su un carro cera anche il mister
gay dItalia, eletto a Bergamo il 13 aprile scorso, il 24enne napoletano
Cristiano Luongo, residente in corso Garibaldi. Folta anche le delegazioni
Arci arrivate dal Sud tra cui quelle Antinoo di Napoli, Siracusa e della
Calabria. Protagonisti della manifestazione anche la musica, in particolare
i tamburi e la tecnomusic sparata ad altissimo volume, e i balli messi
in scena lungo il percorso del corteo. Spettacolari anche gli slogan
scanditi da alcuni manifestanti. Davanti la sede della Cisl gli attivisti
della Cgil, che hanno provveduto anche al servizio dordine, hanno
gridato «Pezzotta, dove sei, lascia Berlusconi e vieni con i gay».
In processione anche una delegazione dellAgedo, lAssociazione
dei Genitori con figli omosessuali. «Il nostro ruolo - ha detto
la presidente Paolo DellOrto, milanese - è fondamentale
per cercare di fare superare alla gente i pregiudizi contro i giovani
omosessuali. Siamo qui anche per fare capire al Governo Berlusconi di
effettuare una politica diversa per tutelare meglio i diritti degli
omesessuali».
Il corteo, che ha mandato in tilt il traffico della città per
oltre 3 ore e che è stato vigilato da 300 agenti di polizia,
predisposti dal Prefetto della città, il napoletano Gianvalerio
Lombardi, è terminato alle ore 18. Dal palco hanno parlato anche
Niki Vendola, Franco Grillini ed Alessandro Zan, lanima organizzativa
del PadovaPride. «Abbiamo vinto ancora una volta noi contro i
pregiudizi sessuali - ha detto Grillini -. La città ci ha accolto
con grande simpatia e con una valanga di applausi. Ci fa piacere che
lo stesso sindaco, Giustina Destro, alla guida di una giunta di centrodestra,
abbia ricevuto questa mattina la nostra delegazione e che quindi sia
stato riaperto il dialogo, dopo gli attriti iniziali avuti con An».
Più politico lintervento di Vendola. «Finalmente
torna la festa come forma della politica, che disinnesca il meccanismo
di conflittualità, che si era creato alla vigilia del Gay-pride».
Dopo il corteo, tutti in piazza ad ascoltare il concerto di Irene Grandi.
IL GAZZETTINO
ON LINE
9 GIUGNO
Domenica, 9 Giugno 2002
Passa il Gay pride e Padova lo applaude
La città ha risposto con curiosità e simpatia alla manifestazione.
Migliaia i padovani lungo il percorso
Passa il gay-pride e Padova applaude. In un momento l'orologio culturale
della città che qualcuno voleva fermo al secolo scorso ci riporta
in perfetto orario sul clima del terzo millennio. La simpatia con la
quale ieri migliaia di persone ferme lungo il percorso della parata
hanno salutato la manifestazione zittisce d'un canto chi voleva una
città bigotta e cieca. Alla fine sono gli stessi manifestanti
i più stupiti e rispondono con fragorosi applausi ad ogni saluto
dalle vetrine, dai balconi, dalle fermate degli autobus. È il
dato più stupefacente, più ancora dei ventimila che ieri
pomeriggio hanno colorato una città che ha scelto di esser per
un giorno "diversa" per essere invece uguale ai diversi e
così accoglierli. Una lezione per tutti interrogare Nuccia, 63
anni, e sentirla dire: «Ognuno è libero di vivere la propria
sessualità» oppure Mariella, 52 anni, che ha un cartello
"Siamo tutti diversi". Insegna italiano e latino in un liceo
cittadino, dice: «Vorrei che i miei studenti accettassero tutti
quest'idea».
D'altro canto anche le barricate politiche che erano state alzate dalla
destra, Forza Nuova, e dagli autonomi dei Centri sociali si sono disciolte.
I primi, poche decine, hanno tenuto il loro contro corteo nei pressi
del Prato della Valle senza incidenti, ribadendo il no verso alcun diritto
ai gay. I secondi, anch'essi qualche decina, hanno accettato l'invito
degli organizzatori di unirsi al Pride ed evitare qualsiasi forma di
violenza. Così la tanto temuta tensione si è sciolta e
la parata è stata quello che doveva essere, una festa colorata,
"benedetta", seppur all'ultimo momento, anche dal sindaco
Giustina Destro che in mattinata aveva incontrato gli organizzatori
del Pride, toccata nell'intimo da un colloquio avuto nei giorni scorsi
con la mamma di un figlio gay. Dopo equivoci e incomprensioni anche
l'amministrazione comunale sembra aver imboccato la strada più
intelligente: «La posizione del Comune è stata strumentalizzata
- ha ribadito il sindaco - compito precipuo dell'amministrazione è
di assicurare a tutti di poter esprimere le proprie posizioni favorendo
in tutti i modi la via del dialogo». Da questo punto di vista
Giustina Destro ha deciso di avviare un gruppo di lavoro per aiutare
le famiglie degli omosessuali a vivere e far vivere ai loro figli una
sofferenza minore sia fra le mura di casa che a livello sociale e scolastico.
Il corteo, partito
alle 16 da via degli Scrovegni, è stato un vero spettacolo di
colori e di suoni. Dai camion con le casse a tutto volume si dimenavano
"drag queen", travestiti e ragazzi con una fisicità
prorompente a manifestare l'orgoglio di essere diversi. Cristiano Luongo,
24 anni, eletto il mese scorso a Bergamo mister gay era su uno dei camion.
Piaceva anche a Marta 22 anni, ferma lungo il percorso. «Ha un
bel sedere» è stato l'asciutto commento. Una colonna sonora
di slogan come "Lesbo qua lesbo là lesbo tutta la città"
ha fatto da cornice ad un serpentone che ha attraversato tutto il centro.
Davanti alla sede delle Cisl il massimo è stato: «Pezzotta
dove sei? Lascia Berlusconi vieni con i gay" che la dice lunga
sul clima. Intanto sfilavano striscioni di tutti i generi, dalle Arcigay
del Friuli, fino a quelle di Calabria e Sicilia e uno con su scritto
"Se son lesbiche fioriranno".
Sul palco in
piazza Insurrezione, davanti ad una piazza gremita, si trovano anche
alcuni esponenti politici. Il deputato Ds Piero Ruzzante, Cesare Damiano
della segreteria nazionale Ds che ha dato l'adesione ufficiale al Pride,
Niki Vendola onorevole di Rifondazione, gli eurodeputati radicali Marco
Cappato e Maurizio Turco, Franco Grillini, presidente onorario Arcigay
che indossa una maglietta con un'impronta digitale e la scritta: Impronta
gay, a quando? alludendo alla legge sugli immigrati e alle discriminazioni
generalizzate. Alessandro Zan, l'organizzatore, lancia un dardo verbale:
«Siamo dalla parte dei diritti, quelli dall'altra parte sono fuori
dal tempo». Poi c'è spazio per le testimonianze. Simonetta
Brizzi, tecnico di laboratorio a Verona, lesbica, allontanata dalle
sue funzioni e Mara Siclari, sindacalista: «Non ho scelto di essere
transessuale come non ho scelto il colore dei miei occhi».
Mauro Giacon
L'ARENA DI VERONA
9 GIUGNO
BRESCIA OGGI
9 GIUGNO
Domenica 9 Giugno
2002
Padova. Allegria, colore e nessuna provocazione alla festa degli omosessuali.
Contromanifestazione degli skinheads
Gay sì, ma senza trasgressioni
Padova . «Libertà in movimento» per ribadire l'orgoglio
di essere gay, lesbiche o transessuali. A Padova ieri si sono date appuntamento
20 mila persone - per gli organizzatori, la metà secondo le stime
delle forze dell'ordine - per chiudere con un corteo il Gaypride targato
2002, segnato da cinque giorni di incontri e dibattiti sul tema dei
diritti civili e sociali. Una manifestazione senza ostentazioni, senza
la marcata volontà di caricare i segni della propria appartenenza
sessuale, ma all'insegna dell'allegria e della forza di chiedere diritti
che non sono per una minoranza ma sono «la cartina di tornasole»
del grado di civiltà di una nazione.
In prima fila, dietro un lungo striscione bianco con la scritta inneggiante
alla libertà che non si ferma mai, alcuni parlamentari italiani
ed europei, e poi via i rappresentanti di tante associazioni, di tanti
gruppi che si richiamano alla libertà sessuale, presente anche
il portavoce de «I fasci italiani del lavoro» Marco Guaraldi,
che ha disapprovato la contromanifestazione di Forza Nuova.
«È l'irruzione della festa nella politica - dice Nichi
Vendola (Prc) - ed è un bel modo di sconfiggere ogni pulsione
di intolleranza».
IL GAZZETTINO
ON LINE
9 GIUù
Domenica, 9 Giugno
2002
Cordone di poliziotti per Forza nuova, i centri sociali aderiscono alla
sfilata. Lunica "tensione": una ragazza con la maglia
della Croazia
Gay Pride, in ventimila al corteo di Padova
Una manifestazione pacifica ha chiuso la cinque giorni degli omosessuali.
Carri carnevaleschi, niente scandali
Padova
NOSTRO INVIATO
Padova sperava
di scendere in piazza per festeggiare l'Italia; si è ritrovata
in strada per applaudire il Gay pride. Tanta gente come non se ne vedeva
da anni lungo le vie della città del Santo. E così nel
giorno in cui (oltre agli azzurri) perdono anche gli estremisti di Forza
Nuova e quelli dei Centri sociali che per carenza di adesioni devono
rinunciare ai fieri propositi di battaglia, gli unici vincitori sono
i diecimila e più omosessuali e gli altrettanti padovani che
hanno manifestato dentro e ai lati del corteo che ha chiuso cinque giorni
di manifestazioni e polemiche.
Polemiche vane,
a vedere quel che è successo ieri. Forza Nuova aveva promesso
di sbarrare la strada al Gay pride con le buone o con le cattive, Luca
Casarini aveva assicurato un pomeriggio caldo: niente di tutto questo.
I neri sono stati abbandonati al loro destino, circondati da un imponente
cordone di polizia e carabinieri; gli autonomi hanno fatto due conti
(e soprattutto si sono contati) preferendo accodarsi come scolaretti
al corteo ufficiale. Sotto scorta hanno fatto un largo giro e si sono
infilati nel serpentone che è partito da via Scrovegni, dalle
parti della Fiera.
Confusi, annegati
in un fiume assolutamente composto sul quale spiccavano alcuni carri
dal sapore carnevalesco. Qualche travestimento "eccessivo",
giusto per rallegrare i partecipanti, ma non tale da scandalizzare le
migliaia di curiosi che hanno affiancato la sfilata. A Carnevale, onestamente,
si vede ben di "peggio". E se l'Italia dovesse vincere il
Mondiale (cosa sulla quale ben pochi ieri scommettevano), in confronto
quella della del Pride farebbe la figura di una manifestazione di scolaretti.
E allora, perché
tante polemiche? Valeva la pena minacciare fuoco e fiamme, da una parte
e dall'altra? Non c'è stata nemmeno la strumentalizzazione politica
sempre in agguato in questi casi. C'era solo qualche deputato dei Ds,
della Margherita e dei Radicali un pugno di bandiere della Sinistra
giovanile, di Rifondazione e della Cgil. Il resto, a parte qualche attempata
drag queen che si agitava sui carri e una geisha che richiamava il Giappone
(e ieri pomeriggio non era proprio il caso...), era una lunga teoria
di giovani, alcuni lievemente effeminati, alcuni palestrati, molte ragazze
mano nella mano: nulla che non si veda ogni giorno nell'indifferenza
generale. Slogan da educandato e poc'altro di scandaloso.
Due ragazzi in
costume con finte ali da angelo bianche e nere attiravano i fotografi:
«Non fai una foto anche alla mia amica lesbica?». «A
parte che non sono lesbica...» replicava nascondendosi la ragazza.
Un caso isolato: la voglia di farsi vedere era tanta, anche da parte
di chi certo non passerebbe inosservato nemmeno a una sfilata del Carnevale
di Rio. Come Barbara, un transessuale che dopo 30 anni di "vita"
sulla strada si è ritirata dalla professione: alta due metri,
con qualche chilo di silicone, due ville e un ricco conto in banca,
svettava fiera in testa al corteo esibendo trucco vistoso e minigonna
ascellare: fa l'assistente volontaria in una casa di riposo nel veronese.
Vogliamo parlarne male? Si può anche fare, ma partendo dal presupposto
che sono maggiori i problemi che Barbara si trova ad affrontare tutti
i giorni, di quelli che lei causa alla società con il suo modo
di essere.
Forse proprio
la "normalità" delle migliaia di persone che hanno
attraversato Padova ha convinto i padovani a trasformarsi da curiosi
in sostenitori: lungo il rettilineo che dalla stazione diventa Corso
del Popolo e Corso Garibaldi c'era molta più gente che in un
arrivo del giro d'Italia, e ben pochi hanno dato segni di disapprovazione,
forse sorpresi dalla "compostezza" dei manifestanti. L'unica
provocazione capace di suscitare malumore è arrivata da una ragazza
sbucata all'improvviso dai giardini dell'Arena: indossava una maglietta
della Croazia. Ma ieri ha vinto anche il Gay pride: onore al merito.
Ario Gervasutti
ILMATTINO DI
PADOVA
9 GIUGNO
Guardateci, siamo
gente normale»
Le storie, gli amori e il look
di gay e lesbiche in corteo
Dal filippino Leonardo alle farfalle dell'Alto Adige Ma le drag queen
sono uno schianto
PADOVA. In tre, sui 30 anni, giacca grigia e cravatta, tipi che più
a posto non si può. Sfilano nel cuore del corteo, e si capisce
che non sono lì per caso. In testa hanno berretti con la visiera:
il primo con la scritta «il tuo impiegato di banca», il
secondo è «il tuo assicuratore», il terzo «il
tuo farmacista». E' il senso di questo, come degli altri, Gay
Pride: siamo gente normale, come voi facciamo lavori normali e siamo
tanti. Ma proprio tanti. I 20 mila a Padova erano solo quelli disposti
a farsi vedere, ma gli altri, quelli che sono rimasti a guardare, nascosti
dietro alla finestra di un'identità posticcia, devono essere
una marea. Quelli che invece ieri dalle finestre penzolavano a corpo
morto, a guardare il corteo, erano i padovani.
Chi con la macchina fotografica, chi col bambino in braccio, chi col
binocolo e chi, le clienti di un parrucchiere, con la tintura colante
dai capelli. E, d'altra parte, quel fiume placido, orgoglioso e soprattutto
allegro, è roba che non si fa dimenticare. Infatti, tutti fotografano,
si fotografano e si fanno fotografare con i personaggi più appariscenti:
Leonardo, 36 anni, è bombardato dai clic. Filippino, capelli
alle spalle e abbagliante con il costume tradizionale di casa sua, ovvero
nudo salvo un paio di passamanerie rosse di traverso sul corpo senza
un pelo. Piume in testa. Un ben di dio pensano le etero, lo stesso pensa
il suo fidanzato Massimo di 36 anni, impiegato statale di Roma: stanno
assieme da 8 anni e 3 mesi, si sono scambiati gli anelli in una cerimonia
tra amici e Massimo ha dovuto assumerlo per via del permesso di soggiorno.
Assunzione fittizia, ma i contributi all'Inps li deve pagare, come le
rate del mutuo che hanno fatto assieme.
«Tieni alta la farfalla» grida lo striscione delle lesbiche
dell'Alto Adige, tante e scatenate, farfalle comprese. Va molto il kilt,
dev'essere il diktat dell'ultimo Pitti omo di Firenze: maglietta bianca,
gonnellino scozzese e anfibi, orecchino e tatoo sono dei must. «Me
lo sono messo in omaggio a Madonna, che è la nostra madrina»
dice Fabrizio, 20 anni, animatore turistico di Asti, arrivato col fidanzato
che lavora in un supermercato, ha 27 anni e si chiama Salomé,
in tema con il costume: veli verde pisello, top luccicante, chiome corvine,
sandali numero 48, sugli occhi una riga di eye liner discreta come un'autostrada.
Ma al lavoro ci vai così? Noooooo, mi metto in giacca. Così
mi vesto per giocoooo! Quelle della farfalla cantano, ballano e si tirano
dietro applausi dai simpatizzanti lungo il percorso, passano quelli
della comunità cristiana di Pinerolo, passa una delizia mulatta
che gronda pearcing, passa un trentenne in maglietta, quanto di più
serio non fosse per il boa di struzzo. Sono tutti divertenti, divertiti
e ironici. Passano, e si fermano, Domenico, 28 anni, calabrese e Germano,
32 anni, sardo: abitano a Genova, il primo ha una catena di negozi di
abbigliamento, il secondo fa le pulizie in ospedale. Torso nudo, cuoio
nero, cerchietti nei capezzoli e collanina-collare a spuntoni: parrebbero
i cugini di spartacus, sono invece i fidanzatini di Peynet. Appiccicati
se ne stanno, bacetti si danno, lievi carezze si fanno. Poi Peynet si
sposta un attimino e partono le lingue e le mani. Che sarà, «siamo
fidanzati da una settimana, è una storia che durerà, abbiamo
gli stessi gusti». E si vede. Quelle della farfalla sono sempre
più ilari, sfila lo striscione «se son lesbiche fioriranno»
e passa Barbara con due amiche. Un metro e 85 più una spanna
di tacchi, gonna scomparsa, capelli fino ai gomiti: ha 46 anni, è
di Milano, già operata, ha cominciato a battere a 16 anni e adesso,
dopo 30 anni, ha smesso. Vive con gli affitti di case che è riuscita
a comperare e se la passa bene, adesso. Con lei Susy-Andrea, 21 anni,
dal Brasile che ha lasciato una carriera sul parquet della pallavolo
e Riccardo-Angela Giada, di Milano: metri di ciglia finte e chilometri
di marciapiede. Loro se la passano meno bene. Marzia, 40 anni, è
architetto, Laura, 49 anni, assistente in casa di riposo, Teresa, 45
anni, dipendente statale: vengono da Brescia, sobrissime, jeans, magliette,
scarpe basse (il look delle gay donne è quanto di più
misurato si possa immaginare). Loro non sventolano farfalle ma non hanno
mancato un Pride. Le drag queen sono richiestissime, tutti vogliono
la foto ricordo e loro non si negano manco a pagarle: Jenny Random è
uno schianto, alta come una betulla e tutta leopardata testa compresa;
Sheila le sta dietro, azzurra nuvolona: un lottatore di greco romana
vestito da fata turchina. Grande. Sorride Valentina, 32 anni, di Ferrara,
che un tempo era uomo: un sobrio vestituccio e capelli biondi. E' psicologa,
lavora in un centro di cura per le nuove dipendenze, si occupa dei gruppi
di auto-aiuto per giocatori d'azzardo: «Di me sanno tutto i miei
colleghi e senza problemi, ma non i pazienti». Le farfalle svolazzano
e vengono intervistate dai 4 redattori in tuta rosa del programma «Good
as you» (acronimo di gay), un canale di Tele + dedicato agli omosessuali:
sono due gay, un trans, una lesbo e stanno girando uno special sul Pride
padovano. «Hai mai usato il dildo?», ti chiedono a bruciapelo.
E tu: gulp, rispondi davanti alla telecamera. Passano quelle di Bologna
(l'Arcilesbica lì ha 600 iscritte) con Barbara, 39 anni, commerciante,
in testa: «Troppa polizia», lamenta. Ma soprattutto ci sono
loro, i migliori: l'angelo bianco e l'angelo nero. «Siamo cani
sciolti», dicono Marco e Marco, l'uno, 40 anni, di Torino, barista,
torso nudo e ali grandi, nere; l'altro, 29 anni, di Milano, impiegato,
short perlati, stivali da moto bianchi e ali grandi, candide. Belli,
ironici. Così conciati, nello sfilare davanti all'edicola di
corso del Popolo, Marco chiede a Marco: «Compri tu Quattroruote?».
Ogni passo qualcuno li ferma e giù scatti: posso? qui in mezzo
a voi? E via. «Lo diresti che sono timido da matti?» butta
lì l'angelo nero. E si fa una risata.
IL MATTINO DI
PADOVA
9 GIUGNO
Tra gli estremisti
con le svastiche
«Dobbiamo reagire,
loro non possono
adottare i bambini»
Simonetta Zanetti
PADOVA. «Un
grosso successo, che non ha nulla da invidiare alla vergognosa parata
omosessuale». Così Paolo Caratossidis, segretario veneto
di Forza Nuova, definisce il «suo» corteo che ha manifestato
contro il Gay Pride. «E questa è anche la risposta a quel
manipolo dei centri sociali che pensava di spaventarci» prosegue
Caratossidis.
«Finalmente la società comincia a svegliarsi e a reagire
alla subcultura omosessuale. Non permetteremo mai che le coppie di fatto
arrivino a godere degli stessi diritti di quelle tradizionali, che ricevano
contributi o che addirittura possano adottare dei bambini: l'Italia
ha bisogno di difendere le sue tradizioni e i padovani hanno dimostrato
di essere al nostro fianco».
Caratossidis è un fiume in piena: «Hanno permesso che una
banda di transessuali depravati insidiasse l'arrivo dei pellegrini a
pochi giorni dalla festa del Santo, macchiando l'onore e la dignità
della città e né la Curia né il clero hanno avuto
il coraggio di prendere posizione, scegliendo la via dell'apertura a
improbabili diritti e lasciando proliferare pericolosi permissivismi
che mettono in discussione il primato dei valori della nostra civiltà».
Ai lati della strada la gente guarda il corteo della destra con preoccupazione.
«C'è da avere la pelle d'oca: sotto questa linea politica
abbiamo già sofferto le pene dell'inferno», dicono Antonio
e Maria. «L'unica consolazione è che è una manifestazione
pacifica, speriamo finisca presto». «E' un insulto che cantino
l'inno di Mameli» aggiunge Marta. «Così come il logo,
che richiama chiaramente la svastica, è un oltraggio alla memoria
storica». Vicino a lei Roberta non crede ai suoi occhi: «Il
fatto che siano tutti ragazzi giovani mi fa pensare che si tratti di
un'intemperanza dovuta all'età: tra loro non vedo casalinghe,
anziani o adulti, quindi ne deduco che in questo corteo non ci sia il
vero polso della società. Certo che fa impressione». «E'
una vergogna» aggiunge Simona. «Sono tutti giovani che chiedono
di essere liberi, di poter fare quello che vogliono, ma di fronte alla
libertà degli altri protestano, insultano i gay, ma chiedete
ai maschietti che sono lì in mezzo se l'idea di due donne che
si baciano fa veramente schifo...».
IL MATTINO DI
PADOVA
9 GIU
«Noi, i
veri duri contro il lassismo»
Gli ultrà di Forza Nuova
sfilano nel silenzio del Prato
Né musica né canti, la gente guarda attonita e impaurita
di Cristina Genesin
PADOVA. Né
musica. Né canti. Silenzio, passano loro, quelli di Forza Nuova.
La gente assiepata ai bordi della strada guarda. Stupita. Attonita.
Sconvolta. Due turisti francesi sussurrano: «Ils sont fascistes».
La nuova gioventù - teste rasate, qualche pezzo di catena che
spunta dalla giacca, magliette nere o con la scritta «militia»
- urla a squarciagola contro il «lassismo dei costumi e la marmaglia
di pervertiti che sfila a meno di un chilometro». E urla sempre
di più «unica avanguardia contro la depravazione omosessuale».
«Il 25 aprile l'abbiamo fatta grossa, ci siam puliti il culo con
la bandiera rossa». Agitano la bandiera: quella giusta con il
tricolore e l'effigie del Duce stampata in mezzo perché, come
cantano i giovani forzanovisti, «Me ne frego di morire sventolando
il tricolore». Prato della Valle, ore 17,30. Il corteo di Forza
Nuova è pronto a marciare. Numeroso. Affollato ogni oltre previsione:
600 militanti per la questura. Un migliaio, garantisce Roberto Fiore
il leader e segretario nazionale del movimento di estrema destra che
guida il lungo serpentone. Accanto a lui facce note: l'avvocato Roberto
Bussinello, ex candidato a sindaco di Verona, un lungo elenco di clienti
illustri (l'ufficiale delle Ss Erich Priebke e l'ex colonnello Amos
Spiazzi coinvolto nell'inchiesta della Rosa dei venti, una condanna
all'ergastolo in primo grado per la strage alla questura di Milano del
'73), Paolo Caratossidis, responsabile regionale di Forza Nuova, il
leader del Fronte Veneto Skinheads Paolo Motta e gli ultras del «Fronte
Opposto». In testa rullano i tamburi per scandire gli slogan dietro
allo striscione «Identità e tradizione» bollato con
la croce celtica. E grida la nuova gioventù, mostrando orgogliosa
il saluto romano: «Non ne possiamo più di questa corruzione,
la gioventù risorge per la tradizione». Il capocorteo armato
di megafono dà il via ai cori. E metro dopo metro il canto si
fa più forte. E più offensivo. «Se la f... non ti
piace, fai la fine di Versace». Si entra nel vivo. Nel tema. Orgoglio
gay? Vergogna nazionale, ribattono i giovani forzanovisti. Sono arrivati
in tanti. Da tutt'Italia. Da Vicenza. Da Verona. Da Velletri. Dal Lazio
e dall'Umbria. Da Varese e da Torino. Massiccia la presenza padovana
e tra loro anche ragazze. Fidanzatissime di giovani nerboruti e tatuati
forzanovisti. Ma convinte militanti. Ammette Silvia, 16 anni, tre amiche
al seguito: «Gli omosessuali? Sono contraria. Non mi sembrano
un bell'esempio per i figli». Tutti gli altri zitti: l'organizzazione
è militare. E dall'alto è arrivato l'ordine: nessuna dichiarazione
ai giornali.
Il corteo è lungo quando s'infila in via Umberto Iº per
raggiungere la questura, la curva dove fare dietro front e tornare in
Prato. Spiega Fiore: «Non vogliamo che l'Italia diventi come i
paesi anglosassoni dove le lobby omosessuali hanno preso in mano il
mondo dei media e dell'educazione». I più giovani hanno
15, 16 anni. La media è sui 20, 25 anni. E poi c'è qualche
volto più attempato. I forzanovisti sventolano i vessilli, bandiere
rosse con la sigla in nero: un'effe e una enne incrociate a formare
una croce uncinata. Stringono al petto gli striscioni senza esprimere
troppa fantasia: «Culattoni paraculati» oppure «L'Italia
ha bisogno di culle non di culi». Tutt'intorno carabinieri in
tenuta anti-sommossa. E tanta polizia. La blindatura è massiccia.
Ogni strada, ogni angolo di piazza, ogni via laterale è presidiata
per impedire, bloccare, evitare contatti tra forzanovisti e centri sociali.
Caratossidis lo aveva promesso alla partenza: «Non accetteremo
provocazioni. Siamo noi i rappresentanti di Padova». Noi, gridano.
E non loro, i «froci». Ma tra froci, transessuali, lesbiche
e immigrati non fa grande differenza.
La nuova gioventù canta: «Fratelli d'Italia... Dell'elmo
di Scipio s'è cinta la testa». Loro sì che l'inno
nazionale l'hanno imparato. Poi tornano gli slogan: «Ce le freghiam
della galera, camicia nera trionferà». Vogliono esprimere
il loro credo: «Dio, patria e famiglia». «Sieg heil»
intonano, il mai dimenticato saluto nazista. Sale la tensione. «Boia
chi molla» ordina il capocorteo. Applausi anche dal gruppo del
«fronte veneto Skinheades». E risposta: «Ca-sa-ri-ni
o-mo-sessua-le». Si ritorna in Prato, per il comizio. Caratossidis
non perdona il vescovo Mattiazzo: «Nemmeno la Curia e il clero
hanno condannato la perversione». Per lui l'omosessualità
«rende l'uomo simile alla bestia». L'avvocato Bussinello
s'entusiasma di fronte ai «meravigliosi camerati». Si richiama
al vento che spira in Europa, a quel 18 per cento conquistato da Le
Pen. L'ultima parola spetta al leader Roberto Fiore: «Dopo Roma
e Verona, ora siamo a Padova per impedire che le nostre sacre città
siano violate». Il popolo in nero applaude. La «festa»
è finita.