ALLA
CAMERA 3 PDL PER DIRITTI DI TRANSESSUALI E TRANSGENDER
PER ADEGUARE IL NOME A LORO IDENTITA' PSICO-FISICA E ASPETTO
(ANSA) - ROMA, 16 LUG -
Tre
proposte di legge di Rifondazione comunista per un unico diritto: quello
di rendere possibile il cambiamento del nome per le persone transgender
o transessuali, in modo da adeguarlo alla loro identita' psico-fisica
ed al loro aspetto esteriore. Le tre proposte, sottoscritte da numerosi
deputati della sinistra ''pochi del centrodestra - osserva la promotrice
Titti De Simone durante la presentazione, oggi alla Camera'', rientrano
nell'ambito della campagna per ''l'estensione dei diritti della cittadinanza
nella nuova Europa'' intrapresa dal Prc.
''Le norme proposte - afferma De Simone, annunciandone la prossima calendarizzazione
- sono necessarie per superare l'arroccamento ideologico che si e' determinato
nel nostro ordinamento giuridico. L'Italia, infatti, e' rimasta fanalino
di coda rispetto ad altri paesi europei come ad esempio la Germania
e la Gran Bretagna''. Alla conferenza stampa hanno partecipato anche
i due giuristi (avv. Coco e Stefano Fabemi) che hanno contribuito alla
stesura delle proposte, Dario Rivolta (Fi), uno dei pochi deputati che
ha aderito a una delle tre proposte, e numerose rappresentanti di associazioni
transessuali.
''E' un atto dovuto - ha spiegato Rivolta nel suo intervento - mi chiedo
come mai non sia ancora stato fatto. E' solo un dovere di adeguamento
a una difformita' tra l'identita' psicofisica e l'aspetto esteriore
da un lato ed il nome dall'altro''. La proposta cui ha aderito il deputato
azzurro punta alla ''piccola soluzione'', appunto la possibilita' per
la
persona transgender o transessuale di adeguare il nome al suo stato
anche nella fase di transizione. La legge sul cambiamento del nome,
spiega l'avv. Coco, prevista in passato solo se il cognome era ''ridicolo
o vergognoso'' ha subito attraverso pseudo-riforme delle norme sullo
stato civile, i diritti e le liberta' ulteriori peggioramenti. ''Mi
riferisco - spiega - a un decreto del presidente della Repubblica del
2000 che di fatto ha ristretto l'ambito applicativo dei presupposti
dell'autorizzazione ai cambiamenti del nome. Un decreto evidentemente
in contrasto con quanto sancito dall'articolo 22 della Costituzione
sul diritto al nome che dovrebbe riassumere in se' tutte le sue possibili
forme di manifestazione e applicazione''. Un'altra norma che e' fonte
di discriminazioni sociali e un ostacolo nell'accesso al lavoro e' dovuto
proprio al fatto di non poter avviare le procedure se prima non si e'
fatto un intervento chirurgico in grado di attestare le nuove generalita'
del soggetto richiedente.
Sono anche intervenute alla presentazione delle proposte alcune rappresentanti
di associazioni transessuali che hanno denunciato coralmente le avversita'
incontrate nella vita quotidiana dai transgender a cominciare dalla
esibizione dei documenti di riconoscimento, ai versamenti e le riscossioni
in banca, dal pagamento con la carta di credito, al mobbing nei posti
di lavoro, per non parlare poi del fatto che molti rinunciano anche
di andare a votare. Tutte definiscono l'assenza di una normativa adeguata
una ''violazione dei diritti e di privacy'' nel momento in cui sono
costretti a identificarsi.
''La nostra richiesta - dice per tutte Marcella Di Folco dell'associazione
Mit transgender - dopo tanti anni di battaglie e' un diritto dovuto.
Spesso poi si hanno dei problemi a sottoporsi ad interventi chirurgici
per cambiare sesso. Il nostro - conclude - e' un problema di identita'
che coinvolge tra le 20 e le 30mila persone tra italiani e stranieri.
E va rispettato e riconosciuto''.(ANSA).
16-LUG-03 18:21 NNNN
LIBERAZIONE
DEL 17/07/03
Documenti
non rispondenti all'identità psico-fisica. Tre leggi per il no
alle discriminazioni
Trans, diritto di cambiare nome e cognome
Negato
a 30mila italiani il diritto alla privacy. Ed è solo uno dei
tanti problemi che vivono ogni giorno transessuali e transgender a causa
di un nome che non corrisponde al loro aspetto esteriore. Gravi infatti
le conseguenze sul lavoro. Troppi i casi di donne esaltate nel colloquio
di assunzione e poi cacciate al momento dei documenti. «Un'amica
- spiega Lielia Deianis di Arci Trans - conosceva sei lingue. Al negozio
di articoli religiosi vicino il Vaticano erano felici di averla come
commessa ma quando ha tirato fuori la carta d'identità, l'impiego
è sfumato». E quando il lavoro c'è, arriva la piaga
mobbing. Gesti quotidiani come pagare al supermercato col bancomat,
firmare un assegno, effettuare un check in all'aeroporto, significa
mettere in piazza la propria intimità. Altro che privacy. Discriminazioni
che il pacchetto di tre leggi presentate da Rifondazione comunista vuole
eliminare consentendo, in primo luogo, il cambiamento del nome tutte
le volte che la persona «sente di non appartenere al sesso indicato
nel suo atto di nascita».
«Si tratta - spiega Titti De Simone, prima firmataria della proposta
sulle norme in materia di adeguamento del nome all'identità psico-fisica
della persona - del riconoscimento di un pieno diritto di cittadinanza».
«L'Italia - aggiunge - si conferma in ritardo rispetto all'Europa».
Proposta così la cosiddetta «piccola soluzione»,
già adottata in Germania. Riconoscere ls facoltà a chi
vuole un altro nome di ottenerlo anche se non è stato sottoposto
a operazione per il cambio di sesso. Sono molti i trangender che dopo
aver avviato, con terapie ormonali, la modificazione dei caratteri sessuali
secondari, conquistano l'equilibrio psico-fisico e rinunciano all'operazione.
Oggi però la legge consente il cambio di nome solo a intervento
avvenuto o in caso di cognome «ridicolo o vergognoso». Importante
la firma in calce alla proposta del deputato forzista Dario Rivolta
per il quale la legge «è un atto dovuto». «Questa
legge - spiega Gigliola Toniollo di Cgil ufficio nuovi diritti - serve
a costruire uno stato più civile». Annunciano raccolte
di firme le associazioni. Mirella Izzo di Crisalide Azione Trans è
pronta ad adire la Corte europea dei diritti dell'uomo mentre Marcella
Di Folco (Movimento Identità Transessuale) chiede che «la
Casa delle libertà dimostri qual è la libertà di
cui parla».
Graziarosa
Villani