RASSEGNA STAMPA

Gennaio 2005

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18/01/2005 - La Repubblica - GABRIELE ROMAGNOLI
L´eredità di Ahmad
...Rientrò in patria e chiese al padre i soldi per cambiare sesso. Il genitore non reagì bene: urlò, rifiutò, lo cacciò. Forse anche per questo, di lì a poco morì...Interpellati, i teologi islamici hanno risposto con imbarazzo che il Corano non prevede transessuali e bisogna valutare secondo "ovvi indizi", che preferiscono comunque non vedere...


La morale, alla fine, è che quando un giudice saudita dà ragione a una donna, dà comunque ragione a un uomo. All´inizio c´è la storia di un ragazzo che viene chiamato "Ahmad" e sta facendo discutere (per quanto è lecito farlo) l´intero Paese. Coinvolge la libertà, il Corano e, ovviamente, quel demone corruttore chiamato America. "Ahmad" nacque da una ricca e numerosa famiglia di Gedda. Così ricca da potersi permettere di mandarlo a studiare negli Stati Uniti. In un mondo libero anche lui si sentì libero, perfino di essere quel che voleva: una donna. Rientrò in patria e chiese al padre i soldi per cambiare sesso. Il genitore non reagì bene: urlò, rifiutò, lo cacciò. Forse anche per questo, di lì a poco morì. "Ahmad" ricevette l´eredità in America. Come previsto dalla legge islamica, era il doppio di quella delle sorelle. Ne investì una parte nell´operazione che sognava. Come donna trovò lavoro in una società di computer. Dopo l´11 settembre non si sentì più a suo agio e decise di tornare in patria. Poiché la famiglia aspettava un uomo, si tagliò i capelli, levò il trucco, fasciò il seno. Non resistè a lungo e rivelò la sua nuova, autentica identità. Non è chiaro se potè più il disonore o il tornaconto, ma le sorelle gli fecero causa, chiedendo la ripartizione di metà della sua quota. Un giudice di Jedda ha dato loro torto: conta quel che l´erede era al momento del trapasso. Interpellati, i teologi islamici hanno risposto con imbarazzo che il Corano non prevede transessuali e bisogna valutare secondo "ovvi indizi", che preferiscono comunque non vedere.

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16/01/2005 - L'Adige - RENZO M. GROSSELLI
«Io, Stefany dal cuore guasto»
Il libro, trentino, di un transessuale brasiliano - «Da voi sono stata bene ma è stato anche un inferno»

«Tanti e tanti momenti sono stati bellissimi. Sulla strada ci sono state delle notti meravigliose. Anche venti uomini... Io non consiglio a nessuna di fare la prostituta... ma ci sono delle notti che torni a casa che ti senti una principessa, piena d´amore. E di soldi». Lei era Stefano, oggi è Stefany e a Trento ha dato alle stampe un libro di poesie. Un bel libro, delle belle poesie.

Ma come ti racconto io Stefany Pereira De Lima? Come ti racconto io ai trentini? Come racconto la tua scelta transessuale, i tuoi anni di prostituzione, fin dentro l´anima, anche a Trento la prostituzione e l´amore. Come ti racconto io, oggi al telefono da S. Paolo, con la tua voce assolutamente sensuale, il tuo limpido parlare italiano con quelle scivolate brasiliane che impreziosiscono i suoni? Io ti racconto, Stefany, con le tue parole, anche quelle delle tue poesie e del tuo libro.

«La mia famiglia era povera, non poverissima, io ero l´unico figlio. Mio padre era molto autoritario e fu alla fine espulso dall´esercito, lui era un militare, perché aggredì un superiore». Ma tu amavi tuo padre Stefany, in quel bambino che eri la figura sua scavò a fondo, vero? «Ciò che ammiro in mio padre è il suo senso dell´ordine ma anche l´amore per lo studio che aveva e che ha saputo trasmettermi. Ma il resto no, non lo amavo e non lo amo, lui era violento con mia madre e anche con me. E mi rovinò anche la carriera di ballerino». Lui ha raschiato a fondo nella tua anima, Stefany. «Sì, magari è anche per questo che sono transessuale. A volte io non sono contenta di essere così. Ho dato tanto amore, a molti ragazzi e alla fine ne ho ricevuto molto poco, molto meno».

«Nessuna chirurgia,

non l´ho voluta»

Tu hai fatto la scelta della prostituzione ad un certo punto della tua vita. Oggi hai 41 anni, quando? «Ho 16 anni di prostituzione alle spalle. Il primo anno avevo fatto la ballerina in discoteca, a Verona. In Italia arrivai nel 1990, all´epoca dei mondiali. Poi ne avrei seguiti quattro di campionati mondiali di calcio in Italia». Brasiliana Stefany, quindi o futebol. «Avevo 26 anni».

Ti facesti operare Stefany, per cambiare anche fisicamente di sesso? «No, io non riesco ad accettare l´operazione. Io ho lavorato e continuo a farlo per i miglioramenti estetici, li ho fatti tutti. L´operazione per il cambio del sesso invece, penso, non ti fa diventare più donna, ti peggiora la vita invece. Se uno riesce a provare un normale piacere sessuale, con l´operazione è devastato. È una vera e propria castrazione».

Perché prostituirsi? «Quando si fa la scelta, molte porte si chiudono. Ma se una non è portata a lavorare come parrucchiera o altri lavori tipicamente femminili rischia di essere esclusa. Poi, col tempo, la prostituzione diventa un vizietto anche. Quando si è giovani il sesso si fa più volentieri, tutto va bene. Poi si cresce e allora non tutto va bene».

Non sempre, Stefany, io capisco. Ma dimmi. Dimmi, se vuoi, quando hai avvertito che non eri uomo, che eri femmina. «In pubertà ho avuto problemi endocrinologi, malfunzionamento ghiandolare. Mi sono cresciuti i seni e arrotondate le forme del viso. Qualche tendenza c´era già in me ma a 18 anni avevo ancora l´aspetto di un ragazzo bello, carino. Allora ho iniziato con gli ormoni femminili, a San Paolo, la mia città. Al tempo dell´università facevo concorsi di "trasformisti", cioè di quegli uomini che si vestono da donna. E li vincevo regolarmente. Così ad un certo punto mi sono chiesta perché non diventare donna. Senza toccare la parte genitale però, non volevo castrazioni». Ancora io non ho capito a fondo la scelta della prostituzione. «All´inizio è come un gioco, per coprire qualche spesa. Poi ho deciso che sarebbe stata la mia professione. Mi è costato tanto. Sono una donna che ha studiato tanto, che ha frequentato vari corsi. Ho studiato all´Università di S. Paolo e poi anche a quella di Trento. Mi pesava molto abbandonare l´università per prostituirmi. Vedi, lunedì io inizierò un corso di 42 ore sulla storia del cinema».

Stefany, nel tuo parlare, nel tuo scrivere, si capisce che la prostituzione per te non si è mai completamente disgiunta dalla ricerca del piacere. «Tanti e tanti momenti sono stati bellissimi. Sulla strada ci sono state delle notti meravigliose, anche venti uomini... io non consiglio a nessuna di fare la prostituta... ma ci sono delle notti che torni a casa e ti senti una principessa. Piena d´amore. E di soldi. Altre notti che ti straziano: io ho fatto tanti aborti, spaccato tante macchine, fatto mettere gente in galera. Ho picchiato e sono stata picchiata».

«Anche con cinque,

bellissimo»

Stefany, ora non fai più la prostituta? «Non sono più sulla strada ma a volte, se potessi, lo rifarei. Penso a certe volte, fare sesso anche con cinque uomini, bellissimo». Da quanto non ti prostituisci più? «Da due mesi e penso che non lo farò mai più. Intanto voglio scrivere un altro libro e poi non fa più parte di me».

Transessuale, Stefany, sei un maschio che è diventato una femmina? È solo questo? «Io non ho la testa di una donna, io non penso come una donna. La mia è stata una bella infanzia, pura, piena di giochi e incantesimi. E sono stata molta vicina alle bambine, mi sono creata questo amore per le ragazze, fino ai 25 anni. A questo punto, a 25 anni, non so perché, ho incominciato a vedere il lato negativo delle donne. Io ho l´aggressività del maschio, io per la strada potevo essere dura con loro, se mi disturbavano. Ma nel parlare e confrontarmi, nel cuore io ho tanto di una donna. Io piango per amore, soffro tanto per amore, mi faccio umiliare per amore. Nell´atto sessuale? Non sono solo femmina. Il sesso è un gioco ed io faccio di tutto, sono attiva e passiva».

Trento è stata una città importante per te, Stefany. «Nel 1998 ho avuto un brutto incidente a Verona. Ho perduto soldi, macchina, sono stata in convalescenza un anno. E partii per il Brasile. Al ritorno conobbi un ragazzo trentino, di famiglia bene. Era diverso dagli altri, l´uomo che ogni ragazza sogna. Lo conobbi in qualità di cliente. Lo invitai a teatro, per vedere un balletto. Volevo già andare via da Verona e lui mi portò a Trento. Non c´ero mai stata, pur conoscendo 43 città italiane. Sono venuta a vivere a Trento. Un anno ho frequentato anche la Facoltà di Sociologia. Ma mi sono venute le frustrazioni, vivevo in piccolo appartamento ed un giorno spaccai tutto, presi su e andai in Spagna. Lo lasciai». E poi? «Rientrai a Trento e vi rimasi ancora per quattro anni: negli alberghi, senza un soldo, una vita di studente e di prostituta. Ho vissuto tante cose... ed è nato il libro».

«Trento aiuta,

c´è il silenzio»

Il libro di Stefany Pereira De Lima è «Giorno e Notte», Arca Edizioni, 9.50 euro. «È frutto di sofferenza e di sogni, mi è costato tanto scriverlo». In quel libro non c´è la puttana. C´è la bambina. Ride. «Penso ci sia di più il bambino, che rimane bambino ma va oltre l´infanzia. Questo libricino modesto... sono stata influenzata da Gabriella Belli che impartiva lezioni di arte contemporanea al Palazzo delle Albere. Ecco perché, accanto alle poesie e alla prosa, quei quadri. Ho preso i quadri, la mia vita, ed ho buttato fuori tutto».

Trento, Stefany. E qui è una sinfonia. «Trento aiuta. La sera c´è silenzio, ci sono le montagne, la gente la incontri per le strade e la conosci tutta. Trento è una città storica. Anche se la gente è strana e a volte non sa dare valore alla propria città. Poi la mia sofferenza, lasciata da questo ragazzo, da un albergo all´altro. Lo scrivere, era la prima volta. Il primo brano, in verità, aveva vinto un premio a S. Paolo, ai miei tempi di liceo. Ma poi avevo lasciato perdere. E in quegli anni a Trento è stato anche l´inferno per me. Anche se c´è tanta gente che mi vuole bene lì. Il libro? Voglia di parlare, timore di non essere capita. L´autore è insicuro, vede le cose con sincerità, parla con verità. Ma si nasconde perché ha paura. La preoccupazione è per il lettore: mi spiacerebbe non afferrasse la mia sensibilità». Ci sono le tue foto. «Ci metto anche tanto narcisismo, mi piace vedermi bella in fotografia». Stefany, saprai ancora dormire da sola? «Ho paura, ho paura sai. Ha volte sento che ho il cuore guasto. E sento di non avere più fiducia in nessuno. Più che paura di dormire da sola, ho paura di svegliarmi da sola».

Stefany Pereira De Lima, Trento ti saluta. Saluta te e il tuo grande Paese e la sua umanità complessa. E grande, però.

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