RASSEGNA STAMPA

novembre 2005
23 novembre 2005


01/11/2005 - Il Tirreno - Sandra Alvino
Anche i transessuali hanno diritto a un lavoro
....cambiare sesso non è come cambiare abito, è una scelta che si deve sentire nel profondo dell'anima....

Anche se grazie alla Regione è stato inaugurato all'Asl di Firenze un centro per chi soffre di disturbi di identità di genere e per aiutarli durante il difficile percorso del cambio di sesso, come presidente dell'Associazione Italiana Transessuali ritengo che tutto questo sia un passo in avanti ma non basti.

Anche alla luce dell'esperienza che ho vissuto in prima persona, sia sul mio corpo che nella mia anima, so che questi passi sono estremamenti difficili, che questi percorsi sono duri e che non è facile affrontali: cambiare sesso non è come cambiare abito, è una scelta che si deve sentire nel profondo dell'anima. Per questo ho deciso di aiutare chi come me ha dovuto subire dolore e difficoltà, per non dire emarginazione e violenza in questo difficile percorso, e ho già avuto la soddisfazione di vedere che grazie al lavoro dei medici, ma anche il mio, ci sono persone che sono riuscite a completare in modo credo più corretto di altre questa trasformazione del proprio corpo. Ma questo, purtroppo non può bastare. Bisogna che si riesca tutti a fare un passo avanti, ad andare oltre la paura del diverso che ancora hanno in tanti. E mi riferisco al fatto che chi ha cambiato sesso si possa inserire anche nel lavoro. So benissimo che quello del lavoro è un problema difficile per tantissime persone, ma per chi ha cambiato sesso, per il trans lo è ancora di più. E' più difficile essere accettati, e non solo dai datori di lavoro. Ma è proprio attraverso il lavoro che anche noi possiamo sentirci pienamente realizzate. Come persone, e non più solo come trans.

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02/11/2005 - Gay.it - Carmine Urciuoli
Transessuali fai da te? No grazie!
. I pericoli delle transizioni 'autoprescritte'. Le discriminazioni della Chiesa. I problemi delle persone trans al Sud. Intervista a Mirella Izzo, presidente di Crisalide Azione Trans.


NAPOLI - Mirella Izzo è la presidente nazionale di Crisalide Azione Trans una delle associazioni più attive in Italia per la tutela delle persone transgender e transessuali.

Mirella, attraverso il web è possibile in maniera più o meno lecita acquistare ormoni e farmaci per una transizione fai da te. Quali sono i pericoli in questa libertà?

Quello che dici rientra nella problematica del "diritto all'autodeterminazione" che le associazioni transgender rivendicano per il proprio percorso di transizione. E che è praticamente negata in tutto il mondo (essendo la condizione transgender considerata ancora patologica con il nome di Disturbo dell'Identità di Genere nel manuale psichiatrico americano). Tutto questo determina fraintendimenti all'interno dell'ambiente trans. Una cosa è chiedere che la nostra condizione sia "depsichiatrizzata", altra cosa che l'autodeterminazione comprenda l'autoprescrizione di farmaci importanti.

"Farmaci importanti" in che senso?

Senza voler spaventare nessuno e nessuna è bene che si sappia che gli studi sugli estrogeni, gli ormoni femminili che assumono le trans da "maschio a femmina" (o MtF) presentano rischi di effetti collaterali anche molto seri. Il Testosterone usato dai transessuali da femmina a maschio (o FtM) e l'antiandrogeno più utilizzato in Italia per le trans, il Ciproterone Acetato, presentano possibili effetti cancerogeni sul fegato. Occorre fare attenzione anche agli estrogeni. In persone predisposte, essi possono determinare flebiti, trombosi, ischemie ed embolie polmonari o cerebrali spesso fatali. Questi studi sono stati effettuati sulla terapia ormonale sostitutiva in donne in menopausa a cui sono somministrati dosaggi molto inferiori a quelli necessari alla transizione. Si può quindi capire bene quanto sia pericolosa l'autoprescrizione via internet.

Questi dati sono a dir poco terrificanti. Di fronte a questi pericoli bisogna addio agli ormoni?

No, affatto. Io affermo con chiarezza la realtà di questi problemi pur correndo il rischio di sembrare "allarmista" in quanto, in realtà - se seguiti da endocrinologi competenti e dopo un profondo screening personale riguardante le proprie condizioni di partenza e eventuali rischi genetici - quasi sempre è possibile trovare una soluzione che consenta la somministrazione controllata di estrogeni. I dosaggi, il tipo di estrogeno (esistono varie molecole con rischi diversi), la modalità di somministrazione (orale o transdermica) possono variare di molto il "rischio" per la propria salute. Questa valutazione è l'unica che davvero noi transgender non dobbiamo fare da sole e da soli, basandoci sul "sentito dire", sul "passaparola", sui "miracoli" di cambiamento di un farmaco piuttosto che un altro.

Io però non capisco, se ci sono tutti questi rischi quali sono i motivi reali che indurrebbero una persona transgender ad autoprescriversi dei farmaci così pericolosi?

Uno dei problemi che spinge molte persone transgender all'autoterapia è dovuto al fatto che i Centri Italiani che seguono le persone transgender e che sono quasi tutti iscritti all'ONIG (Osservatorio Nazionale sull'Identità di Genere), organizzazione composta da medici e anche da qualche ass.ne trans, si rifiutano di adottare gli "ultimi standard di cura" dell'Harry Benjamin Foundation, associazione che "detta" al mondo le evoluzioni sulla cura delle persone transgender. Questi standard di cura prevedono che la persona transgender, prima di poter accedere alla terapia ormonale sia sottoposta ad una (o più) visita psichiatrica che ESCLUDA la presenza di patologie come schizofrenia, personalità multipla, Disturbo Border Line della Personalità, che possano mettere in dubbio la reale volontà della persona ma considerano facoltativo il ricorso alla psicoterapia. I Centri Onig italiani invece obbligano purtroppo le persone trans anche ad un percorso psicoterapeutico di durata variabile, a giudizio insindacabile del/della psicoterapeuta: il che ritarda talvolta anche di anni l'ok alla terapia ormonale per adeguare il proprio corpo alla propria identità. Per quanto ci riguarda la psicoterapia obbligatoria è un abuso e, a pensarci bene, il termine psicoterapia è incompatibile con l'obbligatorio.
L'obiettivo che Crisalide si pone, rispetto a quanto mi hai chiesto, è triplice. Critica nei confronti degli standard di cura italiani che rallentano troppo l'accesso alla terapia ormonale, combattere ogni forma di autoterapia e depsichiatrizzazione del transessualismo a favore di un diverso inquadramento nosografico.

A Genova però avete adottato una soluzione molto più veloce.

Si, per quanto ci è stato possibile, all'istituto DISEM (Dipartimento Scienze Endocrinologiche e del Metabolismo) dell'Università di Genova, Crisalide ha concordato un "protocollo" molto più agile di quello Onig. Una volta che lo psichiatra ESCLUDA che la persona possa "non essere capace di intendere e di volere" e che mostri il bisogno della transizione, l'endocrinologo può iniziare uno screening (anche questo concordato) di esami che valutino lo stato di base di rischio della persona e successivamente la terapia ormonale adeguata. In questo caso la psicoterapia è solamente un "supporto" che viene attivato a richiesta della persona, qualora abbia dubbi, o incontri difficoltà nella gestione della propria transizione, del proprio coming out, ecc. Il percorso fra la decisione di rivolgersi alla struttura medica e l'accesso alla terapia ormonale è quindi abbreviato e di molto pur restando dentro i canoni dei protocolli USA. Insomma siamo un passo più vicini all'autodeterminazione.

Quale è il tuo parere personale sull'autoterapia? Non esprime comunque un bisogno di libertà?

Il mio parere è contro l'autoterapia ma contemporaneamente vedo negli infiniti "gioghi" sotto cui devono spesso passare le persone transgender per accedere ad una terapia ormonale controllata, uno dei fattori che fa aumentare l'appetibilità dell'autoterapia. Paradossalmente l'eccesso di salvaguardia sulla testa della persona e delle sue volontà, determina l'allontanamento di una parte di trans dalle strutture italiane.

Cambiamo un po' argomento. Come vive un/una transgender al Sud?

La vita transgender al Sud è sintetizzabile in una parola: emigrazione. Ma non è una regola che si può applicare al 100%: vi sono persone transessuali che vivono tranquillamente in Calabria, Sicilia, Puglie, Campania ecc. Sono soprattutto le trans MtF che fanno la scelta dell'emigrazione verso il nord. Ed i problemi sono i soliti: la reazione della famiglia, la mancanza di strutture mediche capaci di seguire le persone trans e ultimo ma per niente ultimo, l'impossibilità di trovare lavoro. La città verso cui si emigra di più in Italia per le trans è forse Milano, seguita da Bologna, Torino ed anche Roma. E non è un caso che queste città siano di norma le più laiche o, come nel caso di Milano, le più culturalmente abituate a guardare "il lavoro" e non "chi lo fa". Città abituate alle immigrazioni antiche dal sud e che hanno saputo assorbirle, sono leggermente più disponibili a guardare non la trans, ma la qualità del suo lavoro.

Quindi il vero problema è il lavoro. Per il resto una persona trans al Nord riesce ad integrarsi meglio rispetto al Sud?

Non ne faccio ovviamente una questione di razza, ci mancherebbe. In realtà la stessa situazione di molte trans al Sud è identica a quella che vivono le trans che abitano in provincia anche nel nord più estremo. Queste sono di norma problematiche presenti ovunque ma evidentemente al Sud sono di intensità maggiore anche perché qui non si riesce a creare una realtà associativa che possa essere vissuta come un punto di riferimento, di tutela.
Non dimentichiamo che l'emigrazione è indotta anche da altri motivi. Talvolta è per prima la persona trans che vuole tagliare con il proprio passato e con chiunque l'abbia conosciuta nella vecchia identità. Molte trans quindi cercano quello che in gergo chiamiamo "stealth mode", proprio come l'aereo americano invisibile ai radar, rendere il proprio passato invisibile.
Una differenza significativa fra transgender e transessuale non è tanto quella del "non operata" o "operata" ma quella del "voler essere visibile e rivendicare la propria condizione" e il "voler essere invisibile e diventare donna fra le donne, nascondendo il 'piccolo grande' segreto del proprio passato".

Certo è una vita dura. Capita però che qualche volta le persone transessuali riescano ad integrarsi anche nel piccolo centro di origine.

Questo accade quando la piccola comunità locale reagisce bene (di solito mossa a pietà) alla realtà di quel bambino che tutti vedevano voler essere bambina, e diventa protettiva, addirittura supportiva. Ricordo in provincia di Alessandria una ragazza transgender regolarmente fidanzata che mi raccontava come la comunità della sua cittadina l'avesse aiutata al punto da trovarle un lavoro come operaia in una fabbrica di proprietà di un appartenente stesso alla comunità. Tranne eccezioni come questa che andrebbero capite e studiate per far sì che si estendano, chi vive in provincia ha problemi più grandi di chi vive in città. Per ora si tratta ancora di eccezioni rispetto alla norma, piccole linee di tendenza rispetto ad un ostracismo diffusissimo ovunque verso la persona transessuale che cerca lavoro (in particolare verso trans da uomo a donna). Nelle piccole comunità del sud o del nord, conta come reagisce la famiglia e spesso la famiglia reagisce in un modo o nell'altro a seconda di come il prete locale accoglie la novità. Non è un certamente una casualità che nel caso che ho citato prima, avvenuto nell'alessandrino, il primo ad essere stato supportivo fosse proprio il parroco della comunità, in barba alle reprimende vaticane (e forse anche in tempi in cui queste reprimende non erano ancora state messe su carta).

Quindi se è il prete da l'ok la comunità e la famiglia accetta la persona transessuale. Pare di capire che anche nel capitolo transessualismo la religione ha l'ultima parola nel nostro Stato. Ma quale differenza c'è tra l'odio contro gay e lesbiche (omofobia) e l'odio contro le persone transessuali (transfobia)?

Transfobia e Omofobia, pur avendo un discendente comune si differenziano come fenomeni, altrimenti non avremmo paesi come l'Iran che condanna a morte gli omosessuali, anche minorenni ma è la capitale mediorientale degli interventi di cambio di sesso. L'Iran è quindi uno stato religioso omofobo ma non transfobico (anche se la transfobia è diffusissima fra la popolazione). La Chiesa Cattolica invece ha toni accentuati di tipo transfobico. Per la Chiesa Cattolica infatti l'omosessuale non è messo in discussione in quanto persona ma lo è la pratica omosessuale (che è già un concetto aberrante). La persona transgender invece è considerata di per sé una malata psichiatrica tanto da essere esclusa - a prescindere dai suoi comportamenti - dalla vita della Chiesa in assoluto. Questo anche nel caso in cui per lo Stato Italiano la persona abbia compiuto il percorso fino alla rettificazione chirurgica dei genitali e quindi ottenuto lo "status" del sesso di elezione e non più di nascita.

Mi chiedo da dove deriva e come si combatte questa cultura sessista così opprimente.

La risposta a questa domanda è complessa. E' difficile trovare il modo per scardinare culture sovrapposte per secoli se non se ne conoscono bene le cause. La "madre" ma in questo caso direi proprio "il padre" di tutti i pregiudizi che riguardano sia omosessuali sia transgender è il maschilismo (atteggiamento culturale e sociale basato sulla presunta superiorità dell'uomo sulla donna, ndr). Figli del maschilismo sono da una parte l'eterosessismo (atteggiamento culturale e sociale basato sulla presunta superiorità delle scelte eterosessuali su quelle omosessuali o bisessuali, ndr) da cui poi discende l'omofobia, dall'altra il genderismo da cui discende la transfobia.

Quale è il significato del termine "genderismo"?

Il Genderismo nasce dalla convinzione che i sessi siano due e che se i sessi sono due anche i generi sessuali devono essere due e immutabili: maschio e femmina. Questo in barba ad ogni evidenza scientifica che dimostra quanto in natura ed anche nell'essere umano, esistano molte "variazioni sul tema" in ambito di identità di genere (dall'intersessualità al travestitismo femminile che passa inosservato, al travestitismo maschile).
Sesso e Genere per il genderismo sono una cosa sola ed inscindibile. Recenti studi scientifici vanno sempre più dimostrando il contrario. Il sesso, riconoscibile dai cromosomi o dalla visione dei genitali, non sempre coincide con il genere percepito. Oggi è noto a qualsiasi studioso che il genere di una persona non è nei genitali, né nell'analisi dei semplici cromosomi x o y, ma è scritto in altre pagine del codice genetico e nel cervello.

Aspetta Mirella, con tutti questi termini nuovi mi sento come se mi fossi appena fatto del Ciproterone Acetato. Volevo chiederti se secondo te esiste un modo per combattere la transfobia.

Non credo esista oggi un'arma diretta contro il genderismo, l'eterosessismo e le loro "figlie" omofobia e transfobia. Nessuna "bacchetta magica" può sradicare sottoculture millenarie che trovano nelle religioni portavoci arroganti e - seppure con capacità non sempre uguali - ingerenti nella vita di uno stato e nella mentalità della popolazione. Se forse riuscissimo a puntare contemporaneamente alla cultura della comprensione (che è meglio di quella della tolleranza), ad un maggior peso dell'informazione scientifica ed antropologica a riguardo della non conformità assoluta fra sesso e genere (che possono quindi differire fra loro), se riuscissimo a far passare questi messaggi, riusciremo a far breccia nella maggior parte della popolazione, a dispetto delle bugie del Vaticano.
Ma sicuramente il "fenomeno" transgender ha un nemico in più: i media che, alla ricerca del colore o della "stranezza" cercano e danno spazio esclusivamente a quegli aspetti della realtà trans che fanno più "colore" o "scandalo". Se vi è una realtà travisata, questa è quella transgender.

A proposito di questo, si parla tanto di trans nei pride che "rovinerebbero" la parata. Pare di capire che il problema non è nelle persone transessuali che manifestano all'interno di un gay pride ma nei media che ritraggono le stesse persone transessuali annullandone la valenza politica ed enfatizzandone solo gli aspetti scandalosi, da tabloid.

Ti dirò, le tv nazionali mi invitano spesso a partecipare a programmi televisivi, ma non appena pongo il limite che la mia presenza è quella di presidente di Crisalide e non quella della "trans che racconta la propria storia personale (i propri dati sensibili) per commuovere o divertire il pubblico", gli inviti svaniscono sempre nel nulla.
La spiegazione è che nella nostra società non vi è la percezione delle persone transgender come soggetto politico. Cosa che per fortuna gay e lesbiche stanno recentemente riuscendo ad imporre.
Il punto però resta sempre uno: quali alleati massmediatici possiamo trovare per dare spazio alle nostre posizioni, quando neppure i comunicati stampa delle Associazioni trans vengono sempre ripresi dalle Agenzie di Stampa e anche quando accade non vengono poi pubblicati sui giornali, riviste, radio e tv? Vedi poi l'orribile trattamento mediatico cui sono destinate le persone trans uccise. Spesso, nella nostra comunità ci diciamo che queste povere vittime sono uccise due volte: la prima dai loro assassini, la seconda volta dai media con mille stratagemmi linguistici che disonorano la vittima. Quasi mai viene riportato il nome femminile (o maschile nel caso di trans ftm assassinati) della vittima e quando viene riportato sono utilizzate espressioni come "in arte Mirella" (faccio il mio nome per non portare sfiga a nessuna!), come se l'essere transessuali fosse un gioco di travestimento artistico.
Ed allora torniamo al web (e a siti come gay.it e a riviste come Pride). Le persone che cercano sul web le notizie sono sempre di più... quelle che credono alle veline televisive sempre di meno.
La strada è ampliare sempre di più e sempre meglio la cultura transgender e questo potrebbe valere anche per gay e lesbiche, perché il transgender ha a che fare con molti gay e molte lesbiche. La lesbica "butch", il gay effeminato (peraltro i soggetti più stigmatizzati in ambito gay e lesbico) rientrano di fatto nel transgender proprio perché il loro ruolo di genere sentito si scontra con gli stereotipi fissati di come si deve comportare un maschio e una femmina.

Mirella ti ringrazio per la chiarezza e la disponibilità e spero che si possa creare un dibattito costruttivo sui temi che abbiamo sollevato. Un'ultima cosa, visto che siamo in internet, puoi suggerire ai nostri lettori qualche link per approfondire le tematiche che abbiamo toccato?

Mi permetto di consigliare il nostro sito che oltre ad essere molto completo, offre una pagina di link a moltissimi altri siti che trattano l'argomento trans a tutti i livelli e in tutte le lingue.
Quindi senz'altro http://www.crisalide-azionetrans.it .
Anche le pagine dedicate al transgenderismo di CGIL Nazionale Settori Nuovi Diritti sono spesso aggiornate con contenuti molto interessanti e sono visibili a partire da:
http://www.cgil.it/org.diritti/homepage2003/transgender.htm .
Poi i siti delle varie associazioni italiane :
Mit : http://www.mit-italia.it/
Gruppo Luna Torino presso il Maurice http://www.mauriceglbt.org/php/modules.php?name=Content&pa=showpage&pid=11
Ait Firenze : http://freeweb.supereva.com/aitfirenze/index.html?p
Per i trans FtM le pagine del Coordinamento Trans FtM al link http://ftminfoline.tripod.com
Segnalo anche il Progetto Orlando dell'Università di Napoli al link:
http://www.progettorlando.unina.it/

Mirela Izzo dà appuntamento al 20 novembre, il giorno scelto per commemorare annualmente le vittime transgender della violenza, con "candle lights" e la lettura in forma di "prima persona" di una breve biografia di ogni vittima.
Per informazioni http://www.crisalide-azionetrans.it .

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06/11/2005 - Repubblica - Concita De Gregorio
L'utopia femminista nella Svezia Rosa
..Un neopartito delle donne dove ha prevalso l'ala oltranzista, gay e transessuale, che ora punta a "distruggere l'ordine patriarcale". Nel programma anche una tassa da imporre ai neonati maschi.

Ideologie estreme il reportage
Qui le signore siedono nelle poltrone di comando in politica e negli affari, qui non c´è bisogno di quote, la parità tra i sessi è quasi perfetta: eppure, in aprile è nato un "partito delle donne" che ha sbancato i sondaggi, per poi imboccare una via bizzarra.
Sull´ala moderata ha prevalso quella oltranzista, gay e transessuale, che ora punta a "distruggere l´ordine patriarcale" Nel programma anche una tassa da imporre ai neonati maschi.
Dopo l´iniziale successo, il movimento è imploso in una serie di risse interne che hanno portato quattro fondatrici ad andarsene sbattendo la porta.

Questo è un viaggio spettacolare: è come salire su una macchina del tempo e mettere la lancetta al 2055, scendere e vedere com´è. Vedi meraviglie e schifezze naturalmente, prima fai oohh a bocca aperta poi guardi meglio e fai mah, però dei dubbi parliamo dopo. Prima lo stupore. Il viaggio è breve: tre ore di volo da Roma a Stoccolma. Da Roma, dove in Parlamento gli uomini dicono «quelle, le donne, non devono scassare la minchia» e bocciano una legge sulle "quote rosa" di per sé già ridicola - ne sarebbero entrate una su dieci, alle Camere - fino alle isolette di Stoccolma dove le signore sono la metà del Riksdag, in otto hanno progettato l´ultima Volvo, c´è una vicecapo di Stato maggiore, quando fanno un figlio stanno a casa (pagate) quasi un anno e mezzo, le ministre sono undici, le pilote di aereo in percentuale più delle maestre d´asilo, Vittoria sarà regina, Anne Lindh sarebbe stata primo ministro se un pazzo non l´avesse accoltellata al secondo piano dei grandi magazzini dove da ministro degli Esteri era senza scorta a fare la spesa, le prostitute sono accudite come vittime e i clienti vanno in galera, già Cristina di Svezia nel 1600 aveva una fidanzata, Cartesio come insegnante di filosofia e abdicò pur di non sposarsi, gli uomini fanno più fatica a trovare lavoro (il loro problema è il tasso di disoccupazione maschile) e non c´è ufficio, non c´è sala d´attesa né centrale comandi dove la parità sia meno che perfetta, del resto anche gli Abba erano in quattro divisi così: due e due. Dunque, la Svezia.

Adesso non stiamo qui a dire la meraviglia dell´uguaglianza fra i generi che il Nord Europa ha prodotto perché si sa che tanto le obiezioni sono sempre le stesse: quella è un´altra cultura, sono in pochi, non hanno il Papa, eccetera. No, la questione è un´altra. La questione è che in Svezia nell´aprile di quest´anno è nato un Partito Femminista - è nato, non esisteva prima - che si candiderà alle elezioni politiche del prossimo anno e che i sondaggi hanno accreditato al suo esordio di un gradimento del 25 per cento da parte dell´elettorato, e di una ragionevole intenzione di voto dell´8 per cento. Un´enormità, difatti Le Monde, il New York Times e l´Herald Tribune gli hanno subito dedicato le prime pagine sotto titoli che dicono, più o meno: che altro vogliono le donne, in Svezia? Una buona domanda, quindi tutti a leggere il programma di Feministiskt initiative e della sua energica ma esile e sorridente leader Gudrun Schyman, già segretario dell´ex Partito comunista, ora Partito della sinistra, abbandonato appunto per «manifesto maschilismo».

La seconda notizia, assai meno divulgata, è che nel giro di sei mesi il Partito di iniziativa femminista è imploso in una ridda di risse interne, quattro delle fondatrici se ne sono andate dicendo una di essere vessata in quanto «eterosessuale borghese», un´altra «per deficit democratico», una terza per «l´effetto boomerang che la proposta sta producendo». Ad oggi le intenzioni di voto sono crollate all´1,3 per cento, le chat pullulano di frasi di scherno (maschili) corredate con le facce dei diavoletti sorridenti, l´agenzia Internet di scommesse Unibet dà l´ingresso delle femministe in Parlamento al 4.5: punti 100 corone ne vinci 450, non è moltissimo ma fa già gola.

Dunque cosa è successo? È successo questo: l´ala radicale ha preso il sopravvento. Al congresso di settembre, il primo congresso, il femminismo per così dire gentile e dialogante è stato sconfitto dal femminismo armato. Il vento della vendetta storica si è abbattuto sulle docenti universitarie, le filosofe del pensiero di genere, le liberali che insieme avevano fondato il gruppo: vendetta sui maschi. L´ala omosessuale, bisessuale, transessuale del partito ha imposto il suo programma: distruggere l´ordine patriarcale. Proprio così: distruggere. Di seguito, i punti del programma. Primo, tassare alla nascita tutti i bambini maschi. Tassarli in quanto maschi, perché siccome gli uomini a parità di incarico guadagnano il 25 per cento in più delle donne è giusto che rifondano la somma che usurperanno fin dal momento in cui vengono al mondo. Secondo, e conseguente: risarcire del 25 per cento di salario sottratto e ristabilire immediatamente la norma «equal pay for equal work». Terzo: eliminare i nomi sessuati, dare ai bambini nomi neutri in modo che possano decidere loro, da grandi, se si sentono maschi o femmine. Quarto: obbligare gli uomini a stare a casa otto dei sedici mesi concessi dallo Stato per la maternità/paternità. Non «dar loro la possibilità di»: questo è già legge. Obbligarli. Quinto: abolire il matrimonio e sostituirlo con un «codice di convivenza civile» che non faccia riferimento al genere e al numero delle persone coinvolte. Il quinto punto ha subito fatto pensare ad una legittimazione della poligamia perciò le proponenti hanno dovuto precisare: odiosa poligamia esclusa. Sesto: limitare la presenza degli uomini dei gruppi direttivi al 25 per cento. Settimo: stabilire per legge che nessuna donna deve percorrere più di 15 minuti di strada a piedi per raggiungere un servizio essenziale. Ottavo: rivedere la legge sulla violenza sessuale nel punto in cui si dice che la donna offesa deve dimostrare di aver resistito. La donna, anche nell´ambito domestico, non deve fornire un silenzio assenso all´atto sessuale ma deve esplicitamente richiederlo. Nono: aprire un´inchiesta governativa che stabilisca perché le ambulanze arrivano più tardi quando a patire un infarto è una donna. Decimo: abolire la monarchia.

Ora, come chiunque può apprezzare, il decalogo ha punti di forza e altri di debolezza. Il punto due, «equal pay for equal work», è sacrosanto e difatti il governo socialdemocratico di Goran Persson ne ha fatto l´asse del suo programma di «gender equality», uguaglianza di genere: non c´è una ragione al mondo per cui le donne che fanno lo stesso lavoro degli uomini debbano guadagnare di meno. Al punto nove, quello degli infarti, si può obiettare che le donne - è scientificamente provato - ne accusano di meno ma, certo, quando capita le ambulanze non devono arrivare in ritardo. Più complesso appare regolare per legge la sessualità domestica. Persino più complesso tassare i neonati maschi e obbligare i genitori a dar loro un nome neutro.

Lasciando il partito, Helena Brandt, verde, ha detto che «Iniziativa femminista è diventato un partito omosessuale, bisessuale, transessuale. Non quello che io pensavo all´atto della fondazione: io sono contro le discriminazioni di genere, tutte». In effetti il primo quotidiano di Svezia, Dagens Nyheter, osserva come transessuali e transgender abbiano trovato lì ospitalità. Il commentatore politico Bjorn Elmbrant rileva che «bello o brutto che sia le questioni legate ai diritti dei gay non possono interessare più di ottocento elettori».

Forse qualcosa di più, ottocento sono pochi, ma resta in effetti sorprendente come una politica di lunghissimo corso parlamentare come Gudrun Schyman abbia lasciato sbattendo la porta la guida del Partito della sinistra per mettersi a capo di una formazione così connotata. Sarebbe come se, fatte le proporzioni, Fassino lasciasse i Ds per capitanare alle prossime politiche un Partito Priscilla. Lei, Schyman, respinge fermissima le obiezioni: «È un mito che la Svezia sia un paese egualitario. Anche gli svedesi pensano che il più sia fatto, che resti solo un po´ di polvere negli angoli, ma nella vita reale le cose stanno andando indietro. La sinistra è incapace di vedere la sottomissione della donna. Preferirei un governo borghese con orientamento femminista che un governo di sinistra così». Delle compagne che se ne sono andate dice che erano «esasperate dalle pressioni esterne», niente rivalità interna al partito.

Tuttavia la cronistoria è questa. I primi malumori dell´ala moderata sono iniziati in estate, dopo la messa in onda sul primo canale tv del documentario La guerra di genere, The gender war. Il programma conteneva affermazioni assai poco dialoganti tipo «gli uomini sono animali», opinione di Ireen von Wachenfeldt. Vivaci reazioni sulla stampa. La prima a lasciare è stata a settembre Tina Rosemberg, docente di teorie di genere all´Università di Stoccolma: «In sei mesi la parola "femminista" è diventata in Svezia un epiteto offensivo. Siamo colpite da un antifemminismo di ritorno». La seconda, la verde Helena Brandt: «È diventato un partito omosessuale». La terza, Susanne Linde, nata nella sinistra del partito liberale: «Me ne vado perché mi vessano per il fatto di essere una eterosessuale borghese». Ultima Ebba Witt Brattstrom, docente di letteratura e femminista storica, 50 anni, 4 figli, capofila del pensiero di genere: «C´era un deficit democratico, avevamo difficoltà a lavorare insieme».

Nel frattempo al governo qualcosa è successo. Goran Parsson, impressionato dai primi sondaggi di Feministiskt initiativ, ha dato nuovo impulso e nuova linfa alla battaglia per l´equilibrio: ha stanziato il 30 per cento di fondi in più per le associazioni femminili che lo studiano e lo promuovono, ha proposto in Europa un osservatorio comunitario per le Pari opportunità. I sindacati valutano nel merito. Wanja Lundy Wedin, della LO Union Group, trova che in effetti «Iniziativa femminista sia diventata un freno al femminismo per le modalità con cui si pone, ma alcuni dei temi sono seri: sull´aspettativa per maternità/paternità per esempio noi proponiamo che sia divisa in tre parti. Obbligatoria cinque mesi per la madre, cinque per il padre e cinque a scelta». Al momento sono le donne che ne usufruiscono all´80 per cento: massima riprovazione pubblica e condivisa.

Sten Dahlborg, giovane amministratore delegato di un´impresa di oggetti di alta tecnologia medica, padre di due figli piccoli, moglie nordafricana con studi e passaporto americano, trova che «sia insensato obbligare i padri a stare a casa cinque o otto mesi, come è insensato obbligare le madri. Bisogna far prevalere il buon senso, oltre che il libero arbitrio. Ci sono ragioni per cui le famiglie scelgono come comportarsi e in quelle ragioni lo Stato non può entrare. Trovo giustissima la battaglia per la parità di stipendio, mi stupisco che non sia ancora così. Trovo ingiusto che ancora oggi ci sia qualche azienda che blocca l´accesso delle donne ai livelli di comando. Trovo insensato che mi dicano come devo chiamare mio figlio e che devo pagare una tassa se nasce maschio: grottesco direi. Non rende un buon servizio alla causa, giusta, della loro battaglia». Anche il nuovo ambasciatore italiano a Stoccolma, Francesco Caruso, si sorprende dell´ingenuità con cui il nuovo partito usa un argomento così impopolare come l´abolizione della monarchia: «Qui in Svezia la monarchia è davvero un simbolo dell´unità nazionale, ed è amatissima».

Sulla presenza delle donne nella società produttiva alla Camera del lavoro di Stoccolma mostrano dati che a noi sembrano lunari, venusiani: il "gender gap", la differenza fra la percentuale di lavoratori uomini e donne, nel caso di donne con un figlio è del 9,8 per cento (Italia: 40,9) e scende, nel caso di due figli, al 9,4 (Italia: 49,9). Vuol dire che, rispetto a quel che fanno gli uomini, meno di una su dieci madri rinuncia al lavoro per stare a casa. Otto donne su dieci in Svezia hanno un impiego fuori casa: sono la metà della forza lavoro complessiva, il tasso di disoccupazione femminile è di un punto più basso di quello maschile. In Parlamento le elette sono il 45,3 per cento, quasi la metà. In Italia l´11, per ora. Con la nuova legge vedremo. In Namibia - per intendersi - sono il 22, in Mozambico il 25. Nove bambini su dieci fino ai sei anni sono assistiti a tempo pieno dalla scuola materna pubblica. Gli asili privati non esistono.

«Detto questo, bisogna stare attenti alle esagerazioni del welfare: da noi si sta talmente bene anche in carcere, ti danno persino uno stipendio, che certi studi dimostrano come tra gli immigrati in arrivo dai Paesi Baltici ci sia gente che commette reati perché preferisce stare in galera qui piuttosto che a casa nel suo paese», dice il giovane manager. Chissà se questa è già una di quelle leggende che alimentano la xenofobia di ritorno. Di Gudrun Schyman i giornali di destra e i siti Internet ostili ricordano un passato di alcolismo, alcuni ricoveri e un episodio minore di corruzione. L´alcolismo nei paesi che gelano a novembre e rivedono terra e luce a maggio è piuttosto diffuso. L´episodio di corruzione è paragonabile all´uso di un telefono di servizio per chiamate di famiglia. Anche qui: un´altra cultura, a certe latitudini anche le parole cambiano senso.

La signora Schyman al momento sta benissimo: avverte che le campagne di disinformazione «si inquadrano nell´opera capillare di denigrazione della battaglia delle donne». È sicura che a settembre del 2006 - in Svezia si vota sempre a settembre, sempre la stessa settimana del mese - il suo partito sarà al Riksdag, in Parlamento. La sua assistente, congedandosi, chiede notizie di Buttiglione, «quello che doveva fare il commissario europeo. Cosa fa ora da voi, è vero che è ministro?». Ministro, sì. Cultura.

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08/11/2005 - ADN Kronos - Fonte GayNews
PERUGIA. GELOSO DI UN TRANS LO DENUNCIA PER STUPRO E RAPINA
Il giovane indagato per calunnia e procurato allarme

L'uomo si e' recato dalla polizia affermando di essere stato violentato da un transessuale che gli aveva rubato il telefono cellulare per poi costringerlo ad assumere della droga

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Perugia, 7 nov. - Gli agenti della squadra volante della Questura di Perugia hanno indagato in stato di libertà per calunnia e procurato allarme un perugino di 27 anni che, geloso di un transessuale del quale si era innamorato , lo ha denunciato alla polizia accusandolo di averlo violentato e rapinato.

Il fatto è accaduto ieri notte a Perugia. L'uomo si è recato dalla polizia affermando di essere stato violentato da un transessuale che gli aveva rubato il telefono cellulare per poi costringerlo ad assumere della droga. Gli accertamenti medici al quale il ragazzo è stato sottoposto hanno smentito però il suo racconto. Interrogato dalla polizia, ha confessato in lacrime agli agenti di essersi inventato tutto per gelosia nei confronti del transessuale del quale si era innamorato.

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11/11/2005 -GayNews
Girato a Bologna un documentario sulla storia di Sandra, transessuale che lavora nel settore sanitario
Il regista: "L'obiettivo è rompere lo stereotipo che vede queste persone dedite unicamente alla prostituzione o al mondo dello spettacolo"

BOLOGNA – Un documentario per raccontare la storia di Sandra, transessuale, e la sua esperienza di lavoro nel settore sanitario. Viene girato proprio in questi giorni a Bologna da Giangiacomo De Stefano, giovane regista e documentarista, e prodotto dal Centro per la comunicazione e l'informazione “La Palazzina” del Comune di Imola. L'obiettivo? “Raccontare il difficile rapporto tra transessualismo e lavoro, rompendo lo stereotipo che vede la persona transessuale dedita unicamente alla prostituzione, o al mondo dello spettacolo” spiega il regista.
Quella di Sandra è un'esperienza positiva, “perché è riuscita ad avere un posto, tramite le borse lavoro. Ma per molte altre persone transessuali l'esperienza purtroppo è diversa, e non è facile trovare un posto, soprattutto quando avviene la transizione. Senza contare che ci sono anche molti casi di mobbing”. Il documentario incrocia un aspetto più personale – la storia di Sandra – a quello “collettivo”: una parte, infatti, viene girata proprio nella sede del Mit (Movimento di identità transessuale), in via Polese. Ma la telecamera segue Sandra anche sul luogo di lavoro, “e questo non era così scontato”.
E' tramite l'ufficio Nuovi diritti della Cgil regionale che De Stefano si è messo in contatto con il Mit; “in ogni Camera del Lavoro – spiega Fausto Viviani, responsabile dell'Ufficio – stiamo promuovendo sportelli rivolti a persone gay, lesbiche e transessuali, con l'obiettivo di promuovere e coordinare attività di servizio e tutela”. Uno strumento importante, dunque, contro mobbing e discriminazioni sul posto di lavoro. Il documentario sull'esperienza lavorativa di Sandra uscirà a primavera, “perché il montaggio – prevede il regista – sarà un po' lungo”. Ma dove e come circuiterà? Tre le strade possibili: i festival, oppure “valutare la possibilità di venderlo a una tv satellitare. Personalmente – conclude De Stefano – mi piacerebbe presentarlo in serate ‘apposite', organizzate in collaborazione con la Cgil”. (cv)

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11/11/2005 - L'Espresso
Una donna "contro"
Un transessuale annuncia l'uscita del suo calendario
Splendida, sensuale, dalle curve mozzafiato. Ha 23 anni, è pugliese e si chiama Manila Gorio. È una transessuale, come vengono definiti gli esseri non "identificabili", spesso sotto i riflettori della cronaca, come non mai negli ultimi tempi.
Manila non ha però bisogno di claque e di scandali, per far parlare di sé. Al suo attivo ha numerose esperienze di televisione, di moda, di radio.
Non ha mai "trasgredito" inutilmente, e oggi rilancia come da suo copione originario. "Una transessuale non è solo prostituzione o droga. Non è clandestinità. Una transessuale è la visione del mondo da una prospettiva non classificabile". E per questo Manila Gorio annuncia l'uscita della sua ultima creatura. Sarà un calendario, come nella migliore tradizione di fine anno. Accanto alle varie veline, presentatrici, modelle, Manila metterà le sue foto, con un impronta tutta particolare.
"Presenterò dodici mesi di provocazione, di sfida e di rilancio dell'immagine trans. Non solo tredici scatti (e già il numero è un andare oltre), ma anche una storia per immagini, che denunci le difficoltà e i sogni che ogni transessuale vive quotidianamente”. Tra le pagine di questo lavoro unico, ci sarà proprio tutto: sì provocazione e denuncia, ma anche rivalutazione e sdoganamento del mondo GLBT, apparso spesso e recentemente sui giornali sotto una luce “equivoca”.
A fare da supporto a Manila Gorio, nella sua marcia di bellezza provocatoria, ci sarà Nottevip, mensile barese di cultura e spettacolo. Il numero speciale della rivista che accompagnerà il calendario verrà dedicato non solo a Manila Gorio, portavoce di una sensualità "diversa", ma all'eros in generale. Racconti, interviste, inchieste, box di indirizzi e informazioni.

Presenti alla serata Cristiano Armati, che presenterà il suo ultimo romanzo ROMA CRIMINALE, e Milly D'Abbraccio con l'anteprima del suo ultimo film.

La presentazione del calendario di Manila Gorio, assieme al numero speciale di Nottevip, è prevista per il 13 novembre alle 19 a Roma, al Beautiful Erotic Center di via Alessandro Neroni, 9.
Ingresso libero.

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12/11/2005 Il Messaggero (Abruzzo)
Lei & Lei: Transex Sposa Donna Vera

Montesilvano. A dicembre la cerimonia in Comune. Molto nota l'aspirante moglie, una star delle tv private Lei & lei: transex sposa donna vera Il futuro marito è stato sposato, prima del cambio di stato civile, con un uomo. Lei & lei. La natura le ha fatte uguali, donne entrambe, poi una sentenza ha cambiato il sesso anagrafico di una di loro. Il resto lo ha fatto l'amore: e così C.S., 32 anni, di Giulianova, transex oggi uomo a tutti gli effetti, è pronto per sposare A.F., 35 anni da Montesilvano, donna e anche piuttosto conosciuta come star di un programma in onda su una tele privata. Il matrimonio più pazzo del mondo sarà celebrato a dicembre a Montesilvano, in municipio, dove le pubblicazioni di nozze sono rimaste affisse, tra il 27 ottobre e il 4 novembre, per il tempo prescritto dalla legge. Come dire, tutto regolare, anche se molti fanno ancora fatica a farsene una ragione. Non è il primo caso di nozze successive ad un cambio di stato civile, è sicuramente uno dei primi in cui il futuro marito è in realtà un'ex donna. E che storia, quella che c'è dietro la sigla C.S.. Donna anche per l'anagrafe fino al 2000, addirittura sposata con un uomo fino al 1992. La coppia viveva in un paese vicino Sulmona. Tutto è cambiato quando C. ha finalmente accettato la sua controversa identità sessuale e ha fatto il grande passo verso il cambio di sesso anagrafico. Un procedimento previsto dalla legge italiana, che nei giudici pescaresi ha avuto degli autentici pionieri in sede di prima applicazione. Più lineare il vissuto di A.F., la vera "lei" della coppia. Ad attirare la morbosità della gente, in questo caso, è la discreta notorietà della donna. Notorietà che non ha fatto passare inosservata la pubblicazione delle future nozze nell'albo pretorio del comune. Così si è scatenato il tam tam delle voci, e anche la malizia di qualche parente non proprio esultante per queste nozze anomale. Ma che il matrimonio s'abbia da fare lo ha dimostrato senza possibilità di equivoci la determinazione della coppia. Quando un disguido ha minacciato di rallentare la pubblicazione delle carte, l'ufficiale di stato civile di Montesilvano è stato affrontato a brutto muso. Ci sono voluti gli avvocati per chiarire che il problema era tutto nel ritardo dell'annotazione del precedente divorzio dell'aspirante "lui" nello stato civile del Comune di Raiano. Piacerebbe a Ennio Flaiano tanta fatica burocratica per trasgredire. Questa e altre difficoltà ha superato la coppia per arrivare al fatidico sì. Sarebbe una storia quasi ordinaria, una volta assodato per la legge il diritto di cambiare sesso anagrafico in base alla propria reale identità sessuale. La frontiera, oggi, è piuttosto quella delle nozze gay, cioè tra persone che rimangono dello stesso sesso anche di fronte allo stato civile. Per Montesilvano, è comunque una bomba. Si tratta indubbiamente del primo caso del genere nella nostra Regione. I precedenti più eclatanti, a Pescara quanto a Chieti, riguardano infatti nozze tra uomini e donne con un passato da uomini: transessuali grazie alle sentenze dei giudici, ma anche del bisturi. Non il caso di A.F. e C.S., che per la biologia restano due donne, anche se i cambiamenti esteriori del futuro marito, dicono in molti, sono piuttosto evidenti.

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19/11/2005 - Liberazione - Saverio Aversa
Transessuali, le morti invisibili. Un giorno per ricordare
Transgender day of remembrance, una giornata dedicata domani alla memoria della strage delle e dei transessuali. Organizzata dal movimento glbtq si terrà in molte città italiane
Quest'anno sono 28 le vittime trans/gender uccise dall'odio e dal forte pregiudizio verso chi non ha un'identità di genere omologata al conformismo eterosessuale. Dal 1990 ad oggi la media è stata di almeno una persona uccisa ogni mese. Nel 2003 si è superata la media di 3 al mese per un totale di 37 morti di cui 4 nel nostro paese. Nel 2004 sono state 21 e 2 in Italia.
I dati raccolti dalle associazioni glbtq internazionali, informa Crisalide azione trans, sono soltanto la punta di un iceberg poiché si basano esclusivamente sulle denunce presentate, sulle rassegne stampa e su quanto i vari gruppi riescono a raccogliere direttamente. In molti stati essere transessuali o omosessuali è considerato un grave reato che in alcuni casi prevede oltre al carcere anche la pena di morte. Domenica 20 novembre sarà il Transgender day of remembrance, un giorno dedicato alla memoria della strage delle e dei transessuali eliminati da società ancora intolleranti, incivili, da una violenza vigliacca che uccide chi è più vulnerabile, chi viene considerato indegno, differente dagli altri esseri umani. Per la prima volta il Tdor, giunto alla settima edizione, è celebrato in molte città e anche al sud con Catania. Nella città siciliana e a Torino, Milano, Genova, Piacenza, Bologna, Firenze, Pescara si organizzeranno delle veglie mentre vari siti internet si oscureranno per l'intera giornata in segno di lutto.

Chi odia le e i transessuali non sa che la definizione di sesso maschile/femminile deriva da un'impostazione strettamente dualistica basata sull'analisi degli organi genitali e della mappa cromosomica, ma questo concetto è soltanto apparentemente scientifico. In natura sono presenti vari stadi di intersessualità, sia essa fisica (presenza di genitali misti), che cromosomica (presenza dei cromosomi xxy e x). Contrariamente a quanto si crede, quindi, in natura i sessi non sono solo due e l'attribuzione al sesso maschile o femminile è arbitrariamente imposta alle persone intersessuate. I parametri essenzialmente fisici non tengono in considerazione l'aspetto psicologico del senso di appartenenza ad un genere piuttosto che ad un altro. Essendo i termini "maschio" e "femmina" in genere assegnati secondo un semplice riconoscimento genetico e quindi considerati invariabili, e assumendo invece i termini "uomo" e "donna" significati culturali e psicologici, nell'ambito del transessualismo sarebbe più corretto parlare di transizioni da "maschio a donna" e da "femmina a uomo" anziché da maschio a femmina o viceversa. Il Transgender day è anche una buona occasione per ricordare alla stampa, alle radio, alle televisioni, al web, che il pregiudizio e la dura intolleranza si esprimono prima di tutto con parole spesso solo superficiali ma a volte offensive e prive del dovuto rispetto umano. L'episodio che ha visto come protagonisti Patrizia Brocco e Lapo Elkann ha dimostrato, ancora una volta, come molti giornalisti in particolare e i mass media in generale sono completamente incuranti della vita dei cittadini transessuali, cittadini con gli stessi diritti degli altri non ultimo quello del rispetto della privacy. Usare la parola "travestito" con lo stesso significato di "transessuale" vuol dire non essere informati, per esempio, che esiste da oltre venti anni una legge, la 164 del 1982, che prevede la transizione che conduce alla rettificazione di attribuzione del sesso realmente percepito. Chi si occupa di notizie ha anche l'impegno e il dovere di essere informato prima di informare e commentare. Invitiamo quindi ad adoperare parole corrette e sempre più di uso frequente soprattutto per merito delle associazioni che lottano per i diritti civili dei cittadini omosessuali (gay e lesbiche), bisessuali e transessuali. Non bisogna più far ricorso a espressioni imprecise, dileggianti, morbose, non si può continuare a scrivere "outing" invece di "coming out", non si può permettere di fare l'equazione transessuali = perversione. La poca conoscenza della realtà trans/gender da parte della cosiddetta "società civile" provoca una crudele emarginazione che può essere rimossa essenzialmente ricorrrendo all'intervento chirurgico, ottenendo la rettifica anagrafica (spesso con un iter complessivo molto lungo) e subito dopo abbandonando il luogo dove si è vissuti fino a quel momento per stabilirsi altrove dove nessuno sia a conoscenza della situazione precedente. Sembra che l'unico modo per non essere discriminati sia rappresentato dalla negazione della propria identità e del percorso di transizione.

Le persone trans/gender che non vogliono adeguarsi ad uno dei modelli fisici "maschio" e "femmina" rinunciano alla rettifica chirurgica dei genitali e con essa a godere pienamente del diritto ad esistere in quanto soggetto giuridico. Per loro vuol dire subire svariati abusi e interpretazioni di comodo da parte di chiunque eserciti un potere. Purtroppo ancora pochi Paesi hanno leggi che permettono di cambiare il nome secondo l'identità di genere pur continuando ad appartenere al sesso di nascita dal punto di vista anagrafico. In Germania, per esempio, la legge della "piccola soluzione" (Kleine Lösung) prevede la possibilità di cambiare nome sui documenti prima o a prescindere dall'adeguamento chirurgico dei genitali. E' una soluzione che pone fine alla gravissima violazione delle norme sulla privacy che la persona trans/gender è costretta a subire ogni volta che deve esibire i propri documenti. Necessaria anche una legge contro le discriminazioni che impedisca, per esempio, ai datori di lavoro di negare l'assunzione o di applicare il provvedimento di licenziamento ad un lavoratore o ad una lavoratrice in funzione della sua condizione di trans/gender. Norme precise che funzionino da deterrente e impediscano di negare l'affitto o la vendita di una casa, la stipula di polizze assicurative ed altro.

E intanto le violenze continuano anche per gli omosessuali, appena pochi giorni fa in Iran due giovani sono stati condannati e impiccati in pubblico perché erano gay. Mokhtar N. di 24 anni e Ali A. di 25 sono stati giustiziati sulla piazza di Shahid Bahonar a Gorgan, nel nord est del paese. A luglio, sempre in Iran, due giovanissimi sono stati impiccati a Mashhad perché accusati di aver violentato un ragazzo di 13 anni. Secondo il loro avvocato i due imputati erano minorenni mentre il giudice che ha emesso la sentenza ha dichiarato che si trattava di maggiorenni di 18 e 20 anni. Alcune organizzazioni per i diritti umani sostengono che i due ragazzi sono stati condannati soltanto perché erano omosessuali e che la violenza sul tredicenne non si era verificata.

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22/11/2005 - L'Unità - Delia Vaccarello
14 Trans uccise: ho 17 anni non uccidetemi
Non sono un mostro. I miei sanno, ma la gente non capisce. Ho paura
«Il muro del silenzio ha rischiato di trasformarmi in una larva umana. Perciò, anche se non credo di essere la persona più coraggiosa di questo mondo, desidero moltissimo lottare per dare voce alle "verità nascoste" delle persone come me. Non ammazzateci». Luigi ha 17 anni e ha scritto a Liberi tutti cominciando dalla sua infanzia. Alle feste si divertiva se c'erano i palloncini. Alzava la maglietta e se ne ficcava due un po' sgonfi proprio all'altezza dei capezzoli. Sorrideva. Quando la mamma si chiudeva in bagno lui allungava la mano e prendeva la collana adagiata sul comodino, l'anello con la perla, il foulard di seta. Si guardava allo specchio e provava un piacere segreto. Poi, sentiti i passi in corridoio, svelto rimetteva a posto ogni cosa. Tranne l'emozione. Era un gioco, lo ha fatto fino ai 14 anni. Quando si è accorto che non era solo un gioco. Comincia così la percezione di una possibile transessualità. Una parte spinge dentro di noi per manifestarsi. Ci sorprendiamo a fantasticarci femmine se siamo maschi. E viceversa. Nelle bocche dei grandi, troppo spesso, le persone trans sono solo prostitute. Non capiamo il nesso. Che è semplicissimo: la prostituzione è il lavoro più facile che si trovi, a volte l'unico. Domenica scorsa nelle piazze di alcune città del mondo, Italia compresa, è stata celebrata la giornata del ricordo delle persone transgender uccise, 14 in Italia in sei anni. Uccise da chi le «usa» e poi le aggredisce per distruggere la prova della propria sessualità. È la regola: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. E l'assassino pensa: non voglio sapere chi sono. Finisco il tuo corpo di cui ho goduto, uccido la memoria del «mostro dentro di me» che ti ha desiderato. Il nemico è sempre fuori, sei tu, e io ti uccido. Il «mostro dentro di me», ora che sei morto, torna nel silenzio, che è la sua naturale tana. Prepara il prossimo agguato.

Per iniziare a spezzare la catena degli omicidi si deve dare una informazione base: una persona trans non è un mostro. Le morti sono fisiche e simboliche. E c'è il fai da te. Un ragazzo e una ragazza con tendenze trans (ma succede anche agli omosex) possono non capire cosa sta capitando loro. Il cervello fa tilt. Il terrore mozza il fiato. Vogliono zittire ogni cosa che ricordi il loro sentire profondo. Diventano killer di se stessi. Vivono la propria morte in diretta. Come Luigi.

Ok, incriniamo l'omertà. Luigi ci ha scritto per questo. Togliamo alla transessualità la maschera mostruosa. Chi desidera una persona trans non si sentirà più un mostro. È semplice: «Se mi immagino in una qualsiasi situazione, mi vedo ragazza. Per tanto tempo non ci ho fatto caso. Vedo una star in tivù? E mi dico: "Vorrei essere come quella lì!". Seguo la serie Harry Potter e non ho dubbi. Sono Ermione, che sa sempre tutto. Sono secchione come lei, le assomiglio pure. Amo studiare. Adoro Emily Dickinson, forse per quel parlare così fitto all'anima di cui grondano i suoi versi. Desidero esprimermi come donna. Dagli 8 ai 13 anni sentivo qualcosa che mi bloccava. I gesti spontanei non c'erano più. A scuola, a casa, ero frenato. Dentro di me ero uno e fuori ero qualcun altro. Sono andato avanti così fino al primo crollo».

Luigi scopre di essere attratto dai ragazzi. «È un colpo. La mia famiglia è cattolica, io sono stato molto religioso fino ai 14 anni. Già dalle scuole medie realizzo che mi piacciono i ragazzi, ma sono ancora semiinconscente. Provo in tutti i modi a convincermi che l'omosessualità è sbagliata, che devo cambiare, che mi sposerò con una ragazza. Sono ossessionato dalla paura dell'inferno e dall'idea di un Dio giudice implacabile. Ma un giorno mi stanco e mi dico: "Se è vero che siamo tutti figli di Dio, allora è Dio che mi ha creato così. Se Dio è amore, perché dovrebbe disprezzare il mio modo di vivere l'amore? mi aiutano anche i libri di Don Franco Barbero». Poi, però, la fede di Luigi svanisce. Accettata l'idea dell'attrazione per i ragazzi, inizia a farsi strada la coscienza della transessualità. «Alle superiori prendo una cotta forte per un compagno. Cerco di attirare la sua attenzione, sottolineo la somigianza fra il mio pensiero e il suo. Cos'altro posso fare? Lui è uno sexy, di quelli che piacciono a tutte e a tutti. Nelle prime fantasie mi immagino come una ragazza. Poi, però, pensando che il mio desiderio di essere donna sia qualcosa di sbagliato, mi costringo a vedermi come un maschio. Comunque, la fase spinta della mia infatuazione, quella in cui lo metto al centro dell'universo, si interrompe quando mi accorgo che "non gliene può fregar di meno" di me.

Un giorno parliamo di omosessualità e viene fuori che per lui è una cosa disgustosa; io avvampo di rabbia e lo mangio vivo. Inizio a odiarlo, a rispondergli male, a considerarlo un arrogante pieno di sé. Poi cambio di nuovo. Una sera a una festa ci troviamo sul divano. Lui si sdraia davanti a me con uno sguardo che, anche se non ha il significato che spero io, può essere interpretato come un invito. Ho una "deflagrazione ormonale", capisco di essere tornato al punto di partenza. Gli sorrido, gli accarezzo i capelli, lui ricambia. Dopo non riesco più a frenare le mie fantasie. Mi vedo donna. Esco con le mie amiche, loro comprano vestiti, si abbracciano, fanno mille moine. Io nulla. A volte anche le frivolezze sono importanti. Non ho mai potuto servirmi di queste frivolezze. Quando una ragazza si sente giù, le amiche le dicono: "Stasera esci con noi! Ti metti un bel vestito, gli orecchini nuovi, ti fai carina e andiamo a ballare!". Come faccio a sentirmi carino se devo indossare vestiti che vorrei strapparmi di dosso? Come faccio a ballare se mi sento uno sgorbio del tutto diverso da come vorrei? "Fregatene!" mi dicono. È 'na parola. Hai presente il quadro della Venere di Botticelli, dove la dea nasce dal mare sorretta da una conchiglia? Ecco, anch'io dentro mi sento una "Venere" (W la modestia… ) solo che sono chiuso ermeticamente dentro la conchiglia».

Le delusioni pesano. «Accantono la fragilità e la dolcezza che avevo prima. Cerco di proteggermi dal troppo dolore. Ma spesso maschile e femminile in me si scontrano in modo tremendo. Gli interrogativi diventano milioni. Non ho risposte. Il peso è tale che arrivo sull'orlo della depressione. I miei genitori, che non hanno mai sospettato nulla, mi vedono in estate in condizioni semi-pietose. Alla fine, nonostante la paura delle loro reazioni, vuoto il sacco. Il modo in cui è avvenuto il coming-out con mio padre (la prima a saperlo è stata mia madre) è stato un po' comico. Io e mia madre stiamo parlando del mio "problema", quando arriva mio padre e ci chiede di cosa conversiamo. Mia madre mi incoraggia ad aprirmi. "Tanto gli ho già detto qualcosa" mi dice. Allora sgancio senza troppe inibizioni un bel: "Mi sento una ragazza!". Mio padre diventa viola. "Una ragazza? Che cosa significa?!" Io guardo mia madre e le chiedo: "Ma tu cosa gli hai detto?". E lei: "Che sei timido, che fai fatica a esprimerti…" ?!!!? Insomma, malgrado l'imbarazzo, anche mio padre ha superato lo shock iniziale. Nel complesso ha reagito meglio di mia madre. Mio padre adesso sembra volermi proteggere, è diventato più premuroso. Per mia madre ci vorrà tempo. Io esco da un lungo periodo di silenzio opprimente. Ho il cuore "indurito". Mi è difficile tornare ad amarli senza paura. Sto andando da uno psicologo. Mi è difficile amare. Mi sono scottato con gli etero. Ho idealizzato i gay. E tornano gli interrogativi: voglio davvero rinunciare a questo corpo? Affrontare mille pregiudizi? Non avere l'affetto di chi amo? Sentire la cattiveria altrui sulla pelle? Guardo la peluria, i muscoli, la voce bassa, la barba: oddio, non so cosa darei per modificarli. Io sono uno che incute rispetto, ho poche amiche ma buone. Ho parlato con due di loro. Mi hanno accolto. Con le donne ho una grande sintonia. Non ho amici maschi. I miei compagni mi trattano come un guru, sono composti con me, quasi galanti. Ho una specie di "fascino" occulto? Mi vedono troppo diverso da loro? Certo, non mi metto a parlare di sesso. Cosa farò? Mi sento transgender, un po' maschio, ma per difesa, molto femmina. L'idea di diventare donna mi riempie di gioia e di speranza. Ho paura. Come mi guarderanno gli uomini? Un fenomeno da baraccone? Una prostituta?

Mi fascio di razionalità. Ho paura. Di lasciarmi andare. Di impantanarmi nell'amore.

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23/11/2005 - Comunicato Stampa - Franco Grillini
Dal Vaticano propaganda al limite del razzismo
Il documento vaticano sull'omosessualità dei preti cattolici è stato reso noto a rate, in più riprese e in varie versioni. Non sappiamo se quello pubblicato dall'agenzia Adista sia quello definitivo o se avremo altri "colpi di scena". Certo è che l'argomento deve essere veramente imbarazzante per la gerarchia vaticana se non viene mai reso noto ufficialmente.

Il contenuto, al di la di alcune timide cautele, è gravemente discriminatorio verso le persone omosessuali e denota un'escalation omofobica preoccupante perchè tende a trasformarsi in propaganda contro le persone omosessuali stesse che va ben al di la della marginale geografia dei seminari cattolici.

L'esclusione non è solo per i comportamenti, ma anche per le tendenze non "praticate", vale a dire per i desideri e persino per coloro che condividono la "cultura gay", ovvero collaborano a vario titolo con i movimenti e le organizzazioni omosessuali. Si tratta di una nuova inquisizione, una polizia del pensiero e del desiderio che non avevamo conosciuto in precedenza e che costituisce un elemento di indubbia novità. Basterà un dubbio, un sospetto per essere esclusi dalle organizzazioni cattoliche. Se tutto ciò riguardasse soltanto la chiesa cattolica sarebbe già di per sè un fatto molto grave;

ma la grande eco pubblica di questo documento lo configurano di fatto come rivolto a tutta la società ed assume una connotazione di propaganda omofobica al limite del razzismo.

Franco Grillini

Presidente Onorario Arcigay

Deputato Ds

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