Note sulla transizione del ruolo di genere
Questa è una versione allargata e completa dei riferimenti del documento letto alla conferenza HBIGDA 2005 di Bologna, Italia 7 aprile 2005 Il crescente successo della transizione di genere che si è diffuso in tutto il mondo nelle ultime quattro decadi, mi ha portato alla convinzione che il riferimento attuale a tematiche di genere nel DSM IV – come sottoinsieme dei disordini sessuali – sia inaccurato e dovrebbe essere rivisto. Rivisiterò brevemente la storia di come le tematiche di genere sono state trattate nelle scorse edizioni del DSM. Elaborerò il concetto in evoluzione di variabilità di genere. Rivisiterò brevemente gli studi che ci hanno portati a una maggiore comprensione del ruolo che la biologia gioca nello stabilirsi dell'identità di genere. Discuterò delle ramificazioni sociologiche e politiche del crescente numero di individui che hanno attraversato una transizione del ruolo di genere. Concluderò proponendo che al posto di Disturbo di Identità di Genere le future edizioni del DSM adottino una descrizione meno stigmatizzante e più appropriate della condizione di variabilità di genere – per esempio Disturbo di Ansietà da Deprivazione dell'Espressione di Genere. Mentre avanziamo nella comprensione di come si forma l'identità di genere, la possibilità che esista una correlazione naturale parziale o completamente negativa tra l'identità di genere e il sesso biologico – in una sezione significativa della popolazione – ha portato molti medici alla richiesta di ripensare globalmente al modo in cui viene trattata la tematica nel DSM. Coloro che vorrebbero vedere dei cambiamenti nel DSM riguardo le questioni di identità di genere si possono racchiudere in due categorie. --Alcuni medici chiedono la rimozione completa di ogni riferimento alle tematiche di genere nella prossima edizione del DSM. --Altri chiedono un'inclusione non patologizzante che riconosco la variabilità di genere come un fenomeno naturale che richiede una combinazione di attenzione psicologica e medica. Io mi schiero dalla parte di chi crede che un'inclusione sia positiva, ma allo stesso tempo chiedo che il riferimento sia spostato dall'insieme dei disordini sessuali a quello dei disordini dell'ansia. STORIA-Dal DSM I al DSM IV-TR L'Associazione Psicologica Americano ha pubblicato quattro edizioni standard del DSM. Ha anche pubblicato due edizioni “rivisitate”. Il DSM I fu pubblicato nel 1952. Il DSM II fu pubblicato nel 1968. Il DSM III fu pubblicato nel 1980 e rivisitato nel 1987. L'ultima edizione standard del DSM, il DSM IV fu pubblicata nel 1994 e rivisitata nel 2000. E' conosciuto come DSM IV – TR (1, 2, 3, 4, 5, 6). Nonostante sia il DSM I e il DSM II citassero il “Travestitismo”, nessuno dei due trattava la tematica dell'identità di genere singolarmente. L'Identità di Genere come tematica "in sè e per sè" non apparve prima della terza edizione. Nel DSM III esordì una nuova categoria di disturbi intitolata “Disordini Psicosessuali”. Questa ha quattro sottosezioni: i Disturbi di Identità di Genere, le Parafilie, le Disfunzioni Psicosessuali e gli Altri Disturbi Psicosessuali, che includeva gli ora defunti Disordini dell'Omosessualità Ego-distonica e i Disordini Psicosessuali Altrove Non Classificati. I Disturbi di Identità di Genere sono a loro volta suddivisi in tre aree specifiche: Transessualismo, Disturbo di Identità di Genere dell'Infanzia, e Disturbo di Identità di Genere Atipico. I Disturbi di Identità di Genere nel DSM III --- Transessualismo Il DSM III caratterizza i Disturbi di Identità di Genere prima come insieme e poi in una serie di sottogruppi. In quanto gruppo, i Disturbi di Identità di Genere sono descritti come segue: La caratteristica principale dei disturbi inclusi in questa sottocategoria è un'incongruenza tra il sesso anatomico e l'identità di genere. L'identità di genere è il senso di consapevolezza del proprio sesso di appartenenza, ovvero la consapevolezza di “essere maschio” o “essere femmina”. L'identità di genere è l'esperienza privata del ruolo di genere, e il ruolo di genere è l'espressione pubblica dell'identità di genere. Il ruolo di genere può essere definito come tutto quello che uno dice e fa, incluso l'eccitamento sessuale, per indicare agli altri o a sè stesso il grado in cui si è maschio o femmina. Nel suo insieme, penso che questa sia una buona definizione. Il manuale va avanti e include la seguente descrizione degli individui che si riconoscono nel disturbo. • Solitamente si lamentano di sentire disagio nel vestire con abiti del proprio sesso anatomico • Spesso scelgono di impegnarsi in attività generalmente associate con il sesso opposto • Spesso considerano i propri genitali ripugnanti, e questo può portare a richieste persistenti di riassegnazione sessuale attraverso la chirurgia e l'assunzione di ormoni • In vari gradi il loro comportamento, abbigliamento e gestualità sono quelli del sesso opposto • Hanno moderati o numerosi disturbi di personalità coesistenti • Sono soggetti a frequente depressione e ansia • Senza trattamento, il decorso è cronico e ininterrotto • Il loro funzionamento sociale e occupazionale è spesso significativamente danneggiato, la depressione è frequente e, in rari casi, il maschio può arrivare all'automutilazione dei genitali. C'è un ulteriore sottoclassificazione basata sulla preferenza sessuale. Le sotto-classificazioni sono: asessuale, omosessuale (stesso sesso anatomico), eterosessuale (altro sesso anatomico), e non specificato. Disturbo di Identità di Genere dell'Infanzia Nel DSM III, il Disturbo di Identità di Genere dell'Infanzia è definito, in parte, come segue: Parafrasando le evidenziazioni dal resto della descrizione: • Le ragazze con questo disturbo frequentano gruppi maschili, hanno un forte interesse negli sport e nei giochi violenti e nelle risse, e una mancanza di interesse nel giocare con le bambole. • I ragazzi con questo disturbo sono costantentemente occupati da attività tipicamente femminili. Possono avere una preferenza per il travestimento in abiti femminili, o possono improvvisare tali oggetti quando gli originali non sono disponibili • Alcuni bambini rifiutano di frequentare la scuola perchè vengono presi in giro o ricevono pressioni affinchè aderiscano agli stereotipi del proprio sesso • La maggior parte dei bambini con questo disturbo negano di avere un problema, specialmente quando questo li porta a un conflitto con le aspettative della famiglia o dei coetanei • Alcuni di questi bambini, in particolare le ragazze, non mostrano segni di psicopatologia. Altri possono mostrare seri segnali di disturbo come fobie o incubi persistenti. DSM III-R Nel DSM III-R pubblicato sette anni più tardi, la categoria dei Disturbi Psicosessuali fu rimossa completamente. Le questioni di variabilità di genere furono elencate sotto il titolo di Disturbi di Identità di Genere e indicizzate alfabeticamente dopo i Disturbi dell'Alimentazione. La definizione di Disturbi di Identità di Genere inclusa nel DSM III e annotata più sopra è ripetuta, con la sola differenza che al Transessualismo è dato risalto nel testo. DSM IV Nel 1994, con l'uscita del DSM IV, la sezione intitolata Disturbi dell'Identità di Genere fu rimpiazzata con un termine singolo, Disturbo dell'Identità di Genere (GID) (in italiano "DIG". NdT) e suddivisa in tre, invece che quattro, aree: Disturbo dell'Identità di Genere nei Bambini, Disturbo dell'Identità di Genere nell'Adolescenza e Adulti, e Disturbo dell'Identità di Genere dove non altrimenti specificato. Il termine “Transessualismo” è stato eliminato. Più importante, il GID è stato riclassificato come disturbo sessuale piuttosto che psicologico. E' indicizzato direttamente dopo Voyerismo e Parafilia nella sezione dei Disturbi dell'Identità di Genere e Sessuale. Come risultato di questo cambiamento, una condizione che nel DSM III era descritta principalmente nei termini delle difficoltà psicologiche affrontate dagli individui dalla variabilità di genere, è diventata un'astratta descrizione dei comportamenti stereotipiti cross-gender e implica una sessualità anormale. Solo la menzione sulla “passabilità” fa riferimento alle difficoltà psicologiche inerenti all'essere una variante di genere. Il cambio di posizionamento è stato spiegato dal Sottocomitato sui Disturbi di Identità di Genere del DSM IV nel suo Interim Report (7) pubblicato negli Archivi del Comportamento Sessuale: “Una questione basilare considerata dal sottocomitato, che tuttavia non era nella sua giurisdizione cambiare, è stata la categoria diagnostica in cui i disturbi di identità di genere dovevano essere inseriti. Nel DSM III, il Transessualismo e il Disturbo di Identità di Genere dell'Infanzia era inserita nella categoria estesa dei Disturbi Psicosessuali. Nel DSM III-R, la categoria Disturbi Psicosessuali fu eliminata, e molte delle diagnosi precedenti furono spostate in una nuova categoria nominata Disturbi Sessuali”. All'apparenza, i membri del sottocomitato erano consapevoli delle implicazioni negative del rimettere le questioni dell'identità di genere nuovamente tra i Disturbi Sessuali ma per ragioni non specificate non hanno fatto richiesta per una sistemazione meno stigmatizzante. Ci sono altri problemi con la descrizione del DSM IV. Una delle più ovvie è l'elenco dei comportamenti stereotipi del cross-gender come “sintomi”. Non è fatta menzione della possibilità che questi comportamenti cross-sex possano essere l'imitazione di comportamenti atti a dare sollievo all'ansia provocata naturalmente da un disaccordo tra il genere e il sesso fisico. Gli autori del DSM IV scrivono della preoccupazione per il comportamento cross-gender come se fosse questo comportamento a essere patologico. Per esempio: • Nei ragazzi, l'identificazione cross-gender si manifesta con un interesse spiccato per attività tradizionalmente femminili. • Possono avere una preferenza per l'abbigliamento femminile, o possono improvvisare quando tale abbigliamento non è disponibile. Asciugamani, grembiuli e sciarpe sono usati spesso per simulare capelli lunghi e gonne. • C'è una forte attrazione per giochi e passatempi tipicamente da ragazze. Amano particolarmente giocare a gestire la casa, disegnare belle ragazze e principesse e guardare video dei loro personaggi femminili preferiti. • Bambole che incarnano lo stereotipo femminile, come Barbie, sono spesso i loro giochi preferiti, e le altre ragazze sono i compagni di gioco preferiti. Quando giocano alla “casa”, questi ragazzi interpretano ruoli di figure femminili, più comunemente madri, e spesso sono occupati con figure di fantasia femminili. • Evitano risse e sport competitivi, e dimostrano scarso interesse per macchine, camion e altri giochi non aggressivi ma tipicamente maschili. • Possono insistere nell'affermare di voler essere ragazze, e che crescendo diventeranno donne. • Possono insistere nell'urinare seduti e fingere di non avere un pene spingendolo tra le gambe. • Più raramente, ragazzi con un Disturbo di Identità di Genere possono dire di trovare il loro pene o i loro testicoli disgustosi, ed esprimere il desiderio di rimuoverli, o di avere una vagina. Il paragrafo successivo, riguardante le ragazze, prosegue sullo stesso tono: “Le ragazze con un Disturbo d'Identità di Genere mostrano reazioni intense e negative alle aspettative parentali e ai tentativi di far loro indossare abiti e accessori femminili. Alcune possono rifiutare di andare a scuola o di partecipare a eventi dove è richiesto tale abbigliamento. Preferiscono vestiti da ragazzo e capelli corti, sono spesso confuse per maschi dagli sconosciuti, e possono chiedere di essere chiamate con un nome maschile. I loro eroi di fantasia sono spesso figure fortemente maschili, come Batman o Superman. Queste ragazze preferiscono i maschi come compagni di gioco, e con loro condividono l'interesse negli sport aggressivi, nella lotta, e nei giochi tipicamente maschili. Mostrano scarso interesse per bambole e qualunque forma di abito femminile o attività di ruolo femminile. Una ragazza con questo disturbo può occasionalmente rifiutarsi di urinare in posizione seduta. Può affermare di avere o di essere sicura di sviluppare un pene, e può rifiutare la crescita dei seni e le mestruazioni. Può affermare che da grande sarà un uomo. Queste ragazze mostrano tipicamente un'identificazione cross-gender nel gioco di ruolo, nei sogni e nelle fantasie. L'aspetto più preoccupante di questi passaggi è che la descrizione dei comportamenti infantili che intende descrivere uno sviluppo anormale dell'identità di genere, non è nei fatti rappresentativo della maggioranza degli individui geneticamente maschi che presentano in età adulta richiesta di riassegnazione di genere. Almeno il 90% dei maschi genetici con cui ho lavorato negli ultimi 21 anni ha raccontato di aver avuto un'infanzia che agli altri appariva perfettamente normale. Questa descrizione rappresenta al meglio solo quei bambini che sono stati portati nei centri di trattamento dai genitori, che disapprovavano l'espressione di genere del loro figlio. Al punto in cui alcuni di questi comportamenti sono presenti ad un livello o a un altro, l'insistenza del bambino stesso riguardo l'espressione di genere dovrebbe essere considerata come indicatore del fatto che vi è un'identità di genere del sesso opposto a quello assegnato alla nascita. Commentando la descrizione del DSM IV, Katherine Winters (8) scrive: Variabilità di genere In anni recenti, in contrasto con l'idea dei problemi di identità di genere come disturbi mentali, molti medici che lavorano regolarmente con questo tipo di pazienti è arrivato a pensare a questo fenomeno non come una patologia ma come una variazione naturale alla concezione comune, binaria maschio/femmina del genere. In aiuto alla depatologizzazione del fenomeno, il termine “variabilità di genere” sta prendendo piede. Per esempio, nella conferenza HBIGDA 2001 che si è tenuta a Galveston Texan, Lin Fraser (9), che opera a San Francisco nel campo della psicoterapia, ha affermato: “Quello che vediamo, in pratica, sono tante persone diverse, alcune nel sistema binario tradizionale dei generi, altre no. Sono varianti di genere, “gender different”, sono membri della comunità queer o comunque non binari in altro modo. Ci sono molte variabili.” E questa dalla psicoterapista Rebecca Auge (10), che anch'essa opera nella zona di San Francisco: “I clienti transgender nella zona di San Francisco sono di diverso tipo. In generale, si può trovare una maggiore variabilità nell'espressione di genere che dieci anni fa; questo è stato evidente lo scorso giugno, al corteo del Pride LGBT in San Francisco che includeva partecipanti Musulmani, Armeni e Cinesi. Le varianti dell'identità e del ruolo di genere incontrate non si limitano a un sistema dei generi strettamente binario. Come risultato, i nostri clienti ci stanno aiutando a creare una nuova mappa del genere. Quello che emerge è un panorama di possibili soluzioni alle questioni transgender”. Sviluppi dalla Pubblicazione del DSM IV Insieme ad un ampio numero di documenti che riportano l'efficacia della terapia ormonale sostitutiva nel trattamento della condizione di variabilità di genere, ci sono tre documenti importanti che vale la pena citare che hanno presentato dati fisiologici a dimostrazione del fatto che buona parte dell'identità di genere dell'individuo possa dipendere da eventi biologici fuori dal nostro controllo. Nel 1997 Zhou et al. (11) pubblicò uno studio dove veniva esaminato il volume della suddivisione centrale del nucleo della stria terminalis (BSTc) del cervello di sei transessuali MtF. Venne rilevato un BSTc dalle dimensioni femminili in tutti i soggetti. Questo portò i ricercatori a dichiarare che le transessuali geneticamente maschi possiedono un cervello dalla struttura femminile, a supporto dell'ipotesi che l'identità di genere si sviluppa come risultato dell'interazione tra il cervello in fase di sviluppo e gli ormoni sessuali nell'utero. Di conseguenza, l'individuo potrebbe sviluppare un'identità di genere parzialmente o totalmente cross-sexed. Krujver et al. (12) condusse uno studio simile dopo quello di Zhou. Krujver e i suoi colleghi contarono il numero di neuroni “somatostatin-expressing” nel BSTc di 42 soggetti in relazione al sesso, all'orientamento sessuale, all'identità di genere, e ai livelli ormonali del momento e passati. Scoprirono che, indipendentemente dall'orientamento sessuale, i maschi avevano almeno il doppio dei neuroni somatostatin rispetto alle femmine (P < 0.006). Il numero di neuroni nel BSTc di transessuale MtF era simile a quello delle femmine (P = 0.83). Al contrario, il numero di neuroni di un transessuale FtM fu scoperto essere nei livelli standard maschili. Tramite controlli accurati, mostrarono che il trattamento ormonale e le variazioni dei livelli degli ormoni sessuali nell'età adulta non sembravano aver influenzato il numero di neuroni BSTc. Gli autori concludono dicendo: “I dati rilevati riguardo le differenze sessuali dei neuroni somatostatin nel BSTc e il suo contrario nel cervello transessuale pare essere una conferma dell'ipotesi che nei transessuali la differenziazione sessuale del cervello e dei genitali può andare in direzioni opposte e condurre a una base neurologica del disturbo di identità di genere”. In aggiunta a questo, abbiamo ora sei documenti relativamente recenti pubblicati sul Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA che descrivono un processo peri-natale conosciuto come defemminizzazione – o la perdita della capacità di mostrare comportamenti tipici femminili nei maschi, e comportamenti maschili nelle femmine ( 13,14,15,16,17,18). Questo nuovo tipo di ricerche, condotte su topi e ratti, è basato principalmente sull'assunto che i maschi neonati – diversamente dalle femmine neonate – producano androgeni ed estrodiolo, e che quel minimo eccesso di ormone presente nello stadio critico dello sviluppo del cervello possa interrompere la normale mascolinizzazione o femminilizzazione del cervello. Nell'agosto del 2000 Auger et al. scriveva: Un aspetto centrale della differenziazione del cervello mediata dallo steroide è che, nonostante il testosterone secreto dai testicoli sia il segnale ormonale primario, una volta nel cervello questo viene metabolizzato in due molecole principali: dihydrotestosterone dalla riduttasi 5 alfa o estradiolo dall'aromatasi. La successiva attivazione dei recettori dell'androgeno o dell'estrogeno è responsabile della defemminilizzazione, mentre l'attivazione dell'accresciuto recettore androgeno sembra essere responsabile della mascolinizzazione. Bloccando l'aromatizzazione del testosterone in estradiolo si interferisce con la defemminilizzazione ma non con la mascolinizzazione nei ratti maschi, poichè i recettori dell'androgeno sono ancora attivati. Seguendo l'esempio di Auger e di altri, Andrea Kudwa e i suoi colleghi, dopo un certo numero di esperimenti sui topi, confermarono che l'estradiolo è l'agente principale nel processo di defemminilizzazione. Scrissero: Lo sviluppo delle differenze di sesso neurali è iniziato dall'estradiolo, che attiva due processi nei neonati maschi; la mascolinizzazione, lo sviluppo di comportamenti maschili, e la defemminilizzazione, la perdita di capacità di adottare comportamenti femminili. Il solo fatto che ci sia uno specifico processo di mascolinizzazione e defemminilizzazione nel cervello del feto in sviluppo e che sia sensibile al disturbo ambientale come all'introduzione accidentale o volontaria di ormoni esogeni (per esempio il DES), dà credito alla convinzione che la condizione di variabilità di genere possa essere diffusa in un numero significativo di persone. Il caso David Reimer “John/Joan” Infine, è utile rivedere il famoso caso David Reimer (“John/Joan”), ora che nuovi sviluppi sono stati portati alla luce. Ecco un riassunto del caso. Nel 1972, John Money (19, 20) e i suoi colleghi alla Johns Hopkins University riferirono di aver riassegnato con successo il sesso di un bambino di 8 mesi parte di una coppia di gemelli genetici, che aveva subito l'abrasione del pene durante un incidente di circoncisione (Money, 1972, 1975). Ritenendo secondo la convinzione ampiamente diffusa in quel periodo che gli individui fossero psicosessualmente neutrali alla nascita e che un sano sviluppo psicosessuale dipendesse dall'aspetto dei genitali e dall'educazione, Money suggerì ai genitori di dare al ragazzo un nome femminile e di crescerlo come una ragazza. Sul ragazzo furono effettuate una rimozione dei testicoli e una neovagina preliminare per facilitare la femminilizzazione e aiutare il bambino e la famiglia a identificarlo come ragazza. Visite annuali si tenevano al Johns Hopkins Hospital, dove i dottori esaminavano i genitali del bambino e lo incoraggiavano a giocare e comportarsi come una bambina. Nelle documentazioni si riporta che il bambino cresceva come una normale ragazza e accettava la sua vita come “Joan”. I media popolari presero atto del “successo” riportato da Money, facendo notare che questo caso dava grande credito alla convinzione che gli schemi tradizionali dei comportamenti maschili e femmili potessero essere alterati dall'educazione del bambino (Time Magazine, 8 gennaio 1973). Gli studi sociologici, psicologici e perfino i “women's studies” cominciarono a riflettere la nozione che il comportamento maschile e femminile era più un fatto di educazione che di natura. Ora sappiamo che nulla di quanto riportato del cosiddetto “successo” del team del Johns Hopkins, e rinforzato pubblicamente per più di 20 anni, era vero. La realtà del caso John/Joan uscì allo scoperto nel 1997 quando Diamond e Sigmundoson (21) pubblicarono il loro controverso pezzo “Riassegnazione di sesso alla nascita: rivisitazione a lungo termine e implicazioni cliniche”, negli Archivi della Medicina dell'Adolescenza. In quel pezzo essi rivelavano che quel famoso caso di riversamento di ruolo di genere era stato in realtà un tragico fallimento. Un alteriore approfondimento del caso è stato effettuato da John Colapinto (22) nel suo libro “As nature made him: il caso di un ragazzo che fu cresciuto come una ragazza”. Le nuove conoscenze riguardanti il genere svelate da queste indagini dovrebbero risultare in una nuova linea di pensiero riguardo la variabilità di genere nella prossima edizione del DSM. Nonostante fosse stato cresciuto come una bambina e gli fosse stato detto da sempre di essere una femmina, e pur avendo genitali all'apparenza femminili che potevano essere confrontati con il pene del fratello gemello (particolare fatto notare nel corso delle prime visite presso il Johns Hopkins Hospital), e anche dopo la somministrazione di estrogeno durante la pubertà, David mantenne sempre una forte percezione della sua identità maschile. Non solo rigettava il concetto di essere una femmina, ma rigettò anche la terapia di estrogeni poco dopo l'inizio della sua somministrazione. Questo è un esempio chiaro e inconfutabile di cosa succede quando un individuo è privato della sua espressione di genere innata e forzato a una terapia ormonale sostitutiva. In un'intervista con Colapinto, David gli disse che gli ormoni lo facevano sentire “buffo” e che detestava l'effetto femminilizzante che avevano sul suo corpo. Da notare: questo è l'esatto opposto di quanto riportano i maschi affetti da disforia di genere all'inizio della transizione verso il ruolo di genere femminile. Quando intorno ai quattordici anni divenne chiaro ai genitori di David che l'esperimento era fallito miseramente, essi dissero a David cos'era successo. Lui immediatamente cessò l'assunzione di estrogeno e cominciò il trattamento con il testosterone. La sua vita andò avanti, e David giunse a sposarsi come uomo e a fare da genitore per un bambino, ma non superò mai davvero il trauma di quella scoperta. Si suicidò nel maggio del 2004. Lezioni dal caso Reimer: l'Inadeguatezza Fallica Precedentemente alla pubblicazione del DSM IV, era pratica standard sanzionata dall'Accademia Americana dei Pediatri (23) suggerire ai dottori di “normalizzare” i genitali in tutti i casi di neonati geneticamente maschi nati con estrofia cloacale e genitali ambigui. I genitori, di routine, erano avvertiti del fatto che per prevenire disfunzioni psicosociali sarebbe stato meglio riassegnare subito il loro bambino maschio al sesso femminile, e il bambino veniva sottoposto all'operazione di orchiectomia bilaterale e costruzione di una vulva. Ai parenti veniva consigliato anche di non dire a nessuno, specialmente al bambino, del suo vero background genetico. Tre erano i fattori dominanti in questa pratica: il bisogno di dire ai parenti quale fosse inequivocabilmente il sesso del nascituro; il fatto che è più facile creare chirurgicamente una vagina con il materiale disponibile piuttosto che allargare un micropene; e la convinzione che l'identità di genere fosse un costrutto sociale, e che il bambino avrebbe avuto una vita più soddisfacente come ragazza che come ragazzo senza un pene funzionante. Con le rivelazioni del caso Reimer e la pubblicazione di altri casi dove bambini intersessuati avevano rifiutato il sesso a cui erano stati riassegnati, alcuni membri della comunità medica cominciarono a ripensare al consiglio di riassegnare bambini maschi al femminile semplicemente a causa della presunta inadeguatezza del loro pene. Uno degli studi più importanti fu condotto recentemente da Reiner e Gearhart (24). Fino a poco tempo fa entrambi i dottori erano associati ai dipartimenti di Psichiatria e Urologia alla Johns Hopkins University. Valutarono i casi di 16 maschi genetici che soffrivano di estrofia cloacale, con un'età variabile dai 5 ai 16 anni. Da neonati, 14 dei 16 soggetti erano stati sottoposti alla riassegnazione sessuale, sociale, legale e chirurgica in femmine. I genitori degli altri due soggetti rifiutarono la riassegnazione sessuale, e i bambini erano stati cresciuti come maschi. Usando questionari dettagliati, gli autori valutarono il ruolo sessuale e l'identità dei soggetti come definita dalla loro “persistente dichiarazione del loro sesso”. Riportarono che 8 dei 14 soggetti assegnati al sesso femminile dichiaravano di essere maschi, mentre i due soggetti assegnati come maschi si identificavano come maschi. Notarono anche che “Tutti e 16 i soggetti avevano interessi e atteggiamenti moderatamente o marcatamente maschili” , e conclusero: “La riassegnazione neonatale chirurgica di maschi genetici può risultare in un'identificazione sessuale imprevedibile. L'intervento clinico in tali bambini dovrebbe essere riesaminato alla luce di queste scoperte” . Queste scoperte supportano la tesi emergente che nonostante la credenza ancora ampiamente diffusa, i genitali non sono la sede del proprio senso di sè. E neanche il sesso in cui si viene educati è particolarmente efficace nello stabilire permanentemente un'identità di sè. Infatti, le persone transessuali Female-to-male sono testimoni del fatto di possedere una psiche maschile a prescindere dalla propria configurazione dei genitali. Come detto prima, la maggior parte delle transessuali MtF vengono cresciute come maschi. Usando questionari dettagliati, gli autori valutarono il ruolo sessuale e l'identità dei soggetti come definita dalla loro “persistente dichiarazione del loro sesso”. Riportarono che 8 dei 14 soggetti assegnati al sesso femminile dichiaravano di essere maschi, mentre i due soggetti assegnati come maschi si identificavano come maschi. Notarono anche che “Tutti e 16 i soggetti avevano interessi e atteggiamenti moderatamente o marcatamente maschili” , e conclusero: “La riassegnazione neonatale chirurgica di maschi genetici può risultare in un'identificazione sessuale imprevedibile. L'intervento clinico in tali bambini dovrebbe essere riesaminato alla luce di queste scoperte” . Queste scoperte supportano la tesi emergente che nonostante la credenza ancora ampiamente diffusa, i genitali non sono la sede del proprio senso di sè. E neanche il sesso in cui si viene educati è particolarmente efficace nello stabilire permanentemente un'identità di sè. Infatti, le persone transessuali Female-to-male sono testimoni del fatto di possedere una psiche maschile a prescindere dalla propria configurazione dei genitali. Come detto prima, la maggior parte delle transessuali MtF vengono cresciute come maschi. Il trattamento di successo di migliaia di individui che presentavano disforia di genere e trattati secondo gli standard Harry Benjamin rivela che il cross-dressing e altri comportamenti cross-sex sono stati il modo per questi utenti di affrontare il disagio di appartenere a un genere differente da quello assegnato alla nascita. In definitiva, il modo più comune per trattare questa anomalia in individui con variabilità di genere è incoraggiare sani comportamenti cross-sex, non eliminarli. Inquadrando la condizione di variabilità di genere come Disturbo dell'Identità di Genere con l'implicazione che l'individuo sia confuso e incapace di determinare il suo vero genere, e descrivendo i sintomi principalmente in termini di comportamenti cross-gender, il DSM IV-TR continua a ignorare quello che gli specialisti vedono solitamente quando individui con variabilità di genere si presentano per il trattamento. Se la situazione è critica, gli specialisti spesso si trovano a dover trattare una qualche forma di depressione, ansia, spersonalizzazione, paura, rabbia, uno schiacciante senso di colpa e una minaccia reale di suicidio. Questi sintomi secondari sembrano emergere come risultato di decenni di pressione sociale forzata a conformarsi a un'espressione di genere che loro sanno essere sbagliata e che non riescono più a tollerare. La vita di David Reimer e il suo tragico suicidio attestano con certezza il danno potenziale alla psiche che decenni di privazione forzata della propria espressione di genere possono causare. Riflessioni per il futuro DSM V Mentre il DSM prepara il prossimo aggiornamento, invito gli autori a considerare che il comportamento cross-gender tipico delle persone con variabilità di genere non è un disturbo sessuale e neanche un disturbo di identità di genere. Piuttosto è un disturbo di ansia secondario alla privazione fisica e sociologica della propria espressione di genere. Piuttosto che descrivere questa serie di comportamenti come “Transessualismo” o “Disturbo d'Identità di Genere”, propongo come ho già fatto (25) di descrivere questa condizione come Disturbo d'Ansia da Deprivazione dell'Espressione di Genere - Gender Expression Deprivation Anxiety Disorder (GEDAD). I vantaggi di questa terminologia: • GEDAD riconosce tacitamente che l'espressione di genere è un elemento critico in ciò che ci rende umani. • GEDAD riconosce tacitamente che l'espressione di genere è un dettame della nascita. Non è negoziabile. • Diversamente da GID, GEDAD non connota disturbi o confusione in qualcuno che si presenta per una questione di genere. Questo dovrebbe escludere la possibilità di usare il DSM in obiezioni di carattere religioso/politico alla transizione del ruolo di genere come parte del piano di trattamento. • GEDAD descrive quello che l'individuo realmente prova. • GEDAD può essere inserito in una directory di disturbi che permetta al Servizio Sanitario Nazionale di coprire le spese del trattamento senza gli strascichi negativi che l'espressione Disturbo di Identità di Genere si porta dietro. Riguardare i risultati di trattamento di casi dove le caratteristiche sessuali secondarie di un individuo sono state modificate per adeguarle al senso innato della sua identità di genere e il seguente successo della vita di quell'individuo mostra che non passerà molto tempo prima che i medici accettino che non si tratta di un problema di identità confusa ma un problema di privazione dell'espressione di genere. La lunga storia di successi nel campo del trattamento dei transessuali ha mostrato che un numero significativo di persone che soffrivano di una divergenza tra genere e sesso hanno approfittato di un trattamento che considerava il loro genere interiore come l'unico elemento non modificabile dell'insieme. Nonostante il fatto che i famosi ed efficaci Standars of Care di Harry Benjamin sottolineino come il genere dell'individuo e il suo sesso cromosomico rimangano discordi, viene raggiunto solitamente un permanente sollievo al proprio disturbo. La somministrazione esogena di ormoni del sesso opposto si è dimostrata avere un effetto profondo e quasi immediato di stabilizzazione della psiche dell'individuo con variabilità di genere. La medicazione sembra risolvere uno stato di disequilibrio ormonale nel cervello che il sistema endocrinologico dell'individuo non riusciva ad aggiustare. In effetti i testicoli nel caso di individui MtF pre-transizione e le ovaie nel caso di FtM pre-transizione potrebbero giocare un ruolo nell'esacerbare il problema. Un ulteriore sollievo viene ottenuto con le eventuali operazioni chirurgiche e la re-socializzazione nel nuovo ruolo di genere, che pone fine al problema della privazione dell'espressione di genere. Possiamo e dobbiamo fare meglio con il DSM V Se partiamo con la premessa che solo l'individuo può sapere il suo genere, dobbiamo riconoscere che un individuo con variabilità di genere, adulto o bambino, ha ragione ed è giustificato nel trovare difficoltà quando cerca di sopravvivere in un sistema chiuso di binarietà di genere. L'identità di genere sembra non avere altra funzione nella psiche umana che imporre un'espressione maschile o femminile. Essere forzati ad adottare un'espressione di genere cross-sex come unico modo per stare al mondo ed essere accettati dagli amici, dalla famiglia e dalla società è stato dimostrato essere insostenibile. Cos'altro potrebbe spiegare l'ampio numero di persone che a metà della loro vita hanno rischiato tutto quello che amavano per risolvere la loro discontinuità sesso/genere, transizionando al ruolo di genere opposto? Inoltre, come altrimenti spiegare lo schiacciante numero di risultati di successo ottenuti in questi casi di individui che non si sentivano a posto con il loro genere di nascita? Alla conferenza del 2003 dell'Associazione degli Psicologi Americani (APA) a San Francisco, i partecipanti hanno discusso della possibilità di rimuovere il Disturbo di Identità di Genere dal DSM. Citando il pensiero attuale che considera l'omosessualità non come un disturbo, i partecipanti hanno suggerito che in mancanza di prove, anche la condizione di variabilità di genere potrebbe essere una variante frequente del comportamento umano. Karasic e Kohler (26) hanno scritto: “ Ci sono molti problemi nel modo in cui la psichiatria vede le persone transgender. Etichettando un'identità come un disturbo mentale, contrariamente all'identificare i sintomi nello stesso modo in cui si fa per la depressione, il disturbo d'ansia o altri disturbi del DSM, la si rende patologica, e questo può ferire i nostri pazienti ”. Dopo oltre cinquant'anni di trattamento dei disturbi di genere con ormoni, è fuori discussione che a parte qualche possibile effetto collaterale fisico negativo gli ormoni del sesso opposto siano il punto centrale di un regime di trattamento di successo per questo tipo di persone (27, 28). Quando degli antidepressivi vengono prescritti per curare la depressione, questi sono considerati farmaci psicotropi. Allo stesso modo quando un individuo con variabilità di genere prende ormoni, questi per lui sono farmaci psicotropi. Ramificazioni Politiche Oltre alla preoccupazione teurapeutica, ci sono ragione politiche per considerare questa questione. Mentre la comunità transgender ha ottenuto qualcosa nel vedere riconosciuti i propri diritti umani, la comunità cristiana negli Usa ha dichiarato che aiutare le persone nella transizione verso il loro ruolo di genere preferito è immorale. Per aggiungere credibilità a questo argomento hanno fatto notare che il termine Disturbo di Identità di Genere proviene dal DSM, un manuale di disturbi mentali. Concludono quindi, affermando che dal momento che il Disturbo di Identità di Genere è un disturbo mentale, gli interventi ormonali e chirurgici che fanno parte della transizione del ruolo di genere dovrebbero essere rimpiazzati da una terapia psicologica a lungo termine. C'è un esempio di tale tipo di argomentazione sul sito web The Traditional Values Collation web site (29): La nostra professione medica non favorisce gli individui sessualmente confusi alterandoli fisicamente così che possano fingere di essere qualcosa che non saranno mai. I chirurghi che mutilano uomini e donne che soffrono di Disturbo di Identità di Genere dovrebbero essere condannati dai loro colleghi medici. ... Individui confusi dal loro genere hanno bisogno di una lunga terapia psicologica, non di approvazione per quello che è chiaramente un disturbo mentale”. Jerry Leach, che si descrive come responsabile di un “ministero internazionale per individui afflitti da confusione di identità di genere, omosessualità e dipendenza sessuale”, scrive sul suo sito Realityresources.com (30). “ Nel transessualismo, non solo l'identità sessuale è confusa ma c'è anche un progressivo distacco dal ruolo di genere che è stato donato da Dio. Il risultato finale è il suo rigetto completo, e l'assunzione di una figura e di un ruolo pseudo-femminili ”. Robert Knight, il direttore dell'Istituto Cultura e Famiglia, un affiliato del Concerned Women for America, interviene. “ Nessuno fa un favore a queste povere persone confuse incoraggiandole a coltivare il loro disturbo. Stiamo parlando di una disfunzione seria, qui ”. Infine, il fondatore dalla Coalizione dei Valori Tradizionali, il reverendo Louis P. Sheldon (31) si è preso il tempo di scrivere all'U.S. Internal Revenue Service nel dicembre 2004 per conto delle 43.000 chiede della coalizione per lamentarsi del supporto dell'Internal Revenue Service verso il diritto dei transessuali male-to-female a detrarre le spese chirurgiche di transizione dalle tasse, essendo una procedura medica necessaria e non cosmetica. Ecco parte della lettera del reverendo Sheldon: “ La decisione di rendere detraibili dalle tasse le operazioni di “cambio di sesso” manda un messaggio sbagliato all'individuo che soffre di Disturbo di Identità di Genere. Questa è una condizione mentale, non una che richiede la chirurgia. Infatti concedendo questa detrazione dalle tasse il vostro istituto incoraggerà altri individui mentalmente disturbati a considerare un tale tipo di chirurgia come pratica chirurgica non necessaria per quella che è una mente disturbata ”. Conclusioni Nel DSM IV e DSM IV-TR, l'inserimento del termine “Disturbo di identità di genere” tra i Disturbi Psicosessuali porta a pensare alcuni praticanti che l'individuo con questa condizione abbia un disturbo psicosessuale; cioè che la persona con questo disturbo rifiuti di accettare la realtà del proprio corpo e della propria identità per ragioni sessuali. I recenti studi, tuttavia, hanno mostrato chiaramente che la maggior parte delle persone che presentano una seria disforia di genere hanno un ottimo senso di sè e sono acutamente consapevoli del fatto che la propria identità sia discorde dal proprio sesso biologico. In concomitanza con un'identità di genere c'è il bisogno per un'espressione di genere. Vedersi negata la propria espressione di genere in virtualmente ogni aspetto della propria vita porta a una certa combinazione di depressione, ansia, spersonalizzazione, paura, rabbia, senso di colpa schiacciante e una minaccia seria di suicidio. Oltre a questo, la terminologia descrittiva usata nel DSM IV e DSM IV-TR rinforza gli stereotipi negativi sulle persone con variabilità di genere. Nonostante le forti dimostrazioni dell'efficacia degli interventi ormonali e chirurgici, il DSM IV e DSM IV-TR non legittimano questi interventi nei casi in cui sarebbe l'unico tipo di trattamento logico. Come alternativa, propongo che nella prossima edizione del DSM, il dis-agio o la disforia associati all'essere individui con variabilità di genere siano spostati dalla categoria dei Disturbi Sessuali a quella dei disturbi d'ansia; nello specifico, siano rinominati come Disturbo d'Ansia da Deprivazione dell'Espressione di Genere. Le informazioni citate dovrebbero costituire la base perchè una persona che ha combattuto tutta la vita con la disforia di genere sia accettata come persona con variabilità di genere, e perchè gli sia assegnato un trattamento medico e psicologico che allievi la sua ansia. Gli autori del DSM IV-TR ci dicono: “ Bisogna notare che il DSM IV riflette un consenso sulla classificazione e la diagnosi di disturbi mentali riscontrati al tempo della sua pubblicazione iniziale. Le nuove conoscenze generate da studi o esperienze cliniche porteranno senza dubbio a una maggiore comprensione dei disturbi inclusi nel DSM IV, all'identificazione di nuovi disturbi, e alla rimozione di alcuni disturbi nelle prossime classificazioni ”. E' ora di rimuovere il Disturbo di Identità di Genere e rimpiazzarlo con una nuova classificazione: Disturbo d'Ansia da Deprivazione dell'Espressione di Genere. Anne Vitale Ph.D. REFERENZE Dear Mirella Thank you for asking me permission to translate the speech I gave at the Bologna HBIGDA Conference and post it on your web site. Please feel free to translate the piece you mention and anything else I have written that you find interesting. Thank you for the good work you do in Italy in regard to transgender rights. Even though I was born and raised in the USA my family roots go back to Palermo where my father's parents were born and Alberobello where my mother's parents were born and raised. My trip to Bologna was something of a home coming for me. I had a great time on my visit and am looking forward to returning to Italy again some day. Grazie ancora per la traduzione del mio discorso. (cut) Anne Vitale PhD |