TRANSFEMMINISMO: LASCIATELE SCATENARSI Lo hanno detto al New York Times quindi dev'essere ufficiale: Le persone Trans sono tante e sono qui per restare. L'articolo del Times "On campus, Ripensando la Biologia" datato 7 marzo ci illumina sul fatto che le persone transessuali (che mutano l'aspetto ormonale e/o anatomico del loro sesso biologico) e quelle transgender (che si ridefiniscono in termini di genere ma non si sottomettono ad interventi medici) sono sempre piu' visibili e si fanno sempre più sentire e sono la fuori a fare cose che shoccano, cose sovversive quali andare all'Università e lavorare per condizioni di vita appropriate in ogni campo della loro vita. Questi sforzi riportano a galla questioni di uguaglianza, ma ci fanno anche riflettere sulla natura del significato di attributi come il sesso e il genere, che di solito consideriamo fissi ed immutabili. Le persone trans hanno avuto accesso alle pagine del Times solo di recente, ma il dibattito sulle questioni legate alla loro realta' non e' nuova agli ambienti femministi. A partire dalla controversia riguardo l'ammissione al 30esimo festival musicale del Michigan, riservato solo a "donne per nascita", alla questione della potenziale perdita delle lesbiche butch da parte della comunita' lesbica, accettando quella transessuale, le persone trans obbligano le femministe a porsi domande difficili, addirittura scomode. E non si tratta
esclusivamente di domande sulle persone trans, anche
se ne hanno l'apparenza. Sono domande sulla natura del
femminismo, sul fondamentalismo e sul binarismo e su
come reagire opponendosi a quelle ideologie di genere
che opprimono. In alcuni ambienti ci si chiede
addirittura se sia giusto che le questioni Trans
vengano trattate all'interno del dibattito femminista. Non viene gia' chiesto abbastanza alle femminste senza
che si debbano anche prendere cura di questioni
riguardanti persone che non sono biologicamente donne? Alcune femministe temono che mettendo la questione transessuale troppo al centro del dibattito potrebbe ridurrsi la capacita' di cambiamento della condizione delle donne. Da una parte capisco il timore delle vecchie guardie: queste persone-che-non-sono-donne potrebbero accaparrarsi spazio che le donne si sono guadagnate a gran fatica. Allo stesso tempo, pero', permettetemi di ricordare a quelle mie amiche che resistono alla scelta di includere le cause trans, che le persone trans non sono certo uomini nonostante possano non essere considerate donne per definizione classica. Non esistono monopoli sull'oppressione. In una cultura che continua a mettere al proprio apice la figura dell'uomo biologico al maschile, e tutto il resto sotto, le donne e le persone transgender si ritrovano a condividere la stessa causa. Il cambiamento di sesso, qualsiasi ne sia la direzione, non esclude nessuno da quella lotta specifica. Ecco perche' cosi tante persone trans diventano cosi politiche. Proprio come le donne, le persone trans hanno poco da perdere, ed una grande opportunità di guadagnarci, nella lotta per la sovversione dello status quo. Aderire a tali sfide e' una prerogativa
femminista. Crescendo, per me il piu' gran regalo del
femminismo e' stato il messaggio che la gente potesse
scegliere di essere qualsiasi cosa volesse essere e
agire di conseguenza perche' era il potenziale umano
che contava e non il sesso. Non c'erano definizioni o
attributi che ne limitassero il significato: qualsiasi
cosa. Senza dubbio molte delle femministe della"seconda generazione" che hanno lottato perche' si
potesse ottenere tale liberta,' in quel momento non
consideravano la possibilita' di includere anche
la liberta' di essere di un altro (o nessun) sesso o
genere ,o di fare qualcosa di radicale come
rimodellare il proprio corpo. Ma va bene cosi. Le
femministe della "prima generazione" non lottarono
mica per la liberta' di essere lesbiche, e nonostante
cio' la lotta delle femministe lesbiche divenne uno
dei
momenti critici del femminismo della "seconda
generazione". Aggiungere Trans a femminismo e' come
usare una sega elettrica per la prima volta. E'
potente, strana, pesante, rumorosa, sì, fa una paura
infernale, finche' non si impara a guidarla, a
permetterle di fare cio' che sa far bene. Il
transfemminismo trovera' la sua posizione nella
"scatola degli attrezzi" e impareremo ad usarlo e ad
usarlo bene. Fino a quel momento bisognera' che
ignoriamo il fischio nelle orecchie e la vibrazione
nei denti e continuiamo a tirar su quella sega
elettrica, per permettere al suo ruggire di
annunciare il nostro progresso. |
TRANSFEMINISM: LET HER RIP
Trans may only now be gracing the pages of the Times , but it's been an issue among feminists for years. From the long-running controversy over admitting only “womyn-born-womyn” to the nearly 30-year-old Michigan Womyn's Music Festival, to whether the lesbian community is losing its butch women to transsexuality, transfolk are forcing feminism to face difficult, sometimes uncomfortable, questions. Such questions are not only about trans people, although they're often framed that way. They're questions about the nature of feminism, about essentialism and binarism and how we should challenge oppressive ideologies of gender. The question is raised, in some quarters, of whether trans issues belong in feminism at all. Isn't it hard enough for feminists to create change without being asked to take on the cause of people who are something other than biological women? Here's an attempt at an answer: Feminism has been fighting for generations against the notion that biology equals destiny. Do we really believe it? Or are we still clinging to a mythos that insists there's some numinous ontological essence called “man-ness” or “woman-ness”? Transfolk, increasingly numerous, loud and proud, are calling our bluff. Some feminists worry that too much focus on transsexual issues will undermine feminism's ability to create change for women. Part of me understands the old guard fear these people-who-are-not-women will take over some of women's hard-won space at the table. At the same time, I gently remind my trans-resisting friends that while transfolk may not be “women” by conventional definitions, neither are they “men.” There is no monopoly on oppression. In a culture that continues to put the pole of the masculine biological male on top and everything else below it, this means that biological women and transpeople share a common cause. A sex change, no matter its direction, never reprieves anyone from that particular struggle. This is the very reason so many transfolk become so political. Like women, transfolk have little to lose and a great deal to gain by challenging the status quo. Positing such challenges is our feminist birthright. Growing up, feminism's biggest gift to me was the message that people could be and do anything they wanted because it was human potential, not sex, that mattered. There were no qualifiers attached: anything. Undoubtedly most of the second-wavers who fought to offer that freedom were not thinking at the time that it might include the freedom to be another sex or gender (or none at all) or do something as radical as remodeling one's body. That's OK. First-wave feminism did not campaign for women's freedom to be lesbians, either, yet “lesbian-feminism” became one of the critical modes of the second wave. It's all about the same basic thing: Exposing the lies of essentialism. Breaking down the essentialist wall of compulsory heterosexuality is not so different from shattering the essentialisms behind compulsory binary sex and gender, nor so different from loosing the grip of the essentialism that denied women education, jobs and the vote. If we want to see the day where that “anything” holds water, where we really judge the person and not the parts, creating a trans-inclusive feminism must be part of our mandate. Adding trans to feminism is a lot like using a chainsaw for the first time. It's powerful and different and heavy and loud and, yes, scary as hell until you learn how to guide it, how to let it do what it does well. Transfeminism will take its place in the toolbox, and we will use it and use it well. Until then, we must ignore our ringing ears and buzzing teeth and continue to pick up that chainsaw, letting its roar announce our progress. Hanne Blank is a writer and historian whose books Unruly Appetites and the forthcoming history Virgin . She lives in Baltimore with her intersexed transgendered feminist spouse, and online at www.hanneblank.com
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