CATANIA:
Omissione di soccorso ad una transessuale.
Il medico: "vergognatevi di chiamare noi!"
La
notizia ha dell'assurdo ma è vera. Crisalide ne è venuta
a conoscenza grazie ad un comunicato
stampa del Centro di iniziativa Gay Lesbica Transessuale Transgender
"Open Mind" di Catania.
Resteremo in contatto con l'Associazione per valutare la possibilità
di costituirci come parte civile...
Catania,
19 marzo
Un medico del 118, in seguito a una chiamata di intervento, si rifiuta
di prestare soccorso all’ammalata. Motivo: è transessuale!
Giorno 19 marzo, alle ore 23.45 circa, viene effettuata una chiamata
di soccorso al 118 per intervenire in aiuto di Susy, 58 anni, transessuale.
Al momento dell’arrivo dell’ambulanza, a bordo della quale giungono
un medico e il personale paramedico composto da due uomini e una donna,
Susy si trova nell’androne dell’abitazione in cui le compagne hanno
deciso di portarla per accelerare le operazioni di soccorso.
Le sue condizioni di salute sono preoccupanti: è incapace di reggersi
in piedi e prossima a uno stato di semi-coscienza.
Il medico, invitato a entrare nell’androne privo di luce, non appena
scorge con la propria torcia elettrica il volto di Susy, chiede alle
altre presenti se si tratta di un uomo o di una donna.
Gli viene risposto che, dato il suo stato di evidente malessere, la
cosa è assolutamente irrilevante; importa solo che le sia prestato
soccorso.
Chiede allora a Susy come si sente, ma lei, in stato confusionale
– è seduta e si appoggia debolmente al muro - risponde solamente "Sto
bene come sto". (c’è da dire che già in serata – un’ora prima – le
compagne avevano richiesto l’intervento del 118, ma lei, rifiutando
ogni soccorso, aveva firmato il foglio di rinuncia al ricovero, a
dimostrazione del fatto che precedentemente altri medici e paramedici
avevano riconosciuto la necessità che fosse sottoposta a immediate
cure).
Il
medico afferma che non ha motivo di intervenire (senza avere neanche
visitato la paziente, rifiutando ogni forma di contatto col suo corpo!!!)
e che anzi persone come lei "si dovrebbero vergognare di chiamare
noi". Poi, uscendo dall’abitazione, si appresta a risalire in ambulanza
per andarsene (omettendo di far firmare il foglio di rinuncia di soccorso!)
dopo essersi limitato a prendere alla lettera le parole di una persona
in evidente stato confusionale, momentaneamente incapace di intendere
e di volere, tant’è che ormai Susy non è nemmeno in grado di vedere
o riconoscere le compagne.
Queste ultime, nel frattempo, decidono di fare comunque qualcosa e,
senza trovare resistenza nel personale paramedico (che anzi si mostra
apertamente sconcertato dal comportamento del proprio superiore) prendono
la barella e la portano a forza nell‘androne, facendoci adagiare sopra
Susy.
A questo punto il medico inizia a mostrare un atteggiamento beffardo.
Ridendo, si prende gioco delle transessuali, affermando sarcasticamente
"avete sequestrato la barella".
Mentre viene richiesto l’intervento dei carabinieri, con la stessa
vena sarcastica il medico, che è rimasto fuori dall’androne, chiede:
"E voi una persona malata la lasciate sola?", come a voler minimizzare
o negare lo stato di grave malessere di Susy.
Gli viene risposto che loro non la lasciano sola, che contrariamente
a quanto lui stesso ritiene sono ben consapevoli che sta male. Viene
richiesto l’intervento dei carabinieri e solo al loro arrivo i barellieri
tentano di caricare la malata sull’ambulanza, ma il medico li ferma.
Si rivolge ai paramedici urlando loro di non averli autorizzati e
di fronte alle proteste delle compagne di Susy i carabinieri gli ricordano
che un suo rifiuto equivarrebbe al reato di omissione di soccorso.
Solamente a questo punto il medico demorde e autorizza il trasporto
in ambulanza, ma si rifiuta categoricamente di far salire assieme
alla malata una delle compagne, contrariamente a quella che è la prassi.
Di solito è infatti consentito, a discrezione del medico, di far salire
un accompagnatore, non importa se parente o amico, tranne nei casi
di particolare gravità, come ad esempio per arresto cardiaco (ma il
medico non aveva forse motivato il suo rifiuto di intervento adducendo
che Susy stava bene?).
È ormai l’una del mattino. Susy viene ricoverata all’ospedale Vittorio
Emanuele di Catania. Mentre una delle compagne, che nel frattempo
hanno raggiunto l’ospedale, si informa del suo stato di salute con
la dottoressa che l’ha presa in cura, il medico che si è reso protagonista
del tentativo di mancato soccorso s’inserisce nel discorso riferendo
di "quel gruppo di pazze…". Viene interrotto da una delle testimoni
di quanto accaduto, e solo l’intervento di personale dell’ospedale
impedisce che la discussione degeneri.
C’è da aggiungere che, davanti all’ingresso del Pronto Soccorso, il
personale paramedico dell’ambulanza ha ribadito le proprie scuse,
dissociandosi dal comportamento tenuto dal proprio superiore.
Resoconto
a cura di Open Mind Centro di Iniziativa Gay Lesbica Transessuale
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